L’FPA Annual Report 2020, che illustra i trend della Pubblica Amministrazione italiana, nel fare come di consueto l’analisi di quanto è accaduto e sta accadendo all’interno della PA (nel lavoro pubblico e relative competenze, nella sanità, nelle politiche per le città, nel procurement e nella trasformazione digitale), doveva inevitabilmente tenere conto delle trasformazioni e delle accelerazioni indotte dall’emergenza Covid19.
Gli effetti del Covid emergono nell’FPA Annual Report 2020
La pandemia ha infatti dato notevole impulso allo smart working da parte dei dipendenti pubblici, alla possibilità di relazionarsi in modo digitale con la PA da parte dei cittadini, come nel caso del lancio dell’app IO e del boom di SPID, della semplificazione delle relazioni della PA con i fornitori per gli acquisti di tecnologia nella PA. Sono però emerse criticità vecchie e nuove come la difficoltà di gestire i click day, evidenti nel caso clamoroso dell’INPS, del bonus bici o dei ritardi nell’erogazione della cassa integrazione.
La generosità e la disponibilità che i singoli dipendenti hanno manifestato non è stata sufficiente a compensare le scarse competenze digitali e bassa propensione all’innovazione delle organizzazioni nel loro complesso, dove ancora prevale, un atteggiamento burocratico più attento al rispetto formale dei processi che sul raggiungimento dei risultati. “La pandemia ci ha trovato tutti molto impreparati, non solo PA”, sottolinea in occasione della presentazione dell’FPA Annual Report 2020 Andrea Rangone, Presidente di DIGITAL360, che ricorda una crescita della produttività più bassa negli ultimi 10 anni alla media europea, da imputarsi in buona parte dall’incapacità di sfruttare l’opportunità digitale. “Ma ora qualcosa si muove”, sostiene con un certo ottimismo. Oggi ci sono invece le condizioni per avviare un circolo virtuoso che consenta di superare gli storici ostacoli all’innovazione. “L’elettroshock culturale generato della pandemia ha portato ad una vera e propria ‘scoperta’ del digitale, aumentandone la consapevolezza a tutti i livelli. A questo si aggiunge la disponibilità finanziaria del NextGenerationEU, che definisce una chiara visione strategica del futuro fondata su trasformazione digitale e green”.
PA e pandemia in cifre
Secondo Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA, la pandemia ci restituisce un’immagine della PA diversa da molti stereotipi: “La Pubblica Amministrazione italiana si è dimostrata una realtà fluida e porosa, spesso aperta al confronto e capace di reagire. Ma porta con sé anche numerosi problemi e carenze”.
La consapevolezza della situazione di partenza è indispensabile per superarla e l’FPA Annual Report 2020 la fotografa senza sconti.
I dipendenti pubblici italiani sono 3,2 milioni, con un’età media di 50,7 anni, di cui il 16,9% over 60, che vede meno del 3% di under 30, concentrato nelle forze dell’ordine e nelle forze armate. Nonostante ciò il 2020 è stato l’anno del lavoro a distanza, che ha rappresentato la prima esperienza per quasi il 90% dei dipendenti pubblici, con un bilancio tuttavia positivo: l’88% dei dipendenti ha giudicato l’esperienza di successo, il 69,5% ha potuto organizzare e programmare meglio il lavoro e il 34,9% ha lavorato in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione.
Ha in ogni caso pesato la visione miope sulla formazione che ha visto il quasi dimezzamento (-41%) degli investimenti in dieci anni con una spesa di 48 euro per dipendente e una media di 1,02 giorni di formazione l’anno a persona. Una carenza di formazione soprattutto in campo digitale che ha pesato in occasione della pandemia per rendere davvero efficace il lavoro a distanza.
La pandemia ha ritardato l’attuazione delle azioni previste dal Piano Triennale per l’informatica, ma al tempo stesso il 2020 è stato caratterizzato da importanti dai provvedimenti del Governo per accelerare l’innovazione e la stessa emergenza ha accelerato la crescita digitale. La identità digitali SPID sono quasi triplicate (da 5,4 a 14,1 milioni), le transazioni PagoPA sono raddoppiate (da 81,7 a oltre 165 milioni), i Comuni nell’ANPR sono passati da 5.310 a più di 7.000, mentre l’app IO per l’accesso ai servizi pubblici digitali, ha raggiunto 9 milioni di download, nel periodo aprile-dicembre.
A livello di procurement, la pandemia ha rallentato piani e programmi rispetto alla normativa, che nel 2020 avrebbe dovuto dar vita al percorso di riforma avviato nel 2018: alcuni iter legislativi sono stati sospesi, mentre sono stati avviati percorsi straordinari per sperimentazioni avanzate nelle pratiche di public procurement. In concreto, i dati Consip evidenziano lieve calo nel numero di gare bandite nel 2020 con un decremento in valore (da 12,6 nel 2019 a 7,4 miliardi nel 2020) mentre le gare aggiudicate hanno raggiunto 9,7 miliardi (rispetto a 7,2 dell’anno precedente).
