Miscela esplosiva

 

Pubblicato il 20 Mar 2007

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Mi è capitato, pochi giorni fa, di essere il chairman di un even­to che, come spesso accade in queste occasioni di confronto, può portare a due risultati finali: il primo rappresentare una semplice “sceneggiata”, costruita ad hoc sui desiderata del fornitore di Ict che organizza l’evento per far capire quanto belle e utili siano le sue soluzioni. Il secondo risultato, più pericoloso ma senz’altro più utile a tutti i partecipanti, organizzatore compreso, è invece quello di stabilire un reale terreno di confronto sul quale misurare il livel­lo di qualità della relazione esistente tra il fornitore (in questo caso di soluzioni applicative), il proprio sistema di terze parti e gli uten­ti. Noi come ZeroUno, assumendoci tutti i rischi del caso, abbiamo guidato la discussione verso la seconda via, e al di là delle naturali asperità che esistono in un rapporto tra queste componenti che operano in un contesto di mercato molto dinamico e competitivo, ne è emerso un quadro interessante su cui i tre attori potrebbero agire, per migliorare, in una direzione di maggiore efficienza e di incremento del business, quel delicato meccanismo che va sotto il nome di “ecosistema”.
Solo un paio di anni fa “ecosistema”, nel mondo IT, era un ter­mine associato soprattutto alla definizione di un rapporto integrato tra fornitore e terze parti; oggi con una domanda di mercato sem­pre più esigente e con sistemi di communication e collaboration che consentono di aumentare trasparenza e relazione verso una migliore capacità di allineamento tra offerta ed esigenze della do­manda, “ecosistema” è un termine che si estende anche ai clienti e alla loro forte capacità di determinare atteggiamenti, tipi di servizi e prodotti sulle due componenti restanti.
Guardiamo a cosa chiedono, in estrema sintesi, le tre parti:
I clienti: trovare finalmente soluzioni applicative e ser­vizi che sappiano rispondere ad esigenze operative sempre di più finalizzate al supporto competitivo, non fermandosi quindi al­l’aspetto tecnico-funzionale dell’applicazione ma chiedendo a que­sta di saper supportare l’azione dell’azienda sul piano delle specifi­cità di settore, di territorialità e delle modalità con cui l’impresa cliente gestisce e sviluppa il proprio business sul mercato.
– Il fornitore di applicazioni: chiede alle proprie terze par­ti di fare squadra, di considerarsi, nei fatti, come un elemento inte­grato all’azienda e alla propria filosofia; un partner che sappia “sfruttare” quelle sinergie che in realtà, finché persiste una visione individualista e non di squadra nella terza parte, vengono sottouti­lizzate. E questa criticità è tanto più sentita quanto più il fornitore si rende conto che l’utente finale cerca risposte in una realtà di partner che fino in fondo non è reattiva al cambiamento e tanto meno propositiva sul piano dell’innovazione dei business model.
Il partner: è l’elemento che può concretizzare strategie e, soprattutto, vendere le soluzioni. Su di lui grava oggi una serie di pressioni e responsabilità non indifferenti, tra le quali, oltre a quella di reggere il proprio business, essere l’elemento che alla fi­ne concretizza, soprattutto nelle piccole e medie imprese italiane, quel percorso di crescita culturale verso un utilizzo dell’Ict più strategico e di valore, più di supporto al business e di risposta a nuove esigenze competitive.
Quali sono allora le leve e le incongruenze su cui agire per riuscire, fornitori, partner e clienti, ad essere tutti felici e contenti?
Dal convegno di cui sopra, il “confronto costruttivo” non è cer­to mancato. Citiamo alcuni macro problemi che probabilmente molti fornitori It conoscono ma che rappresentano di fatto i punti attorno ai quali gravita l’insoddisfazione latente che rallenta i risul­tati di business di tutti, fornitori, partner e clienti.
– Marginalità: è il tema del giorno per le terze parti. Assot­tigliamento della marginalità vuol dire una limitata capacità di azio­ne e di sviluppo. La strada su cui muoversi è duplice: da un lato il partner può puntare ad un’azione di revisione e ottimizzazione dei processi e della propria organizzazione per rendere più convenien­te l’azione sul mercato. Dall’altro significa anche “aprire” la propria azienda a nuove partnership facendo proprio un lavoro di squadra con altre terze parti o con il fornitore stesso per andare sul merca­to in una logica di team. Può sembrare un’azione scontata ma per molte realtà italiane alquanto “autarchiche”, partner di fornitori di applicazioni, non lo è affatto.
– Competenze: quanto prima detto, cioè fare rete è un aspetto che si collega direttamente al tema delle competenze, sem­pre più sfaccettate e di tipo consulenziale, che vengono richieste ai partner. È antistorico cercare una modalità tutta “in house” quan­do ancora oggi numerose competenze (tecnologiche, organizzative e di business) che i fornitori Erp possono mettere a disposizione delle terze parti sono parecchio sottoutilizzate.
– Formazione: altro collegamento con il punto precedente. Andare in team sul cliente finale con diverse competenze non ri­duce la necessità di aumentare costantemente le competenze nella terza parte. La formazione, questo è emerso dall’incontro, è una cosa seria. Se viene erogata, meglio tra l’altro gratuitamente, deve essere di qualità, e non sempre è invece all’altezza. “Perché – han­no chiesto i partner – fate pagare la formazione? Deve essere gra­tuita!”. “Perché – ha risposto il fornitore, quando era gratuita non era considerata di qualità e i corsi erano spesso vuoti”. Anche que­sto fa parte di una dialettica da considerare….
– Innovazione: è il tema del momento. Ma sul mercato delle applicazioni, innovare significa avere un territorio certo e de­finito di azione, altrimenti restano parole vuote. Bisogna, sollecita­no le terze parti, sapere agire sulle criticità rappresentate dalla ca­pacità di fare marketing congiunto sul mercato, avere una formazione di qualità, muoversi in un contesto di market segmen­tation chiaro (sapere bene cioè i confini tra le tipologie e le di­mensioni di clienti seguite dal fornitore e quelle seguite invece dai partner, per evitare criticità), raggiungere un equilibrio soddisfacen­te per partner e fornitore tra la vendita di servizi e quella di pro­dotti. Un punto, quest’ultimo, controverso, con interessi talvolta contrastanti sul mercato: da un lato il fornitore che chiede un co­stante incremento della base clienti, e quindi vendita di licenze so­prattutto, perché serve una massa critica di clienti ampia, consoli­data e fedele, per consentirgli investimenti sicuri in nuovi sviluppi funzionali, possibilmente seguendo criteri di produzione industriale del software. Dall’altro le terze parti, che invece sulla vendita di servizi e supporto spesso traggono il loro maggiore beneficio eco­nomico. È il punto di equilibrio che serve trovare.

