Le strutture e le infrastrutture di sicurezza di un Paese scricchiolano se la value chain dei semiconduttori si interrompe. Ogni anello deve funzionare a ritmo e muoversi senza vincoli, ci sono poi anelli più fondamentali e preziosi di altri, e uno di questi è la deep ultraviolet lithography (DUV). Un leader in questo campo è l’Olanda: ecco perché gli Stati Uniti hanno tanto insistito per avere questo piccolo Paese dalla propria parte. Rappresenta un “pezzo di puzzle” strategico in quella suddivisione del mappamondo in blocchi a cui stiamo assistendo. Non una battaglia tecnologica fine a sé stessa, ma una vera e propria corsa al rafforzamento dei piani di sicurezza nazionale di tutti gli attori coinvolti.
Il triplice obiettivo di una limitazione ben mirata
Da oltre un anno, gli Stati Uniti sono impegnati in una esacerbata opera di controllo delle esportazioni di specifiche attrezzature per la produzione di semiconduttori verso la Cina. Ciò ultimamente vale anche quando provengono da altri Paesi: l’importante è tagliar fuori l’avversario.
In questa sorta di partita a Risiko per il controllo dei chip, si è ora assistito alla decisione dell’Olanda di negare alla Cina l’accesso ad attrezzature e software essenziali. Una mossa che sta già cambiando gli equilibri tra potenze e che interroga – e ci interroga – sul futuro di un braccio di ferro in nome dell’innovazione che Cina e USA non sembrano intenzionate a interrompere.
Nelle misure ufficiali del governo olandese non ci sono riferimenti espliciti, ma è netta e chiaramente espressa solo la volontà di limitare la vendita di macchine DUV. Questo genere di hardware è indispensabile nella value chain del silicio, perché in grado di incidervi caratteristiche microscopiche uniche nel loro genere. E necessarie.
Anche se non citata, la protagonista è ASML: questa azienda dovrà ora effettuare nuovi controlli sulle esportazioni, richiedendo licenze per la spedizione di sistemi DUV a immersione, ma solo per i più avanzati. Una restrizione mirata, quindi, e con tre obiettivi di ampio respiro: mantenere la leadership tecnologica olandese, evitare dipendenze strategiche e, soprattutto, non contribuire ad applicazioni militari indesiderate da parte di potenze straniere.
Chip cinesi a rischio, ma non ancora spacciati
La decisione olandese sembrerebbe segnare una vittoria per gli Stati Uniti. La Cina, così, avrà infatti sempre più difficoltà nella produzione di semiconduttori a livello nazionale. Ne sarà danneggiata soprattutto quella di chip fino a circa 14 nm che aveva già accusato il colpo quando la Casa Bianca aveva tirato il guinzaglio a tre aziende statunitensi – Lam Research, Applied Materials e KLA Corp.
È vero che, a quanto deciso, l’Olanda si riserverà di valutare di volta in volta il rischio associato alla DUV. La Cina registrerà comunque dei danni in un mercato che non è l’unico ad arrancare, sembrerebbe infatti in difficoltà anche in altri, sempre causa isolamento e sanzioni USA. Negli ultimi mesi, infatti, le importazioni cinesi di semiconduttori e circuiti integrati sarebbero diminuite del 26,5%.
Non è ancora detta l’ultima parola, però, per lo meno non sulla DUV che non è di esclusivo dominio olandese. Anche il Giappone, infatti, è un’ottima fonte di apparecchiature per questa tecnologia. Secondo quanto riportato da Reuters, il governo del Sol Levante ha intenzione di introdurre anch’esso delle limitazioni alla vendita di apparecchiature per la produzione di semiconduttori alla Cina. Potrebbero non essere severe come gli Stati Uniti sognano, e nemmeno come l’Olanda ha ritenuto di fare. Nello scacchiere globale, questo di disallineamento di divieti, impedirebbe al governo Biden di chiudere il cerchio di terra bruciata che sta cercando di realizzare attorno alla sua principale rivale.