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Nobel per l’informazione quantica: business in arrivo e sfide geopolitiche

È un premio alla carriera il Nobel per la Fisica di quest’anno, ma ufficializza la concretezza delle ricerche sul quantum computing e i suoi possibili risvolti lato business. Startup e big tech lo sanno da tempo: gli investimenti non mancano, la vera sfida è proteggere la ricerca accademica, evitando che ogni progresso diventi segreto e confidenziale. Essendo un asset strategico per la sicurezza nazionale, è invece inevitabile che il quantum computing assuma importanza geopolitica. Una replica di ciò che sta accadendo ora con chip e semiconduttori.

Pubblicato il 21 Nov 2022

Nobel per l’informazione quantica

Dopo oltre 50 anni che lo si sta studiando, grazie all’Accademia di Svezia l’entanglement ha avuto le sue 24 ore di celebrità, rischiando anche di diventare una buzzword o di essere confuso con una nuova scoperta. Il vero significato di questo Premio Nobel per la Fisica 2022 è invece quello di sancire il passaggio del quantum computing da “esercizio intellettuale” a tecnologia matura, con riscontri pratici, concreti e fruttuosi. Una conferma “ufficiale” di ciò che il mercato ha già intuito, sia lato investitori che istituzioni. Secondo McKinsey, infatti, nel 2021 i fondi privati destinati alle startup del settore hanno raggiunto i 1,7 miliardi di dollari, raddoppiando le cifre del 2020. A livello di fondi pubblici, primeggia la Cina con il suo stanziamento di 15 miliardi di dollari, seguita dall’Unione Europea con 7,2 e da Stati Uniti, UK, India e Giappone con qualche miliardo di dollari ciascuno.

È ufficialmente ora di raccogliere i frutti della ricerca sul quantum computing

“Senza gli stati entangled, i computer quantistici non esisterebbero” afferma Andrea Morello, professore di ingegneria quantistica presso la Scuola di Ingegneria Elettrica e Telecomunicazioni all’Università del New South Wales (Australia). L’esperto spiega infatti che essi “rappresentano codice binari che non esistono in un computer classico, la cui quantità cresce esponenzialmente con il numero di bit quantistici. Questa è la proprietà fondamentale che dà ai quantum computer un superiore potere di calcolo”.

Alain Aspect, John Clauser e Antoon Zeilinger sono stati premiati per aver dimostrato e applicato il teorema che spiega in modo dettagliato, semplice e quantitativo l’unicità delle correlazioni quantistiche che si creano in uno stato quantistico entangled, in cui le particelle perdono la propria identità ma esistono l’una in funzione dell’altra. Si chiama Teorema di Bell, è uno dei più profondi e rivoluzionari della scienza del XX secolo e fa luce su una questione complessa.

Anche Einstein vi si era imbattuto, senza venirne a capo e senza nemmeno conoscere questo teorema, formulato solo nel 1964, nove anni dopo la sua morte. Ne sarebbe rimasto scosso, probabilmente, visto che Bell dimostra proprio ciò che lui negava: la natura degli stati di entanglement che possono violare i principi di località (l’impossibilità di influenzare eventi al di fuori del cono spazio-temporale definito dalla velocità della luce), realtà (presunta esistenza di proprietà dei sistemi fisici prima di un’osservazione), e libero arbitrio (libera scelta delle modalità di misura/osservazione di un evento).

Come spesso accade, il Nobel di quest’anno è una sorta di premio di fine carriera per un lavoro iniziato fra 30 e 50 anni fa ma con conseguenze molto attuali. Secondo Morello, infatti, la scelta dell’Accademia di Svezia è una presa di posizione sul quantum computing: “è arrivato il momento di celebrare i frutti del lavoro portato avanti da questi pionieri perché si iniziano ad avere effetti concreti e pratici”.

Ricerca accademica o industriale: alla ricerca del giusto mix

Sia startup che big tech hanno gradito questa “conferma ufficiale”, ma senza troppo alzare la testa dal lavoro da tempo avviato sul quantum computing. Le prime stanno già facendo profitti, focalizzandosi soprattutto su servizi e prodotti di supporto come interfaccia per computer quantistici o sistemi criogenici per il loro raffreddamento. Giganti come IBM, Google e Intel hanno scommesso sull’hardware con investimenti nell’ordine del miliardo di dollari e annunci con deadline precise che fanno sperare nel raggiungimento del quantum advantage.

Morello conferma progressi e concrete prospettive, nonostante esistano ostacoli oggettivi. Citando Zeilinger – “La frontiera tra i sistemi classici e quelli quantistici è solo una questione di soldi” – spiega che il vero problema è la transizione tra ricerca accademica a industriale. “È necessaria perché, per sviluppare hardware quantistici, servono miliardi di dollari. La dimensione accademica va però almeno in parte mantenuta. Serve per formare nuovi talenti ma soprattutto per garantire una ricerca aperta, basata sulla condivisione e sulla collaborazione. Se passasse tutto in mano alle imprese, diventerebbe segreto e confidenziale e ci sarebbe il rischio di un blocco di idee e conseguenti rallentamenti nell’evoluzione del quantum computing. È necessario e urgente oggi trovare il giusto mix proteggendo la creatività collaborativa che le università garantiscono”.

Quantum computing e geopolitica

È una mission complessa ma affrontabile quella indicata da Morello, anche grazie al Nobel che ha ricordato a tutti il valore, potenzialmente anche economico, apportato dal lavoro dei ricercatori. “Mission impossible”, invece, evitare che i progressi nel quantum computing vadano a intrecciarsi con i conflitti geopolitici in corso su scala globale.

Morello ne è convinto: “È prevedibile che si crei uno scenario simile a quello dei chip, perché una delle principali applicazioni del quantum computing riguarda la crittografia. Questa tecnologia risulta strettamente legata alla sicurezza nazionale, come anche i tanti servizi e prodotti accessori sviluppati. Sarà quindi inevitabile la formazione di ‘gruppi di lavoro’ sul quantum computing tra Paesi amici, alleati”.

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