Il 2008 è stato un anno di forte discontinuità nella crescita dell’economia e questo ha determinato una brusca frenata nella crescita del mercato It in tutti i maggiori Paesi, compresi quelli emergenti.
Il rallentamento è stato significativo negli Stati Uniti, in Giappone, ma anche in quei Paesi europei che negli anni scorsi avevano registrato le maggiori crescite, come Inghilterra e Spagna. L’Italia ha registrato la crescita più bassa tra tutti i maggiori Paesi accentuando il già notevole gap di penetrazione accumulato nei loro confronti: 0,8% nel 2008, contro una media del 3,8% in Europa.
Su questo andamento hanno inciso diversi fattori, dalla riduzione dei budget It presso le imprese, alle minori risorse finanziarie a disposizione delle famiglie per l’acquisto di beni tecnologici, all’atteggiamento prudente da parte delle piccole imprese, alla ulteriore riduzione della spesa da parte della Pubblica Amministrazione.
La spesa It è cresciuta dello 0,7% presso le imprese, del 4,4% presso le famiglie e gli individui, contro il 10,5% dell’anno precedente, ed è diminuita dello 0,5% presso l’aggregato della Pubblica Amministrazione Centrale e Locale (figura 1).
Figura 1: Dinamica del mercato IT per tipologia di clienti (2005-2008) – Fonte: Assinform / NetConsulting
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Osservando l’andamento della spesa per dimensione d’impresa emerge:
– Un mercato ancora concentrato presso le grandi aziende ma in frenata drastica, a causa di tagli pesanti nei budget (a volte dell’ordine del -30%) e dal forte potere negoziale esercitato sia sui contratti di servizi pluriennali, sia sugli acquisti puntuali;
– Un mercato tuttora dinamico presso le medie imprese, che aumenta il peso percentuale (superando il 25%). Elevata la domanda di It a supporto della competitività e dell’efficacia sui clienti;
– Un mercato, invece, in decremento quello delle piccole imprese, più afflitte dalle dinamiche economiche e dalla difficoltà di accesso al credito.
Le previsioni di crescita del mercato per il 2009, di cui si è discusso recentemente a Torino in occasione della presentazione dell’ultima edizione del Rapporto Assinform (www.rapportoassinform.it), sono improntate all’incertezza e sono fortemente condizionate dall’andamento dell’economia e dalle prospettive di ripresa, la cui collocazione nel tempo è altrettanto incerta.
Le previsioni macroeconomiche più recenti (Oecd – Economic Survey of Italy 2009, giugno 2009) indicano per il nostro Paese un calo del Pil tra il 4% e il 6%, una riduzione importante sia degli investimenti in macchinari e attrezzature (-20,2%) che dei consumi (-2,4%) a cui si somma un andamento poco positivo anche per le esportazioni.
Ne consegue che, a fronte del sommarsi di un calo di domanda interna da parte del settore privato e di domanda estera, la ripresa dipenderà dalla spesa pubblica e sarà più rapida e vigorosa nei Paesi i cui Governi avranno messo in campo le politiche e i programmi anticrisi più efficaci corredati da risorse finanziarie adeguate. Da questo punto di vista il nostro Paese non sembra essere nella situazione migliore, considerato che le risorse finanziarie messe in campo sono pari allo 0,3% del PIL contro, ad esempio, il 4,5% della Spagna o il 5,9% degli Stati Uniti.
L’insieme di queste dinamiche poco positive porta a prevedere un 2009 di segno negativo per il mercato Ict che dovrebbe decrescere complessivamente dell’1.3% con un andamento sensibilmente negativo per l’It (-5,9%) ed uno moderatamente positivo per le telecomunicazioni.
Le previsioni relative al 2009 per l’informatica risentono dello stato di timore ed attesa relativo all’andamento dell’economia ed ai principi di cautela nella spesa e negli investimenti che le aziende si sono date, a cui conseguono le azioni di contenimento dei costi e nella cautela nell’avviare nuovi progetti.