Le città, come ricorda Dominici, sono state le amministrazioni più vicine ai cittadini dovendo fornire servizi e soluzioni rapide e concrete. Il Rapporto ICity Rank di FPA ha fotografato molti progressi nei servizi digitali, nella nascita di app municipali e nella digitalizzazione delle reti cittadine che evidenziano come le limitazioni imposte alla mobilità e agli assembramenti per contenere il Covid abbiano accelerato l’innovazione. Tuttavia, hanno ulteriormente accentuato le differenze tra Nord-Sud e tra aree metropolitane e piccoli centri.
Anche nella Sanità, il settore più colpito dall’emergenza, emergono carenze decennali come la scarsità di risorse (investimenti per il 6,4% del Pil, quasi metà di Francia e Germania), un modello di cura basato prevalentemente su cure ospedaliere, la frammentazione nella governance che impedisce di rispondere in modo omogeneo e tempestivo, un’innovazione digitale immatura, come ha sottolineato Dominici.
Cosa abbiamo imparato dalla pandemia?
Eppure la pandemia ci ha insegnato molte cose che dovrebbero guidarci nella trasformazione della Pubblica Amministrazione necessaria per superare la crisi ingenerata dal Covid e pensare a un rilancio che il mitico Recovery Plane può abilitare.
Secondo Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA, ci sono quattro indicazioni che vanno a formare un ideale quadrato.
- Serve una PA più focalizzata verso alcune missioni; in particolare lo stesso Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) andrebbe sfoltito dai troppi progetti e concentrato su filiere organizzative verticali
- Servono più giovani nelle amministrazioni e più donne al comando; dell’età media dei dipendenti si è già detto; per quanto riguarda la presenza delle donne, scendono al crescere dei livelli di responsabilità; “Le analisi del fabbisogno (utilizzate per le nuove assunzioni) sono deprimenti: ci si limita a sostituire le figure già presenti – sottolinea Mochi Sirmondi – “Andrebbero invece definite le professionalità necessarie per i nuovi processi e banditi di conseguenza i nuovi concorsi”.
- Serve più attenzione alle persone dentro e fuori alla PA. “Non ci sarà miglioramento senza maggior attenzione alle persone e alla loro formazione – suggerisce ancora il presidente FPA – Uno degli obiettivi degli investimenti del Recovery Plan dovrebbe essere una PA con più competenze”. Si prevede invece un investimento di poco più di 200 milioni mentre, se si dedicasse l’1%, si dovrebbe arrivare a 1,7 miliardi, con la necessità di identificazione gli obiettivi, le competenze organizzative, puntando non solo formazione standard ma anche scambio peer-to-peer. “Serve un’amministrazione porosa con processi osmotici e aperta allo scambio di esperienze”, spiega Mochi Sismondi ricordando la debolezza delle competenze tecnologiche, che mette la PA in condizione di inferiorità verso i fornitori.
- Tornando sul Recovery Plan, serve non solo un piano che indichi con chiarezza gli obiettivi e come raggiungerli ma soprattutto più partecipazione e più ascolto della società. “Il piano non può essere Palazzo-Chigi-centrico, ma va costruito con i territori sia in fase di formulazione sia di attuazione; unico modo di disegnare politica a misura delle persone”.
Mochi Sismondi conclude che davanti alla sfida della ripresa e della resilienza, la PA non ha bisogno di un’ennesima “riforma del secolo”, con decine di decreti-legge, ma di rinnovamento, cura, accompagnamento e attenzione. In sintesi: “Servono più giovani nelle amministrazioni, maggiore focalizzazione sulle missioni e sui risultati attesi, più attenzione alle persone, alla partecipazione e all’ascolto di tutta la società”.
Si tratta di esigenze già auspicate anche negli anni precedenti ma oggi c’è qualcosa di nuovo, come spiega Rangone: “Oggi ci sono tutte le condizioni per voltare pagina: ci sono le risorse finanziarie, le iniziative e risorse dedicate e qualcuno che dall’esterno, l’Europa, ci dice cosa fare. Abbiamo un’idea del futuro ma ci serve qualcuno che ci forzi a perseguirla”. Dopo decenni sembra arrivato il momento storico più adatto anche grazie all’unico aspetto positivo della pandemia: ci ha fatto fare in meno di un anno passi in avanti in termini di impulso alla digitalizzazione che avrebbero richiesto 15 anni in una situazione normale. “La nostra responsabilità, non solo professionale ma anche morale, è impegnarci per non tornare indietro”, conclude Rangone.