Mi è capitato, pochi giorni fa, di essere il chairman di un evento che, come spesso accade in queste occasioni di confronto, può portare a due risultati finali: il primo rappresentare una semplice “sceneggiata”, costruita ad hoc sui desiderata del fornitore di Ict che organizza l’evento per far capire quanto belle e utili siano le sue soluzioni. Il secondo risultato, più pericoloso ma senz’altro più utile a tutti i partecipanti, organizzatore compreso, è invece quello di stabilire un reale terreno di confronto sul quale misurare il livello di qualità della relazione esistente tra il fornitore (in questo caso di soluzioni applicative), il proprio sistema di terze parti e gli utenti. Noi come ZeroUno, assumendoci tutti i rischi del caso, abbiamo guidato la discussione verso la seconda via, e al di là delle naturali asperità che esistono in un rapporto tra queste componenti che operano in un contesto di mercato molto dinamico e competitivo, ne è emerso un quadro interessante su cui i tre attori potrebbero agire, per migliorare, in una direzione di maggiore efficienza e di incremento del business, quel delicato meccanismo che va sotto il nome di “ecosistema”.
Solo un paio di anni fa “ecosistema”, nel mondo IT, era un termine associato soprattutto alla definizione di un rapporto integrato tra fornitore e terze parti; oggi con una domanda di mercato sempre più esigente e con sistemi di communication e collaboration che consentono di aumentare trasparenza e relazione verso una migliore capacità di allineamento tra offerta ed esigenze della domanda, “ecosistema” è un termine che si estende anche ai clienti e alla loro forte capacità di determinare atteggiamenti, tipi di servizi e prodotti sulle due componenti restanti.
Guardiamo a cosa chiedono, in estrema sintesi, le tre parti:
– I clienti: trovare finalmente soluzioni applicative e servizi che sappiano rispondere ad esigenze operative sempre di più finalizzate al supporto competitivo, non fermandosi quindi all’aspetto tecnico-funzionale dell’applicazione ma chiedendo a questa di saper supportare l’azione dell’azienda sul piano delle specificità di settore, di territorialità e delle modalità con cui l’impresa cliente gestisce e sviluppa il proprio business sul mercato.
– Il fornitore di applicazioni: chiede alle proprie terze parti di fare squadra, di considerarsi, nei fatti, come un elemento integrato all’azienda e alla propria filosofia; un partner che sappia “sfruttare” quelle sinergie che in realtà, finché persiste una visione individualista e non di squadra nella terza parte, vengono sottoutilizzate. E questa criticità è tanto più sentita quanto più il fornitore si rende conto che l’utente finale cerca risposte in una realtà di partner che fino in fondo non è reattiva al cambiamento e tanto meno propositiva sul piano dell’innovazione dei business model.
– Il partner: è l’elemento che può concretizzare strategie e, soprattutto, vendere le soluzioni. Su di lui grava oggi una serie di pressioni e responsabilità non indifferenti, tra le quali, oltre a quella di reggere il proprio business, essere l’elemento che alla fine concretizza, soprattutto nelle piccole e medie imprese italiane, quel percorso di crescita culturale verso un utilizzo dell’Ict più strategico e di valore, più di supporto al business e di risposta a nuove esigenze competitive.
Quali sono allora le leve e le incongruenze su cui agire per riuscire, fornitori, partner e clienti, ad essere tutti felici e contenti?
Dal convegno di cui sopra, il “confronto costruttivo” non è certo mancato. Citiamo alcuni macro problemi che probabilmente molti fornitori It conoscono ma che rappresentano di fatto i punti attorno ai quali gravita l’insoddisfazione latente che rallenta i risultati di business di tutti, fornitori, partner e clienti.
