La disponibilità di soluzioni di connessione si è enormemente ampliata e, come ricorda Antonio Capone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano: “Il panorama si è allargato e orientarsi è difficile per chi deve sviluppare progetti applicativi”. Lo stesso vale per le piattaforme per l’IoT, come vedremo in seguito.
Cercando di portare ordine, Capone individua cinque famiglie di connettività: Low Power Wide Area (LPWA), Mobile IoT, la nuova famiglia 5G, la famiglia rappresentata da nuovi ingressi mobile su banda non licenziata, il mondo tecnologico delle Lan wireless.
Le tecnologie LPWA sono relativamente stabili, con SigFox e LoRaWAN protagonisti su scala globale. Pur con aree di sovrapposizione, il primo opera soprattutto nel mondo della logistica, dell’asset-tracking e del monitoraggio; il secondo è presente nel mondo utility, smart building, logistica, industrial IoT, smart agriculture.
Grandi sono le aspettative per il 5G: “All’interno del percorso di evoluzione che riguarda il narrow IoT, dobbiamo guardare all’evoluzione del 5G che vedrà lanci commerciali relativi alla release 15 per un paio di anni; nel 2020 è previsto il rilascio della release 16, che aggiungerà servizi a bassa latenza”, prevede Capone.
La principale novità nel campo WiFi potrebbe arrivare con WiFi 6, nato per lo sviluppo a banda larga ma con soluzioni che consentono l’utilizzo per dispositivi che hanno bisogno di scarso consumo energetico.
Molte altre tecnologie sono in arrivo in stadi più o meno sperimentali.
Per aiutare le aziende a orientarsi l’Osservatorio ha definito una mappatura, per incrociare applicazioni e tecnologie, sulla base del consumo energetico, della possibilità di personalizzazione, della realizzazione di reti private o la disponibilità di reti pubbliche globali, etc.
Un ulteriore elemento di valutazione presente nella mappa è il valore della connettività, rispetto al valore complessivo dell’applicazione. Nel mondo smart car, ad esempio, il valore connettività risulta particolarmente alto in quanto si inserisce all’interno di un oggetto ad alto valore, mentre nella logistica il valore della connettività è molto basso, visto che gli oggetti da tracciare richiedono costi unitari contenuti.
Un ultimo elemento importante è determinato dal tempo. “Il mondo della connettività si sta evolvendo velocemente ma occorre tenere presente le tempistiche di disponibilità infrastrutturali e degli standard”, conclude Capone.
Piattaforme IoT: quale livello di personalizzazione?
L’ampliamento negli ultimi anni della disponibilità di piattaforme IoT ha reso complessa la scelta di quella più adatta alle loro esigenze delle diverse organizzazioni. Il criterio tradizionale basato sulla loro capacità di gestire dispositivi di campo o di analizzare i dati raccolti non è più sufficiente. La valutazione dovrà considerare la anche la possibilità di personalizzazione che ha ricadute importanti sulla possibilità di manutenzione e sviluppo della soluzione.
C’è un’ampia offerta di piattaforme di tipo SaaS che possono prevedere la configurazione di funzionalità disponibili o lo sviluppo di codice dedicato. L’Osservatorio ha definito due categorie: le piattaforme “ready-made” e “tailor-made”, in cui rispettivamente prevale la componente di personalizzazione o sviluppo. In entrambi i casi, per la realizzazione di soluzioni efficaci, è determinate il ruolo del system integrator.
Smart city: opportunità e criticità secondo i protagonisti
L’Osservatorio evidenzia la crescita di progetti basati su tecnologie wireless, in particolare su connessione LPWA, per il monitoraggio ambientale, nell’ambito di fabbrica e gestione magazzini, di tracciabilità e logistica.
La complessità dell’offerta tecnologica, potrebbe essere uno degli ostacoli per la capacità del modello smart city di evolversi dal mondo delle sperimentazioni per entrare finalmente in quello dei progetti esecutivi, per altro aumentati del 19% secondo i dati dell’Osservatorio.
