Questi ritardi hanno conseguenze gravi su diversi piani:
- a. Le pubbliche amministrazioni non possono completare la transizione dal cartaceo al digitale (ne è un esempio la mancata adozione dei decreti su anagrafi e documento d’identità digitale)
- b. Cittadini e imprese non hanno a disposizione strumenti per un rapporto telematico con la Pa (per esempio pagamenti on line)
- c. Le imprese non possono investire, per l’incertezza su standard e regole tecniche.
In linea più generale risulta molto rallentato quel necessario processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione che consentirebbe di aumentarne sensibilmente l’efficienza e di diminuirne altrettanto sensibilmente i costi.
L’urgenza dell’attivazione dell’Agenda dipende anche dalla considerazione che, come dimostra l’esperienza dei maggiori paesi, la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, realizzata all’interno di un piano organico e di una precisa roadmap, ha un effetto moltiplicatore sulla digitalizzazione dell’intero Sistema Paese e che l’Italia in questo senso non solo è in ritardo, ma sta ulteriormente accumulando ritardo.
Il gap del nostro Paese rispetto all’Europa risulta molto evidente dall’ultimo benchmark effettuato dall’Unione Europea: gli individui che non hanno mai utilizzato Internet sono pari al 37% della popolazione contro il dato medio europeo del 22%; quelli che interagiscono online con la Pa sono il 19% contro il 44% europeo e le imprese italiane che vendono online sono il 4% contro il 14%.
Vi è dunque un duplice problema di velocità di recupero e di aumento della readiness del Paese nei confronti della digitalizzazione a cui l’Agenda può dare un notevole contributo.
A fronte di questo scenario così negativo ci sono, tuttavia, molti fatti concreti che possono indurre un maggiore ottimismo, a partire dalla decisione del nuovo governo di riunificare sotto la Presidenza del Consiglio la governance della realizzazione dell’Agenda, prima frammentata tra quattro Ministeri, attraverso la nomina di un Commissario ad hoc nella figura di Francesco Caio a cui riporta l’operato dell’Agenzia.
Questa decisione sembra essere indicativa dell’intenzione, da un lato, di dare all’Agenda la struttura di un piano organico e sistemico di cui, nella versione originale, essa era carente e, dall’altro, di ridisegnarne la realizzazione in modo progressivo attraverso una sequenza logica e una roadmap.
Sotto questa luce va giudicata positivamente la scelta di focalizzare inizialmente le attività dell’Agenzia su pochi progetti chiave (Anagrafe Unica Nazionale, Identità Digitale, Fatturazione Elettronica, Razionalizzazione e consolidamento dei data center, nuovo sistema di connettività Spc) invece di procedere contemporaneamente su tutti quelli previsti.
Altrettanto positivamente vanno giudicate le Linee Guida sul Cloud e sugli Open Data emanate dall’Agenzia nei mesi di luglio e agosto scorsi, così come va apprezzata l’attività di coordinamento delle Agende Digitali Regionali che l’Agenzia sta svolgendo.
Queste ultime possono rappresentare il vero fattore chiave nella realizzazione dell’Agenda Digitale per l’Italia a patto che si ripensino come poli territoriali di un disegno organico, pur nel rispetto delle specificità e delle caratteristiche dei territori stessi.
Di questa necessità le Regioni stanno mostrando una grande consapevolezza, stando al documento prodotto nell’ambito della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome dal titolo significativo “Contributo delle Regioni per un’Agenda Digitale al servizio della crescita del Paese nella programmazione 2014-2020”.
Cruciale, in questa direzione, sembra essere il ridisegno delle azioni previste nell’Agenda in una filiera lunga che va dalla Pubblica Amministrazione Centrale alla Pubblica Amministrazione Locale, che partendo dalla componente infrastrutturale (nella quale il piano di razionalizzazione dei data center costituisce il pilastro fondamentale, si estende alle grandi aree funzionali su cui si basa il funzionamento della Pubblica Amministrazione e del Paese (Sanità, Previdenza, Giustizia, Scuole e Università, Trasporti, ecc.).
Questo ridisegno può dare luogo a grandi progetti Paese alla cui realizzazione possono contribuire non solo le grandi aziende italiane e internazionali dell’Ict, ma anche le piccole e medie aziende locali che sono in possesso di competenze ed esperienze di alto profilo che oggi non sono in grado di valorizzare a causa del basso livello di domanda di Ict presente in molti territori.
Questa progettualità dovrebbe essere supportata dal coinvolgimento di soggetti finanziari diversi che potrebbero dar luogo a forme di finanziamento diversificate, dal partneriato pubblico-privato al project management al crowdfounding con il coinvolgimento anche di soggetti locali.
Un ruolo non secondario dovrebbe essere giocato in questo disegno dalle imprese, sia da quelle di grandi dimensioni presenti a livello nazionale e internazionale, sia dalle piccole e medie imprese locali che dovrebbero tutte elaborare una sorta di Agenda Digitale, alla luce di una visione innovativa in base alla quale la singola impresa interagisce con altri soggetti all’interno di ecosistemi territoriali, settoriali e istituzionali europei.
Una visione di questo tipo è alla base della riflessione della Community dei Cio che fa capo a Finaki, i cui primi risultati sono stati consolidati lo scorso anno in un CIO Manifesto, con il supporto di ZeroUno e NetConsulting, che è stato oggetto di successive riflessioni nel corso del Convegno di giugno e della Tavola Rotonda che ne è seguita nel mese di settembre.
Il CIO Manifesto contiene una dichiarazione di principio che recita: “I Cio sono pronti ad assumersi responsabilità e funzioni di supporto allo sviluppo e alla crescita, non solo della propria azienda ma, in quota parte a partire dalla loro attività, dell’intera nazione” e si basa su sei linee di azione:
- 1. Supportare la rivoluzione del lavoro e della cittadinanza.
- 2.Innovare le filiere produttive e favorire nuovi modelli di consumo.
- 3.Innovare gli ecosistemi territoriali per favorire lo sviluppo delle Pmi.
- 4.Realizzare una rete di trasporti intelligente.
- 5.Innovare il sistema finanziario.
- 6.Realizzare la Pubblica Amministrazione Digitale.
In sintesi l’Agenda Digitale non è un “affare” la cui responsabilità è in capo unicamente al Governo e alla pubblica Amministrazione, ma deve essere vista come un grande progetto collettivo la cui realizzazione e il cui successo dipendono dal concorso di tutti. Proprio cogliendo questo spirito collaborativo e di concretezza, sia Francesco Caio, Commissario del Governo per l’Agenda Digitale, sia Agostino Ragosa, Direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale, in due diversi momenti hanno manifestato non solo interesse, ma l’esigenza che i Cio italiani, attraverso la Community Finaki, siano un bacino di proposte, confronto, riflessioni, supporto per l’attuazione dell’Agenda Digitale e possano essere coinvolti in alcuni progetti innovativi. Ed è proprio attraverso il coinvolgimento di tutti che l’Agenda Digitale potrà portare benefici all’intero paese.