Il “Portfolio” rappresenta la raccolta di investimenti dell’organizzazione nelle attività di cambiamento che sono richieste per raggiungere degli obiettivi strategici, un contenitore di attività in corso di svolgimento e in pipeline [programmate, in via di partenza]. Mentre la disciplina del Project Management si concentra sul “fare le cose nel modo giusto”, quindi portare a termine secondo i vincoli definiti un’attività che è stata precedentemente concordate, il Portfolio si focalizza nel “fare le cose giuste”, ovvero quelle maggiormente a valore per l’organizzazione.
L’assunto sottostante è che ciascuna azienda debba forzatamente ragionare a risorse limitate, riuscire a “fare la differenza” significa trovare il modo di ottimizzare il valore prodotto. Il valore si definisce come i benefici forniti in proporzione alle risorse impiegate per acquisirli.
Una rappresentazione che è possibile utilizzare per descrivere la natura del portfolio è quella di elemento di collegamento tra strategia e la sua esecuzione. Un elemento necessario per perseguire la volontà di andare in una determinata direzione, in grado di ottimizzare (per davvero) gli sforzi nelle attività di cambiamento in quella direzione, assicurando, in ogni momento, che le risorse umane ed economiche siano impegnate su attività di valore.
Tra i primi benefici di un portfolio si registrano la possibilità di avere un quadro organico di tutte le progettualità in corso e da avviare, riuscire a prioritizzare le richieste sulla base di criteri oggettivi, migliorare quindi i processi di decision making e il dialogo con i propri Stakeholder rispetto all’avanzamento delle iniziative (figura 1).
Quanto raccontato fino ad adesso rappresenta un quadro generale e l’anima del Portfolio; renderlo vivo vuol dire definire meccanismi di coordinamento e aggiornamento che lo sincronizzino con una gestione dei progetti realizzata in modalità sia tradizionale che agile, un processo di budget adattivo e nuove stimoli/ richieste che, purtroppo, arrivano da ogni direzione.
Perché anche per il Portfolio è necessaria agilità?
È diventata di uso comune la parola “VUCA” che sintetizza 4 concetti, in qualche modo simili, le cui implicazioni sono però differenti:
- Volatilità – Si riferisce alla natura e alle dinamiche dei cambiamenti in un dato contesto. Maggiore è la volatilità, più i cambiamenti sono veloci e importanti;
- Incertezza – Indica la misura con cui è possibile prevedere con sicurezza il futuro. Più il mondo è incerto, più l’orizzonte su cui è possibile fare delle previsioni si accorcia;
- Complessità – Un contesto è tanto più complesso quanto più i fattori da considerare sono numerosi. Maggiore è la complessità, più difficile sarà da analizzare;
- Ambiguità – Mancanza di chiarezza di un fenomeno che non consente di interpretarlo adeguatamente. Maggiore è l’ambiguità, più è difficile anche solo dire cosa sia giusto e cosa si sbagliato
VUCA è un avvertimento per le organizzazioni, queste per sopravvivere devono sviluppare una maggiore capacità di reagire agli imprevisti. Le organizzazioni che hanno reagito alle sfide di un “mondo VUCA” hanno imparato a trasformarsi e adattarsi al contrario di quelle che rimangono legati a metodi e pratiche più tradizionali (figura 2).
I cambiamenti avvengono che noi vogliamo oppure no, quello che possiamo fare è organizzarci al meglio per riuscire a gestirli.
Questo è lo scenario e il presupposto dove trova naturale collocazione il concetto di “Portfolio Agile”: “Un insieme di pratiche per identificare, prioritizzare, organizzare diversi prodotti e progetti i quali rappresentano la realizzazione del valore espresso nella strategia aziendale”.
In un contesto che ci costringe a cambiare continuamente le nostre priorità, gestire progetti in modo ordinato non è per niente facile; abbracciare le tematiche di agilità e livello tattico e strategico è la soluzione.
Quali mantra guidano l’impostazione di un “Portfolio Agile”?
“Mantra” deriva dall’insieme di due termini: il verbo sanscrito man – nella sua accezione di “pensare” – unito al suffisso tra che corrisponde all’aggettivo sanscrito “che compie”, “che agisce”. Gli elementi di seguito riportati rappresentano quindi le caratteristiche che è opportuno tenere sempre a mente e che devono guidare l’impostazione di un modello in grado di governare il cambiamento, cambiare rotta facilmente e garantire così, innovazione (figura 3).
Allineare le attività di cambiamento alla strategia aziendale
Come anticipato, la strategia rappresenta l’input necessario per comprendere e definire gli ambiti attraverso i quali si genera il valore. Questi ambiti si identificano con i Portafogli e, al loro interno, i Prodotti. Questi rappresentano aree di ownership che, pur avendo anch’essi un ciclo di vita, non hanno la caratteristica tipica di un Progetto caratterizzato da un inizio e una fine definita; sono maggiormente stabili nel tempo e tendono a includere all’interno del proprio perimetro di competenza tutte le attività necessarie per la sua evoluzione e gestione, quindi anche le attività di manutenzione e supporto.
