Invece di uno scontro frontale con la concorrenza in un’arena sempre più affollata di rivali e che ha come inevitabile conseguenza la creazione di un “oceano rosso sangue” sarebbe preferibile per le imprese adottare la strategia “oceano blu”, che può consentire invece di conquistare uno spazio di mercato incontrastato.
A sostenerlo, nel suo intervento come speaker all’ultimo Top Management forum Knowità, è Renée Mauborgne (nella foto), professore di strategia presso Insead, la seconda maggiore business school a livello mondiale, considerata fra i pensatori più influenti nel campo del business, essendosi piazzata nel 2011 al secondo posto fra i 50 pensatori più influenti a livello mondiale con il collega W. Chan Kim. Insieme hanno elaborato il concetto di “innovazione di valore” e la “strategia oceano blu”, tradotta in un libro diventato un best seller del management. Mauborgne e Kim, attraverso l’analisi storica di oltre centocinquanta mosse strategiche in più di trenta diversi settori industriali per un periodo di oltre cento anni, hanno messo a punto una strategia per la neutralizzazione della concorrenza anziché batterla, un modello che si basa su framework e strumenti analitici per la creazione e la conquista di oceani blu. “La strategia blue ocean non coincide con l’innovazione tecnologica – ha precisato Mauborgne –. Abbiamo individuato nella nostra analisi delle mosse strategiche di successo alcune evidenze: creare oceani blu significa creare/rafforzare il brand, non esistono aziende eccellenti in modo permanente, spesso anche le aziende già dominanti creano nuovi oceani blu, generalmente proprio all’interno dei loro core business”.
Per creare oceani blu negli attuali mercati sempre più competitivi e sovraffollati che si battono per conquistare profitti sempre più ridotti è necessario saper gestire la creatività, legandola alle opportunità commerciali.
“Si tratta di un passaggio indispensabile per le imprese dei paesi sviluppati se vogliono vincere la sfida”, ha detto la professoressa, ricordando che mentre nel 1997 fra le maggiori aziende al mondo solo 5 erano cinesi e una indiana, nel 2010 45 erano cinesi, 8 indiane e 8 latinoamericane.
“È importante avere l’idea giusta, ma è indispensabile sapere come metterla in atto, identificando il processo di esecuzione, particolarmente complesso in un’azienda con molti prodotti”, ha detto Mauborgne. Si deve definire come passare da un portafoglio di prodotti e servizi “me-to” a uno “best in crowd” per arrivare ad essere un pioniere con una folla che insegue, secondo il concetto “innovazione di valore” o killer del mercato. Una migrazione che non va fatta quando le cose vanno male ma da realizzare in modo sistematico. Emblematici i casi Apple e Microsoft. Quella adottata da da Apple con iPhone (e più in generale la strategia di Steve Jobs fin dal suo rientro in Apple) è stata indubbiamente una strategia blue ocean.
“Microsoft, una delle aziende più profittevoli negli ultimi anni al mondo, è il caso tipico di un’azienda che pur guadagnando milioni di dollari non sta costruendo il business futuro”, ha esemplificato. Non sta infatti applicando l’essenza della strategia oceano blu che consiste nel prevedere sistematicamente la migrazione del portafoglio attuale di prodotti/servizi, anche se profittevole, verso i prodotti e servizi futuri. “I due business che hanno continuato a far crescere i profitti sono stati infatti Office e Windows, entrambi creati decenni anni fa, mentre sono nate incontrastate aziende con nuove killer application come Facebook e Google”. Fra le conseguenze negative il rischio di perdere i migliori talenti. Eppure Microsoft ha le risorse economiche e i più impressionanti laboratori al mondo. Ma ciò che serve per un’organizzazione è la motivazione adeguata alla strategia blue ocean adottata; l’unico modo per ottenere un cambiamento rapido e a basso costo, secondo i principi oceano blu.