Mercato ICT: il difficile rapporto con le terze parti

L’ecosistema dei partner dei grandi fornitori IT è in continuo movimento e non sempre gli “slogan” delle aziende dell’offerta trovano concretezza nelle azioni verso la domanda. Cosa significa questo nell’equilibrio tra domanda ed offerta? ZeroUno ne parla con Gartner e Idc

Pubblicato il 21 Apr 2008

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Secondo i principali analisti, il successo di un vendor ICT si fonda non soltanto sull’impegno nel raggiungere la domanda attraverso un buon prodotto ma, soprattutto, sulla capacità di creazione di un ecosistema di partner in grado di raggiungere le imprese e “presidiare” il territorio in modo capillare, moltiplicando contatti e relazioni che dovrebbero così aggiungere valore alle soluzioni. Detto così però sembra semplice. Insieme a Regina Casonato, country leader Gartner Italia e Antonio Romano, general manager Italy&Iberia Region di Idc, ZeroUno ha voluto indagare su quelli che sono stati, e sono, i cambiamenti del mercato ICT in relazione alle terze parti per capire qual è il reale rapporto tra queste e i fornitori e tra queste e gli utenti.
“L’offerta è profondamente cambiata negli ultimi 5 anni per spostarsi sempre più verso una proposta di soluzioni e non di prodotti”, esordisce Casonato. “Il mercato, dal lato dell’offerta, si è consolidato in un’ottica di servizio dove il supporto dei partner diventa indispensabile. L’ecosistema ha subìto un notevole cambiamento; si è ingrandito ed evoluto anche se il percorso è ancora molto lungo e difficile”.
Difficile perché benché siano numerosi gli operatori del canale indiretto, non sempre sono in grado di rispondere e soddisfare la domanda (per mancanza di risorse, parziale presenza sul territorio, competenze non sempre adeguate, differente cultura d’impresa e impostazione manageriale, ecc.) e, spesso, le dinamiche di business vanno a interferire con la strategia del vendor IT, come illustriamo subito di seguente.

IL CREATO FA CONCORRENZA AL CREATORE
“Oggi operiamo in un contesto in cui sia nel mondo dei servizi sia in quello del software e dell’hardware troviamo un vastissimo canale indiretto”, dice Romano. “In Italia parliamo di circa 12 mila operatori che sono entità a sé stanti e “padroni” della propria organizzazione. Significa che pur essendo partner del vendor, il loro obiettivo primario è il loro conto economico e il loro business”.
Secondo l’analista di Idc, questo ha comportato una serie di fenomeni distorsivi.
“Su certe aree di attività assistiamo al crescere di una coopetition, ossia questi operatori, da un lato, indirizzano prodotti e servizi del vendor, dall’altro, hanno un’autonoma capacità propositiva, soprattutto legata all’erogazione di servizi ma che interessa anche la parte di mercato legata ai software (esistono molte piccole software house che agiscono anche in qualità di system integrator e partner di grandi vendor)”, dice il ricercatore di Idc. “Questo “difetto strutturale” dove “il creato fa concorrenza al creatore” è tipico del mercato ICT e, in particolare, del sistema italiano”.
Condivide la visione anche Casonato che parla di “attenzione particolare ai fenomeni di collaborazione che si trasformano in concorrenza (perché il partner collabora con più player contemporaneamente o perché, in certi casi, anche recenti, il partner che collaborava con più player viene acquisito da uno di essi e si “trasforma” in diretto concorrente degli altri)”.