Per creare questo “link” tra Strategia e Prodotti, e quindi le attività in esso contenute, quello che inizialmente viene fatto è costruire dei Portfolio Canvas. Ovvero la formulazione di una scheda che descriva (in primis) obiettivi e visione del Portfolio, i Prodotti contenuti a suo interno e gli Stakeholder di riferimento.
Aggiornare le priorità in modo continuativo
I Team che gestiscono i Prodotti dovrebbero avere piena autonomia in relazione alla loro gestione, sono le persone che conosco meglio i relativi Clienti e quindi le loro esigenze, esplicite, implicite e latenti. Questa “libertà condizionata” (in quanto legata a una strategia chiara) è la condizione necessaria per gestire il cambiamento più facilmente.
Per “cambiare rotta rapidamente”, questa libertà deve esser accompagnata da meccanismi di priorizzazione oggettivi e applicati continuatamente. È interessante osservare come le best practice più recenti promuovono, nell’ambito dell’attività di priorizzazione, i fattori «tempo» e «dimensione del lavoro», permettendo di privilegiare le iniziative capaci di portare valore (anche se parziale) in meno tempo [per approfondimenti su tecniche di priorizzazione di questo tipo è possibile consultare quanto promosso dalla metodologia SAFe].
Innovare i Prodotti recependo e armonizzando continue idee e stimoli
Un motivo per il quale le priorità cambiano sempre più frequentemente è perché le fonti di innovazione e nuove idee si moltiplicano. Molte organizzazioni sono immerse in ecosistemi dove i Team di Prodotto sono in contatto con una rete composta da università, centri di ricerca, startup e ovviamente fornitori che vanno ad alimentare quella che viene definita “decentralized intake”, ovvero nuove richieste che vanno a sommarsi e sono da mutuare rispetto alle priorità strategiche derivanti dal Vertice Aziendale.
Priorità e nuovi spunti arrivano quindi da più direzioni. Al Prodotto è richiesto di assorbire i nuovi stimoli provenienti dal ciclo di innovazione e continuare a gestire il Business as Usual.
Responsabilizzare tutti i livelli alla gestione delle risorse
Una gestione “prodotto-centrica” è possibile solamente fornendo alle persone tutte le leve necessarie alla loro gestione. Delega e responsabilizzazione dei Team diventano così fattori abilitanti per questo cambiamento, vuol dire distribuire la ownership sui vari livelli permettendo a chi gestisce questi oggetti di disporre, ad esempio, di un proprio budget. Se gli obiettivi sono chiari, così come la relazione degli stessi con la strategia aziendale, le persone prenderanno le decisioni migliori per abilitare questo flusso di valore, che dal prodotto risale al Portfolio e agli Stakeholder aziendali.
Evitare di allocare il budget fino all’ultima foglia evita frequenti processi di escalation per gestire le continue riallocazioni, nonché frizioni tra le persone coinvolte, riducendo anche l’effort sulle risorse causato da queste attività.
Comunicare in modo trasparente a tutti i livelli
Una responsabilizzazione diffusa e priorità che cambiano spesso richiedono allineamento da parte dell’organizzazione su quali siano gli obiettivi, se si stanno raggiungendo, cosa si sta facendo per raggiungerli. Questo è possibile attraverso una gestione fortemente improntata al “Visual Management”, un principio che supporta i processi favorendo il miglioramento continuo.
L’informazione rappresentata in modo visivo cambia infatti il comportamento delle persone favorendo la condivisione e il dialogo (sia tra peer, sia tra diversi livelli), la comune comprensione della situazione in essere, oltre a spingere all’azione. Il Visual Management è nato nell’applicazione degli strumenti Lean, come il Kanban e le Improvement Board.
Come iniziare?
La Funzione IT è spesso la più abituata a lavorare per progetti e trattare il tema dell’agilità, in diverse occasioni si trova a essere l’attore che promuove all’interno della propria organizzazione, nuove metodologie di lavoro e meccanismi di governo. Essere una funzione trasversale all’organizzazione che, per lavorare efficacemente, necessita di fare integrazione organizzativa e facilitare il dialogo tra gli Stakeholder agevola il ruolo della Funzione IT come Change Agent.
Questo ruolo, nella definizione di un modello di governo agile delle attività di cambiamento si sostanzia in primis nel definire le regole di base per far funzionare la macchina operativa, ispirate e guidate dai mantra precedentemente descritti, in grado di bilanciare attività di change e business as usual, comunicando e gestendo quella che è l’architettura di impresa su cui ricavano tutte le iniziative.
È tuttavia un percorso che non può essere realizzato da solo, i maggiori vantaggi si ottengono attraverso l’impostazione di un modello condiviso con il Business e, come in tutti i percorsi di cambiamento, attraverso uno Sponsor all’interno dell’organizzazione; ovviamente non può mancare la Funzione HR per supportare eventuali evoluzioni organizzative e favorire la comunicazione.