In occasione della presentazione del Rapporto Assinform 2004 sono stati comunicati i consuntivi relativi al mercato Ict in Italia nel 1° trimestre 2004. Questi dati erano molto attesi non soltanto per valutare l’andamento congiunturale del mercato quanto per comprendere se da questo emergano segnali stabili di ripresa. Il dato aggregato mostra una situazione meno negativa rispetto ai trimestri precedenti. Il mercato dell’Ict cresce dell’ 1,5% nel primo trimestre 2004 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso in virtù di due dinamiche ormai stabilmente a forbice, caratterizzate da un’accelerazione nella crescita del comparto delle telecomunicazioni (passata dall’1,6% del 2003 al 2.8% dello stesso periodo del 2004) e da una dinamica in miglioramento rispetto al -3,6% del 2003, ma che resta pur sempre negativa, dell’informatica, il cui calo nel primo trimestre è stato dell’1,4% (vedi figura 1).
Il mercato ICT in Italia 1° trim. 2004 (milioni di euro e var.%)
Fonte: NetConsulting
Quest’ultimo dato è la risultante di andamenti molto differenti tra i vari sottosegmenti (vedi figura 2). L’hardware decresce soltanto del 2.4% per il concorso di vari fenomeni, che vanno dalla continuazione del trend positivo nelle vendite di Pc iniziato nel 2° semestre 2003 (il numero dei Pc venduti nel trimestre è stato di 824.000 unità) ad una maggiore stabilità nei prezzi in questo stesso segmento. Il tasso di crescita del software, viceversa, subisce un rallentamento generato da una saturazione sulla fascia alta del mercato di alcune soluzioni applicative. Meno negativa appare la situazione dei servizi, che pur registrando ancora un andamento riflessivo ed una prosecuzione del fenomeno del downpricing delle tariffe, segnala la ripresa di alcuni progetti di razionalizzazione, integrazione applicativa e tecnologica e di outsourcing.
Il mercato IT in Italia 1° trim. 2004 (milioni di euro e var.%)
Fonte: NetConsulting
Il mercato delle telecomunicazioni è entrato, viceversa, in una fase di crescita stabile, anch’essa determinata, come nell’It, da un concorso di cause di segno opposto, tra le quali le più rilevanti sono:
– la crescita dei servizi di rete mobile, di segno fortemente positivo (12.4%), soprattutto nella componente non voce, cioé messaggistica ma anche accesso ad Internet e servizi di trasmissione dati;
– la dinamica dei servizi di rete fissa, che è stata positiva, anche se di poco (0.1%), grazie ancora una volta agli accessi a Internet attraverso la rete a banda larga, che hanno compensato l’ulteriore calo dei servizi di fonia;
– l’andamento ancora negativo registrato dagli investimenti in infrastrutture (-7.8%), dove quelli relativi alla rete mobile (Umts) non sono stati in grado di compensare il calo di quelli della rete fissa; aggiungendosi a ciò i risultati poco brillanti (-5.7%) sul fronte del mercato dei terminali.
Nel complesso, comunque, il mercato delle telecomunicazioni è cresciuto nel primo trimestre del 2.8% (vedi figura 3) raggiungendo un valore più che doppio rispetto all’informatica.
Il mercato TLC in Italia 1° trim. 2004 (milioni di euro e var.%)
Fonte: NetConsulting
Quali segnali del mercato?
Quali tendenze possiamo cogliere dall’andamento del mercato nei prossimi mesi del 2004? Esistono segnali positivi che indichino una tendenza stabile? Le risposte a questo quesito sono in parte affermative. Proviamo a farne un breve elenco. Complessivamente si sono venduti 824.000 Pc, con una crescita del 22.2%, che diventa del 46.3% per i portatili e questi consistenti volumi di vendita hanno contribuito ad aumentare il grado di diffusione delle nuove tecnologie nel Paese. È inoltre ulteriormente cresciuto il numero degli accessi a larga banda, che raggiungono a fine 2003 il numero di 2.250.000 unità, un risultato che secondo le Point Topic, posiziona l’Italia al terzo posto dopo Svizzera e Cina e prima del Regno Unito in termini di dinamica di crescita. Sta, dunque, crescendo l’Italia in rete e il numero degli italiani in rete, che superano ormai il 33% della popolazione. Un altro segnale positivo è dato dagli effetti delle azioni di egovernment intraprese negli ultimi anni, i cui risultati sono evidenti e misurabili attraverso indicatori provenienti da fonti varie, dalla disponibilità di servizi on-line, al numero degli utilizzatori di tali servizi. A questo dato pregresso vanno aggiunti i sempre più numerosi e consistenti progetti di e-government a livello regionale e locale, presentati recentemente al Forum della Pubblica amministrazione. Tuttavia, questa diffusione in sé non è ancora sufficiente e non consente di affermare che l’Italia sia entrata nell’era della Società dell’informazione. Quali sono i fattori che si possono portare a sostegno di una tesi così forte? Il primo è che le imprese italiane investono ancora poco in It e lo fanno in modo meno strategico e con un approccio ancora orientato alla razionalizzazione, al cost saving e alle innovazioni di processo, mentre quelli di altri Paesi stanno già investendo con un approccio più orientato alla competizione sui loro mercati e quindi in innovazioni dei prodotti, del marketing e dei canali di vendita. Non dimentichiamo inoltre che in Italia esistono ancora 1 milione e 600 mila aziende non informatizzate.
Una "cultura del declino" in atto?
Un altro elemento di ritardo, oltre a quello dimensionale, è quello territoriale. La distribuzione della spesa It per Regioni evidenzia l’esistenza di un grave digital divide all’interno del nostro Paese: le prime cinque Regioni detengono una quota del 69% sul totale della spesa It nazionale, e nelle Regioni più svantaggiate la spesa decresce invece di crescere. Se allarghiamo il nostro campo di osservazione confrontandoci con gli altri maggiori paesi possiamo constatare come il nostro ritardo sia ancora forte in termini di diffusione e di intensità di spesa e investimenti in It. E questa è, probabilmente, una delle ragioni, se non la più importante, della progressiva perdita di competitività del nostro Paese.
Per contrastare nei fatti una tale ‘cultura del declino’ il nostro Paese deve investire di più e meglio, a partire dalle imprese, indipendentemente dai supporti, dai sussidi e dai finanziamenti pubblici ad esse destinati. Come ha ben sottolineato il neo Presidente di Confindustria, l’impresa deve ritrovare centralità nel Paese e progettualità per recuperare competitività.
Il fattore chiave per realizzare questo obiettivo non sono tanto le risorse finanziarie, quanto un profondo salto culturale che consenta a tutti gli operartori del mondo economico e imprenditoriale di percepire che non investire in innovazione è molto più costoso e dannoso che investire.