È stato l’IT a salvare la maggior parte delle aziende nel 2020, durante la pandemia, conquistandosi una capacità di spesa inedita. Un effetto controcorrente rispetto a ciò che accadrà a quasi tutti gli altri team che, nei prossimi mesi, potrebbero essere gravemente penalizzati dalla recensione. Questa dinamica ha “costretto” Gartner a correggere nel suo ultimo report le previsioni di crescita della spesa IT globale per il 2023 inserendo un +5% al posto del +3% precedentemente stimato.
Di fronte a una potenziale recessione, ai vincoli di liquidità e alla salita degli indici dei prezzi alla produzione, molte aziende stanno mostrando infatti di voler puntare nuovamente sulla tecnologia. I CFO busseranno alla porta dei CIO sperando in un “nuovo miracolo”.
Cloud, data center e servizi IT: nel 2023 investimenti in crescita
Gli orizzonti che le aziende di ogni settore hanno di fronte sono critici, sia visti da oltreoceano che dall’Europa. Secondo Eurostat a settembre il tasso annuo d’inflazione nell’Eurozona ha segnato l’ennesimo record, passando dal 9,1% di agosto al 10%, nello stesso mese l’inflazione statunitense ha raggiunto l’8,2%.
Nonostante questi numeri, uniti all’incertezza politica e alla crisi energetica, secondo Gartner le aziende continueranno a investire sull’IT raggiungendo un totale di 4,6 trillion (4.600 miliardi) di dollari di spesa nel 2023 (+5,2% rispetto al 2022). Alcuni indizi di questo boom erano già emersi in due sondaggi di inizio estate in cui il 69% dei CFO appariva intenzionato ad aumentare le spese in tecnologie digitali e la maggior parte dei CIO ad accelerare il time to value degli investimenti IT.
Questa “immunità alla recessione” riguarda solo il mercato B2B, in quello consumer è previsto un calo dell’8,4% nel 2022, seguito da quello dello 0,6% nel 2023. Nel contesto aziendale pesa anche il fatto che le voci oggi considerabili discrezionali all’interno dei budget di spesa IT sono minime e si aggirano intorno al 5%. Con il massiccio passaggio al cloud, infatti, si sono aggiunte a quelle irrinunciabili anche l’outsourcing a lungo termine, i managed services e tutte le iniziative IaaS, PaaS e SaaS per il cloud.
I servizi legati alla “nuvola” rientrano in quelle software, che aumenteranno dell’8% per raggiungere la cifra di 879,3 miliardi di dollari nel 2023. Si continuerà a investire anche sui data center, per cui si prevede una spesa di 216,3 miliardi di dollari, in crescita del 10,4% rispetto a quest’anno. Minore, ma da non trascurare, anche l’aumento di attenzione verso i servizi IT che si traduce in un + 4,2% con una corrispettiva spesa di 1.360 miliardi di dollari.
Nessun taglio sulla sicurezza: i cyber attacchi spaventano più della recessione
Nei rari ma possibili casi in cui il budget per la tecnologia viene limitato, la voce che si salva sempre è quella della sicurezza. Gartner segna addirittura un aumento degli investimenti per proteggersi: la paura di attacchi informatici è più forte di quella della recessione.
La spesa globale per security e risk management nel 2023 aumenterà dell’11,3% circa, raggiungendo i 188,3 miliardi di dollari. Un incremento che colpisce, soprattutto considerando che arriverebbe dopo quello già notevole registrato nel 2022, pari al 7,2%. Secondo Gartner, questi tassi di crescita sono legati a tre fattori: l’affermarsi dell’hybrid working, la transizione da VPN a ZTNA e le migrazioni “di massa” verso il cloud. Quest’ultimo driver impatta fortemente con il “suo” + 26,8%, ma le aziende punteranno sempre di più anche sulla sicurezza delle applicazioni (+24,7%), sulla privacy dei dati (+16,9%), sulla protezione delle infrastrutture (+16,1%), sulla gestione degli accessi alle identità (+15,1%) e sulla sicurezza dei dati (+14,2%). I CISO di oggi e di domani devono infatti difendere una superficie di attacco in espansione e con un panorama di vulnerabilità in evoluzione continua. Ciò significa che dovranno adeguare la strategia di sicurezza aziendale in modo regolare e frequente, regolando le diverse voci a budget ma – così per ora sembra – non dovranno fare i conti con tagli “causa recessione”.