– Marginalità: è il tema del giorno per le terze parti. Assottigliamento della marginalità vuol dire una limitata capacità di azione e di sviluppo. La strada su cui muoversi è duplice: da un lato il partner può puntare ad un’azione di revisione e ottimizzazione dei processi e della propria organizzazione per rendere più conveniente l’azione sul mercato. Dall’altro significa anche “aprire” la propria azienda a nuove partnership facendo proprio un lavoro di squadra con altre terze parti o con il fornitore stesso per andare sul mercato in una logica di team. Può sembrare un’azione scontata ma per molte realtà italiane alquanto “autarchiche”, partner di fornitori di applicazioni, non lo è affatto.
– Competenze: quanto prima detto, cioè fare rete è un aspetto che si collega direttamente al tema delle competenze, sempre più sfaccettate e di tipo consulenziale, che vengono richieste ai partner. È antistorico cercare una modalità tutta “in house” quando ancora oggi numerose competenze (tecnologiche, organizzative e di business) che i fornitori Erp possono mettere a disposizione delle terze parti sono parecchio sottoutilizzate.
– Formazione: altro collegamento con il punto precedente. Andare in team sul cliente finale con diverse competenze non riduce la necessità di aumentare costantemente le competenze nella terza parte. La formazione, questo è emerso dall’incontro, è una cosa seria. Se viene erogata, meglio tra l’altro gratuitamente, deve essere di qualità, e non sempre è invece all’altezza. “Perché – hanno chiesto i partner – fate pagare la formazione? Deve essere gratuita!”. “Perché – ha risposto il fornitore, quando era gratuita non era considerata di qualità e i corsi erano spesso vuoti”. Anche questo fa parte di una dialettica da considerare….
– Innovazione: è il tema del momento. Ma sul mercato delle applicazioni, innovare significa avere un territorio certo e definito di azione, altrimenti restano parole vuote. Bisogna, sollecitano le terze parti, sapere agire sulle criticità rappresentate dalla capacità di fare marketing congiunto sul mercato, avere una formazione di qualità, muoversi in un contesto di market segmentation chiaro (sapere bene cioè i confini tra le tipologie e le dimensioni di clienti seguite dal fornitore e quelle seguite invece dai partner, per evitare criticità), raggiungere un equilibrio soddisfacente per partner e fornitore tra la vendita di servizi e quella di prodotti. Un punto, quest’ultimo, controverso, con interessi talvolta contrastanti sul mercato: da un lato il fornitore che chiede un costante incremento della base clienti, e quindi vendita di licenze soprattutto, perché serve una massa critica di clienti ampia, consolidata e fedele, per consentirgli investimenti sicuri in nuovi sviluppi funzionali, possibilmente seguendo criteri di produzione industriale del software. Dall’altro le terze parti, che invece sulla vendita di servizi e supporto spesso traggono il loro maggiore beneficio economico. È il punto di equilibrio che serve trovare.
Ecco allora il senso di questa “miscela esplosiva”: una questione di equilibri e di condivisione di interessi che gli ultimi quattro anni di difficoltà di mercato hanno pesantemente alterato e che hanno visto tutte e tre le componenti spesso prendere una propria strada a scapito degli altri. Ma “la strada dell’armonia” è un percorso obbligato, soprattutto ora che gli indicatori economici generali e di investimento in tecnologie IT si sono rimessi al bello. La logica di team passa certo dall’individuazione dei problemi e dalla trasparenza, ma soprattutto nasce dalla consapevolezza di saper dare, con soluzioni e modelli organizzativi adeguati, una risposta ad una domanda, al contempo molto semplice e complessa, che sempre più sembra provenire dal mercato: “Come può questa soluzione IT aiutarmi a soddisfare meglio i miei clienti, ad essere più reattivo ai cambiamenti del mercato e ad aumentare la mia competitività?”. E la risposta non potrà che essere data se non attraverso una soluzione It che dia ritorni visibili e misurabili e che si integri effettivamente con i processi core e con l’organizzazione dell’azienda cliente. Se ognuno resterà sulle proprie posizioni o avrà una visione miope del cambiamento (quanto mi costa, in primis), il rischio, prima ancora dell’incomprensione, sarà quello del ridimensionamento o, peggio, della scomparsa.