Sorpasso degli Usa sul Giappone sia in potenza che in efficienza, la Cina sembra “freezata” o rimasta a guadare e l’Europa sorprende, salendo sul terzo gradino del podio grazie alla Finlandia. Questo è l’apparente scenario che il più recente fotofinish presenta riguardo al mondo dei supercomputer. Ultimamente oscurate dagli annunci sul quantum computing, queste macchine da calcolo sono in grado di supportare ricerca, sicurezza e industria e di farlo subito. Non è quindi strano che suscitino interessi e rivalità e che, dietro alle classifiche ufficiali, ci siano molti rumors e sospetti. Animano il dibattito soprattutto quelli attorno a una Cina sempre più autonoma e “misteriosa” riguardo ai propri progetti.
Il primato apparente degli USA: Frontier
Con una velocità di calcolo più che doppia rispetto al giapponese Fugaku che dominava la classifica, Frontier restituisce agli Stati Uniti il primo posto nella Top500 dei supercomputer più potenti al mondo. Sviluppato nel laboratorio del Ministero dell’Energia, in Tennessee, con i suoi 1,102 exaflop sarà utilizzato anche dalla US Air Force. Dotato di una AMD EPYC CPU e di una piattaforma HPE, ha conquistato le vette anche della Green500, la lista dei dispositivi più efficienti, superando di oltre 10 gigaflops/watt la resa del giapponese MN-3.
Anche se i test di Frontier devono ancora terminare, gli Stati Uniti hanno già in mente Aurora ed El Capitan. Sono due nuovi exascale, entrambi con oltre 2 exaflop, in arrivo per arricchire la flotta di sistemi da mettere a disposizione della ricerca come della difesa e delle imprese. Frontier resterà comunque nella storia come il primo supercomputer exascale, un risultato altisonante ma davanti a cui gli USA sorridono a denti stretti. Sono infatti ben al corrente dei rumors su ciò che la Cina starebbe nascondendo sia come risultati raggiunti che come progetti in realizzazione entro il 2025. La rivale è sempre più distante e riservata, e meno sensibile a dazi e pressioni.
Home made, exascale e numerosi: i supercomputer cinesi restano però segreti
Il Paese del Dragone ufficialmente è rimasto fermo a guardare, conservando due posizioni nella top 10, la prima solo al sesto posto grazie ai 93 petaflop del Sunway Taihu-Light. Anche se non ufficialmente dichiarato, si dà però per certo che la Cina sia invece approdata al livello exascale già lo scorso anno.
Secondo indiscrezioni intercettate da una presentazione di David Kahaner, direttore dell’Asian Technology Information Program, e diffuse sui media USA, avrebbe raggiunto potenze tra gli 1,3 e gli 1,7 exaflop di picco con ben due sistemi. Entro il 2025 l’obiettivo è di realizzarne altri 10 per confermarsi il Paese della Top500 con la maggiore presenza di supercomputer sul proprio territorio: 173 contro i 126 degli USA.
Se in altri casi i cinesi non avevano risparmiato annunci sui traguardi tecnologici raggiunti, stavolta ad averli frenati potrebbe essere stato il timore di ritorsioni da parte degli USA rispetto all’eventuale impiego di chip statunitensi. Lo stesso timore che li ha anche spinti a realizzare macchine “made in China” al 100%. Una scelta perfettamente in linea con la ferma volontà più volte manifestata di raggiungere velocemente una piena autonomia e un virtuoso isolamento tecnologico.
Fuori classifica, l’Europa mira alla sovranità HPC
Guardando dal basso le due potenze che gareggiamo sugli exaflop, già soddisfatta dei 552 petaflop del finlandese Lumi, l’Europa mira all’indipendenza nel HPC. Ha scelto un approccio collaborativo, come fa sempre più di frequente, per lo meno nel settore tecnologico.
Grazie al progetto European High-Performance Computing (EuroHPC), avviato e portato avanti dalla Partnership for Advanced Computing in Europe e finanziato anche da Horizon Europe, il continente ha
raggiunto importanti traguardi. In attesa di poter annunciare sistemi exascale 100% europei, oltre che sul pre-exascale Lumi può contare anche su Hawk, supercomputer installato presso l’Università di Stoccarda e 24esimo nella Top500. Entrambi sono in grado di assicurare una potenza di calcolo “propulsiva” per la ricerca sia accademica che industriale, con applicazioni che spaziano dalla sicurezza alle previsioni meteo, dai nuovi materiali alla fisica delle particelle fino all’intelligenza artificiale.
Nuova linfa per questo settore potrebbe poi arrivare da una nuova partnership che, su scala europea, si può considerare strategicamente importante. La francese SiPearl, impegnata nello sviluppo di un processore ARM a basso consumo e alte prestazioni per i supercomputer di classe exscale europei, ha infatti da poco siglato un accordo con uno dei principali fornitori mondiali di GPU per HPC: NVIDIA. Ciò significa che si andranno a combinare le soluzioni hardware e software delle due aziende arricchendo l’offerta di microprocessori HPC SiPearl per offrire maggiore scelta e accelerare così la crescita dell’ecosistema HPC europeo.
L’accordo con NVIDIA prevede anche attività in collaborazione con diversi centri d’eccellenza europei per amplificarne i benefici e innescare innovazione. L’obiettivo ultimo, però, è e resta la conquista di una sovranità tecnologica europea anche in un mercato strategico come quello HPC, oggi cruciale per settori come l’AI, la ricerca medica o la modellazione climatica.