Come sottolinea Marco Raimondi, Marketing Manager ICT & Smart Services di Fastweb, i principali ostacoli che incontrano le PA per accedere in modo maturo alle soluzioni smart city sono: “La capacità di integrare end-2-end una soluzione che parte dai sensori e arriva a piattaforme di cloud e sicurezza; la necessità di elevati investimenti iniziali; la capacità di garantire la sicurezza dati e il rispetto della normativa GDPR”. La soluzione potrebbe essere, a suo parere, l’adozione di un modello di servizio, in grado di evitare gli investimenti iniziali e in manutenzione. Il partner tecnologico dovrebbe farsi carico di gestire la complessità, fornendo soluzioni chiavi in mano e aiutare l’Amministrazione a capire le esigenze dei diversi mercati di applicazione, garantendo un monitoraggio h24 per la sicurezza.
In ottica di servizio va ripensato anche il ruolo delle multiutility nel supportare la smart city. “Smart è troppo poco, vogliamo parlare circular smart city, città resiliente e inclusiva che interpreta il proprio ruolo secondo gli obiettivi dell’agenda Onu 2030”, sostiene Matteo Seraceni, Responsabile Ufficio Ingegneria e Innovazione di Hera Luce, la multiutility che lavora a sistemi adattivi in contesti urbani non stradali e vede ad esempio l’illuminazione come parte di un ecosistema di servizi.
In concreto nel campo della mobilità, Hera ha sviluppato sistemi semaforici intelligenti, mentre prevede l’installazione di 300 colonnine ricarica per veicoli elettrici e la promozione di bio-combustibili derivati da raccolta differenziata. Ha inoltre creato una piattaforma dedicata a raccolta rifiuti e pulizia delle città, con l’obiettivo di ottimizzare i viaggi. Il sistema gestisce i dati provenienti da sensori distribuiti e da un sistema di riconoscimento immagini sugli automezzi per identificare la qualità di conferimento della raccolta porta a porta.
Ricordiamo che l’Osservatorio ha stimato che una città da 100mila abitanti potrebbe risparmiare 200mila euro sui costi di raccolta rifiuti e ridurre di diverse tonnellate la Co2 emessa adottando due applicazioni. L’una è pensata per ottimizzare il percorso di raccolta grazie al monitoraggio del riempimento di cestini intelligenti e l’altra per il controllo del singolo bidoncino per la raccolta nelle abitazioni tramite tag RFID in comunicazione con l’antenna del camion di raccolta per rimodulare la tariffazione sulla base della differenziazione.
In fabbrica: rischio sicurezza al centro dell’attenzione
Il tema della sicurezza è fra le criticità che emergono per poter sfruttare le molte opportunità che il mondo degli oggetti connessi riserva, soprattutto in ambienti complessi come quelli di fabbrica.
“Nel momento in cui i dati che provengono dall’ambiente produttivo devono alimentare le procedure di business management e business intelligence: è fondamentale l’integrazione dei due mondi, ma nel farlo si deve prestare particolare attenzione ai fattori di rischio– sottolinea Gianandrea Daverio, Head of CyberSecurity & Compliance, NPO Sistemi – Nell’ambiente di rete erano da tempo presenti oggetti connessi ad un’infrastruttura spesso separata anche fisicamente, un fattore di riduzione del rischio. Ma oggi c’è connessione dove prima c’era separazione”.
Il livello di maturità dei processi di cyber security governance negli ambienti produttivi (OT) è molto più basso di quello adottato all’interno dell’IT.
Indispensabile dunque una fase preliminare di discovery e di classificazione degli oggetti: dalla conoscenza degli asset e delle relazioni funzionali si può costruire un’architettura di riferimento per la protezione e segregazione di ambienti critici e realizzare così un’integrazione fra IT e industrial IoT. In termini di soluzioni, si possono sfruttare tool di provenienza IT per la protezione di computer industriali, svolgere attività di segregazione di rete e accesso remoto per scopo manutentivo, fino a soluzioni di analisi comportamentale specificamente orientate all’industrial IoT e protocolli in uso in questi contesti diversi da quelli presenti nell’IT tradizionale.
In conclusione, il mondo IoT continua ad essere un sorvegliato speciale che presenta grandi opportunità ma, nonostante il continuo ampliarsi dell’offerta, si basa ancora su tecnologie alle quali non sempre corrispondono adeguati standard né effettiva disponibilità.