“Cosa vuol dire davvero collaborazione pubblico-privato per accelerare la digitalizzazione del Paese?”, si è chiesto Antonio Samaritani, Direttore Generale dell'Agenzia per l'Italia Digitale, intervenendo al convegno “Pubblico e privato: un patto per l'Italia digitale della ricerca 2016”, in occasione della presentazione dell'Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.
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Secondo Samaritani la risposta tocca più aspetti, sollevati nel corso delle due tavole rotonde che hanno visto la partecipazione dei vari attori coinvolti.
Il direttore di AgID ha individuato tre principali pilastri:
- La realizzazione della multicanalità, basata sulle Api, nelle relazioni pubblico-privato per realizzare un modello di collaborazione dove ciascuno (amministrazioni pubbliche e operatori privati) possa esprimere il proprio valore nel rispetto dei ruoli.
- Una fase di transizione alle nuove modalità di acquisto previste dal nuovo codice degli appalti che manifesterà i primi risultati a fine 2017. “In questa fase stiamo mappando le convenzioni e cerchiamo di capire quali strumenti già oggi Consip abbia messo a disposizione per andare verso il nuovo sistema; questa è l’occasione, in attesa dell’avvio del nuovo sistema di gare, per realizzare una nuova progettualità”, spiega Samaritani. Vanno ad esempio trovati nuovi modelli per acquisire il software e i nuovi servizi Ict superando anche alcune regole non adeguate presenti nel nuovo codice degli appalti. Come ha spiegato ad esempio Fuggetta, non ha senso applicare il massimo ribasso agli acquisti di ambito cloud, per sua natura destinato a scalare verso l’alto, né definire la base d’asta.
- È anche necessario capire come utilizzare in modo coordinato i finanziamenti: “Oggi abbiamo a disposizione 50 milioni di euro (dal Pon Governance) mentre il piano strategico Crescita Digitale [ndr: approvato lo scorso ottobre dalla Commissione Europea] prevede oltre 4 miliardi”, sottolinea Samaritani auspicando l’utilizzo sincrono dei fondi a disposizione dei Programmi Operativi Regionali (Por) e di quelli propri delle Regioni e delle amministrazioni locali.
“Abbiamo definito un percorso perché la macchina cambi gradualmente direzione superando un’inerzia forte che si vince grazie alla persistenza – sottolinea Samaritani – Lavorare sul cambiamento è come doversi cambiare i calzini continuando a correre, una metafora che indica la difficoltà di mandare tutto al posto giusto in ogni momento, ma che non significa trovare giustificazioni per i tempi laschi, o peggio, imprevedibili. E infatti abbiamo indicato le priorità e le abbiamo rispettate”. E per quanto riguarda il piano triennale, aggiunge: “Siamo pronti ma aspettiamo di condividerlo con il commissario Diego Piacentini [il commissario all'Agenda digitale, già numero due di Amazon, nominato lo scorso settembre dal Governo – ndr]”.
Le infrastrutture immateriali necessarie a comporre il mosaico
Alfonso Fuggetta, Ceo di Cefriel e responsabile scientifico Osservatorio Agenda Digitale, entra con maggior dettaglio nel disegno delle infrastrutture immateriali, ricordando la necessità di analizzare cosa già sia presente e cosa invece serva per comporre il mosaico, con la consapevolezza che tutti i tasselli servono per definire il disegno complessivo, anche se nessuno è indispensabile.
“Come si fa in azienda, vanno individuate innanzi tutto le basi dati fondamentali, che devono essere allineate”, suggerisce. Nel caso della Pa sono, per esempio, le Anagrafi che devono essere gestite in modo unitario e collocate in un unico luogo. Ciò comporta la necessità di cambiare anche i processi di alimentazione e gestione delle informazioni, rendere disponibili le sorgenti via Api (a tutti coloro che vogliono usare i dati) e WebApp (per fornire servizi di base di utilizzo generale). “L’attuazione di questo nuovo modello eliminerebbe una volta per tutte il problema che negli ultimi 20 anni ci ha afflitto: l’incapacità delle amministrazioni di parlare fra loro – sottolinea Fuggetta – E renderebbe possibile quanto auspicato a fine anni ’90 da Bassanini, che una Pa non chieda al cittadino le informazioni già in possesso di un’altra amministrazione”.
Internet, che già prevede che chi ha un asset lo possa rendere disponibile tramite Api, è il modello di riferimento; serve solo declinarlo per la Pa. Ma non tutto è facile come sembra: c’è a monte la definizione di standard, sia tecnologici sia applicativi, e delle regole semantiche da parte di soggetti pubblici e privati; servono processi di validazione delle regole e per il rispetto degli standard.
C’è però una novità rispetto alla vecchia collaborazione applicativa prevista dal Cad e che non ha funzionato: “In quel caso si prevedeva l’accordo fra le amministrazioni due a due e l’impegno, per chi cedeva i dati, di farsi garante dell’uso che l’altro ne avrebbe fatto. Non molto incentivante – spiega Fuggetta – Se si assume invece la logica Internet, chiunque rispetti le regole definite può utilizzare dati e servizi”.
Affinché tutto funzioni sono fondamentali i modelli operativi, i processi e le regole. Per garantire la governance va indicato chi, a livello centrale, definisce le regole, chi le aggiorna, chi le fa rispettare, chi definisce gli standard, chi parla con le amministrazioni e chi con il mercato.
Molte di queste attività ricadranno su AgID che dovrà rafforzare la squadra.
“Abbiamo un piano importante per l’acquisizione di risorse e competenze grazie allo sblocco degli investimenti in arrivo con la finanziaria – ammette Samaritani – Ma le nostre risorse comunque non basteranno, saranno solo una leva per lavorare poi con le amministrazioni centrali e locali”.
E’ prevista una piattaforma informatica dedicata alla relazione e alla collaborazione con le amministrazioni e a supporto dell’attuazione del piano triennale, della gestione, della governance, del controllo e del monitoraggio