A risentirne saranno soprattutto due segmenti: hardware e servizi. Il primo perché è quello che consente alle aziende risparmi immediati attraverso una dilazione temporale nei cicli di sostituzione dell’hardware installato e dove il mondo consumer non riesce più a giocare il ruolo trainante e innovatore a cui avevamo assistito negli anni passati.
Il secondo perché il blocco generalizzato di molti investimenti induce le aziende a non avviare nuovi progetti IT. Si affianca a questo anche un processo di accurata selezione dei player (pochi) con cui implementare i progetti stessi (figura 2).
Figura 2: Il mercato italiano dell’IT nel 2009 – Fonte: Assinform / NetConsulting
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In questo scenario fosco ci sono tuttavia alcuni fattori che possono incidere positivamente sulla crescita del mercato e determinare possibilmente una dinamica di crescita migliore nel medio periodo. Il primo è il gap di innovazione che l’Italia ha nei confronti degli altri Paesi. È un gap sistemico, declinabile a vari livelli, che genera un ritardo di crescita e che dunque va rapidamente colmato.
Per il Paese significa recuperare efficienza e capacità di crescita. Per le imprese significa investire in innovazione per sopravvivere, non solo per competere sui mercati; e significa in particolare investire in Ict.
È in questa chiave ed attraverso questa discriminante che vanno lette le differenti strategie che le imprese italiane stanno adottando per combattere la crisi, tra quelle che propendono per un taglio secco dei costi e quelle che invece, pur razionalizzando i costi, investono in innovazione.
Si sta assistendo ad un nascente innovation divide che, contrariamente alle interpretazioni tradizionali, prescinde dalla dimensione e dal settore di appartenenza delle imprese e dipende dalla capacità di visione strategica del management che le guida.
Incrociando i 2 parametri è possibile osservare come i soggetti più innovativi sembrano essere le medie imprese e in parte le Amministrazioni Locali (figura 3).
Figura 3: Le strategie anticrisi adottate dalle aziende italiane: IT innovation divide – Fonte: Assinform / NetConsulting
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L’altro fattore che potrà dare impulsi positivi al mercato è il territorio in almeno 4 diverse declinazioni: come contenitore di sistemi produttivi e di accoglienza di eccellenza; come contenitore di distretti industriali che reagiscono alla crisi innovando; come contenitori di poli di innovazione; ma, soprattutto, come contenitore di economie esterne che favoriscono l’innovazione nelle imprese.
In questo senso iniziative come la fiscalità di distretto e quella del rating di filiera per piccole imprese proposta dal Vice Presidente di Confindustria Aldo Bonomi vanno in questa direzione.L’Italia è ricca di territori di eccellenza, di distretti economici e tecnologici che costituiscono un ecosistema di riferimento molto importante, come ha dimostrato una recente ricerca del Censis.
Al di là delle indubbie difficoltà congiunturali, infatti, l’Italia si distingue per caratteristiche di eccellenza sotto molteplici punti di vista.
Sono 161, complessivamente, i territori di eccellenza italiani. Tali territori presentano tratti virtuosi grazie: ad una vocazione manifatturiera consolidata e diffusa; a strutture di accoglienza e profilo turistico ed ambientale; alla propensione all’innovazione
Infine, in Italia ci sono 25 distretti tecnologici (riducibili a 10 diverse specializzazioni).
In conclusione, alcuni segni di ripresa cominciano ad essere avvertiti; alcuni soggetti ne sono protagonisti, ma tutto questo va supportato da un grande progetto per l’innovazione del Sistema Paese.
Alle imprese compete innovare attraverso l’Ict in misura più consistente e strategica rispetto a quanto è stato fatto negli anni scorsi per recuperare gap di competitività rispetto ai concorrenti internazionali. Alla Pubblica Amministrazione compete recuperare efficienza attraverso una complessiva reingegnerizzazione dei processi interni ed una maggiore integrazione tra Enti con il supporto dell’Ict.
Al Governo, infine, compete l’elaborazione di un piano di sistema che veda il Paese nel suo complesso come oggetto di innovazione nei suoi processi fondamentali.
* Giancarlo Capitani è amministratore delegato della società di ricerche NetConsulting, tel 02.4392901, capitani@netconsulting.it
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