LE DIFFICOLTÀ DEL CANALE INDIRETTO
Anche l’ecosistema delle terze parti manifesta una certa difficoltà di “sopravvivenza” e competizione legata alla complessa fase economica attuale.
“Il 60% dei 12 mila operatori del canale indiretto, in Italia, è di dimensioni medio piccole e vive in condizioni professionali non ottimali”, dice Romano. “Se questa fetta di operatori subisse le logiche di mercato tipiche dei large account che vedono i pagamenti a 180 giorni anziché a 60, per esempio, il loro equilibrio vacillerebbe. E in condizioni di crisi generale, queste dinamiche non sono poi così rare”.
Un’altra delle difficoltà che gli analisti individuano nel canale indiretto è l’incapacità di comprendere a fondo le richieste del mercato. “Questa incapacità – dice Romano – a mio avviso deriva da due fattori: una eccessiva focalizzazione sull’aspetto economico del loro business (essendo realtà medio piccole sono più prese dal “far quadrare i conti” che dall’offrire un servizio o una soluzione adeguata e puntuale) e una struttura imprenditoriale che impedisce di avere quella visione manageriale e industriale tale per cui si riesce a comprendere e interpretare adeguatamente l’offerta”.
Dal punto di vista dell’offerta, invece, secondo Gartner i vendor peccano di eccessiva fiducia (o arroganza) e non comprendono fino in fondo che il successo di un progetto IT dipende moltissimo dalla capacità del partner di seguire tale progetto in tutte le sue fasi e con il corretto approccio. “Non è sufficiente certificare un partner su un dato prodotto – evidenzia Casonato. – Insieme alla certificazione sono necessari continui percorsi formativi che aiutino le terze parti, innanzitutto, a comprendere a fondo le soluzioni del vendor e la strategia di mercato inerente alla tipologia d’offerta e, in secondo luogo, ad andare correttamente sul mercato con le giuste argomentazioni, le migliori competenze e le adeguate esperienze”.

IL RUOLO FINANZIARIO E LE COMPETENZE
Elemento centrale fra il grande player e i partner è certamente il peso finanziario che determina il corretto equilibrio tra le due realtà. Un’attenzione particolare deve quindi essere posta dal vendor nella fase di selezione dei propri partner cercando di individuare interlocutori con un’adeguata struttura finanziaria e che siano in grado di recepire gli indirizzi progettuali e strategici del player, approcciando il mercato con corretti modelli e soluzioni.
Inoltre, i progetti IT sono spesso lunghi e complessi e l’intervento dei partner dovrebbe essere orientato alla semplificazione degli stessi. Cosa non sempre reale. “I vendor dovrebbero sforzarsi maggiormente di capire in che termini vengono gestiti i rapporti tra i protagonisti del canale indiretto e le aziende della domanda – dice Casonato – perché una maggiore chiarezza sulle dinamiche procedurali, organizzative, di intervento consentirebbe una migliore gestione dei progetti nelle imprese”. Una suddivisione delle responsabilità e una gestione coesa degli aspetti finanziari potrebbero, per esempio, aiutare a migliorare l’offerta di servizi e supporto. Soluzione però apparentemente semplice sulla carta ma che messa in pratica comporta revisioni di processi, riorganizzazioni, investimenti in formazione degli skill, ecc.

LE SFIDE
La visione comune degli analisti è che, in questo contesto, le aziende dell’offerta devono fare un grande sforzo di governance del proprio ecosistema di partner perché il loro operato va a impattare in modo diretto sulla domanda e, quindi, sulle dinamiche dell’intero mercato.
Nel servizio precedente abbiamo analizzato il punto di vista di alcuni utenti che in merito al rapporto con le terze parti hanno sollevato alcune difficoltà riscontrate e “suggerito” quelle che secondo loro dovrebbero essere le risposte.
Gli analisti concordano nel ribadire che l’impegno dei player IT deve andare nella direzione della formazione e delle giuste competenze, nonché nell’impostare un’adeguata struttura di supporto che attraverso vari strumenti come le community e le soluzioni tipiche del web 2.0 possano fare da “differenziatori” per la riuscita dei progetti e, soprattutto, per la soddisfazione delle aziende della domanda.
“Aggiungerei che i partner devono capire l’importanza del “fare squadra” e imparare ad avere una visione globale delle cose”, conclude Casonato. “I partner dovrebbero essere ormai capaci di accompagnare un’azienda nel suo percorso evolutivo, che significa estendere i confini e allargare il proprio bacino di azione, almeno in Europa”.

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