L’Italia dell’IT: ‘A nuttata’ non è ancora passata

Il 2009 è stato un pessimo anno e ha mostrato un paese che “ha paura di investire e rischiare”. E le previsioni per quest’anno…

Pubblicato il 13 Apr 2010

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Il tormentone autoconsolatorio su un’Italia che starebbe uscendo dalla crisi meglio di altri paesi europei è davvero improponibile nel mercato It. Nelle anticipazioni sull’andamento del mercato italiano nel 2009 fornite da Assinform è davvero impossibile trovare un solo dato che possa alimentare qualche barlume di fiducia.
Il 2009 è stato un anno terribile; sembrava che la seconda metà dell’anno potesse riequilibrare almeno in parte quel -9% dei primi sei mesi e invece l’anno si è chiuso con una decrescita di oltre 8 punti. Un dato negativo che per la prima volta è stato addirittura superiore a quello del Pil (-5%) al punto da portare Assinform a chiedersi se l’Italia non stia rinunciando allo sviluppo. A questo punto, infatti, il nostro paese appare all’associazione dei fornitori come “un paese che ha perso coraggio e ha paura di investire e rischiare”, in cui “le istituzioni pubbliche e le imprese appaiono intrappolate da un approccio dal respiro troppo corto e che non riesce a superare l’orizzonte contingente dell’emergenza”.

Figura 1: mercato IT in Italia 2007-2009 (fonte: Assinform / NetConsulting)

(clicca sull'immagine per ingrandirla)

Ma perché stiamo peggio degli altri?
Il 2009 ha segnato un netto arretramento di tutti i comparti del settore (hardware -14,8%, software -3,6%, servizi -6,5%) con un ripiegamento che ha visto protagoniste negative le imprese di tutte le dimensioni. Sappiamo che la crisi dell’economia è una crisi generale, che ha coinvolto e coinvolge la gran parte dei paesi del mondo. Resta però da capire come mai questa crisi continui a colpire in modo così profondo il nostro paese. Evidentemente a causa di qualche motivo strutturale che Giancarlo Capitani (nella foto a lato), amministratore delegato di NetConsulting, così elenca: il peso abnorme delle piccole imprese nella nostra economia (oltre il 99% delle imprese italiane occupano meno di 10 dipendenti) con la loro scarsa incidenza (del 18%) sulla spesa It totale; la scarsa spinta all’internazionalizzazione delle nostre imprese, che spegne le velleità di crescita all’estero delle nostre società di servizi It; infine, documentata da Eurostat, la scarsa spinta all’innovazione – di prodotto, di processo e organizzativa – delle nostre imprese.
Per quanto riguarda i singoli comparti, Capitani si sofferma su software e servizi , segnalando la vera e propria sofferenza nel segmento software di sistema causata dal calo del mercato dei Pc desktop e da quello dei mainframe (che come noto non crescono per nuove unità vendute ma piuttosto per Mips aggiuntivi installati, il che non richiede nuovi sistemi operativi, database ecc.) mentre il software applicativo risente (il calo è di oltre il 4%) del blocco dei nuovi progetti soprattutto nelle medie e grandi aziende; una relativa ‘tenuta’ (eufemismo per descrivere un calo di soli 2 punti…) registra il middleware, che resiste solo grazie alle soluzioni di virtualizzazione e di sicurezza.

Tariffe dei servizi a livelli insostenibili
Per quanto riguarda i servizi, non si può non considerare le difficoltà di valutarne il reale andamento vista l’impossibilità di misurare la consistenza in volumi di questo mercato, mentre in valori il dato è di un – 6,5% su cui ha inciso sicuramente il calo molto significativo delle tariffe professionali. La questione non è certo nuova, ma è stata ulteriormente acuita dall’impatto della crisi che ha portato le medie e grandi aziende (quelle che si rivolgono maggiormente all’offerta di servizi professionali) a tentare di scaricare sulle società di servizi la riduzione dei costi dell’It; ma la spinta in questa direzione è stata eccessiva, portando la competizione tra i fornitori a livelli talmente bassi da determinare un netto scadimento della qualità dei servizi offerti. Come ha segnalato Capitani, alcune aziende clienti particolarmente illuminate hanno però reagito a questa situazione stabilendo una soglia minima al di sotto della quale non vengono accettate offerte. E speriamo che l’iniziativa faccia proseliti…
Un dato particolarmente preoccupante riguarda poi l’andamento degli ordinativi, che si rivela una vera e propria pietra tombale sui timidi segnali di ottimismo che sembravano prendere corpo nell’ultima fase del 2009. Le previsioni degli operatori interpellati a febbraio da Assinform indicano infatti non solo un lieve calo nelle previsioni di miglioramento della situazione rispetto al novembre scorso (gli ‘ottimisti’ erano il 31,2%, oggi sono il 30,5%) ma anche un discreto aumento delle previsioni negative: oltre il 26% prevede infatti un peggioramento (l’8% parla addirittura di ‘netto peggioramento’) mentre a novembre i pessimisti erano meno del 20%.

Figura 2: il mercato italiano dell’IT nel 2010 (fonte: Assinform / NetConsulting)

(clicca sull'immagine per ingrandirla)


Le previsioni per il 2010
Fin qui la descrizione dell’annus horribilis. Ma attenzione, non è finita. Sì, perché anche a guardare le prime previsioni sull’anno in corso c’è solo da registrare una minor decrescita, che è davvero difficile far passare con un ‘timido segnale di ripresa’.. Assinform prevede infatti per il 2010 un ulteriore calo del 3,1% medio del mercato It parzialmente assorbito da una sostanziale stabilità (+ 0,2% rispetto al 2009) del mercato delle telecomunicazioni e con andamenti diversificati tra i diversi comparti: meglio (si fa per dire…) il software, con un -1,5%, rispetto al -3,2% dei servizi e al -4,5% dell’hardware, che dovrebbe in parte beneficiare (rispetto al disastroso 2009) di una parziale ripresa del ciclo di sostituzione che Assinform prevede possa prendere il via nell’anno in corso. Una citazione conclusiva per un illuminante confronto tra i dati sulla crescita media della spesa It e della produttività del lavoro nei principali Paesi nel periodo 2000-2008. Il confronto tra Usa, Germania, Francia, Regno Unito e Italia mostra come nel periodo considerato la spesa It sia cresciuta in tutti i Paesi (salvo Germania e soprattutto Italia, che tanto per cambiare è la ‘maglia nera’ di questo gruppo) in misura superiore al Pil ed abbia inciso visibilmente, nei paesi più ‘virtuosi’, sulla crescita della produttività.

E le tlc….
Nel 2009 il business generato dal mercato di “apparati, terminali e servizi per reti fisse e mobili” (queste le categorie di prodotti e servizi che sta dietro la sigla tlc) ha registrato un calo del 2,3% rispetto all’anno precedente. Più che la contrazione del mercato nel suo complesso, fa notizia il dato sulle reti mobili che per la prima volta segnano un calo, dell’ 1,5% decisamente più significativo per apparati e terminali (-7,5%) che non per i servizi (-0,9%). Nei servizi solo quelli a valore aggiunto su rete mobile e fissa e i servizi su rete fissa di accesso a internet risultano in crescita. Per il 2010 la situazione delle tlc dovrebbe essere più tranquilla “per effetto del carattere anticiclico della componente dei servizi (che dovrebbe stabilizzarsi) sia per un accenno di recupero sul fronte degli apparati”.

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