Ecco allora il senso di questa “miscela esplosiva”: una questio­ne di equilibri e di condivisione di interessi che gli ultimi quattro anni di difficoltà di mercato hanno pesantemente alterato e che hanno visto tutte e tre le componenti spesso prendere una propria strada a scapito degli altri. Ma “la strada dell’armonia” è un percor­so obbligato, soprattutto ora che gli indicatori economici generali e di investimento in tecnologie IT si sono rimessi al bello. La logica di team passa certo dall’individuazione dei problemi e dalla traspa­renza, ma soprattutto nasce dalla consapevolezza di saper dare, con soluzioni e modelli organizzativi adeguati, una risposta ad una domanda, al contempo molto semplice e complessa, che sempre più sembra provenire dal mercato: “Come può questa soluzione IT aiutarmi a soddisfare meglio i miei clienti, ad essere più reattivo ai cambiamenti del mercato e ad aumentare la mia competitività?”. E la risposta non potrà che essere data se non attraverso una solu­zione It che dia ritorni visibili e misurabili e che si integri effettiva­mente con i processi core e con l’organizzazione dell’azienda cliente. Se ognuno resterà sulle proprie posizioni o avrà una visio­ne miope del cambiamento (quanto mi costa, in primis), il rischio, prima ancora dell’incomprensione, sarà quello del ridimensiona­mento o, peggio, della scomparsa.

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