Secondo alcune recenti analisi di Idc condotte sui mercati europeo e statunitense, la società americana ipotizza che fra il 2018 e il 2020 due terzi dalla forza lavoro sarà mobile. Guardando alle ultime osservazioni rilevate in Italia dall’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano pare non ci siano dubbi in merito anche se nei 5 cluster attraverso i quali è stato suddiviso il livello di maturità della mobile strategy delle aziende prese in esame (Mobile First, Work in progress, Digital driven, Wannabe, Nice to have), prevalgono le aziende ‘work in progress’, a testimonianza del fatto che ci sia ancora molto da fare per beneficiare a pieno delle opportunità che tale fenomeno culturale e tecnologico potrebbe generare per le aziende.
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DIBATTITO – Smart working tra opportunità e criticità: il parere delle aziende |
“Parallelo e strettamente legato al tema della mobility è lo smart working che in Italia sta registrando una significativa crescita”, spiega Fabrizio Amarilli, Project Manager della Fondazione Politecnico di Milano, durante un roadshow sul tema del Digital Workplace che ZeroUno ha portato nelle città di Padova e Bologna insieme a VMware e Hpe. “Come evidenziato nell’ultimo Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, ben il 30% delle grandi imprese nel 2016 ha realizzato progetti strutturati di smart working, con una crescita significativa rispetto al 17% dello scorso anno. Tuttavia, anche quando nelle aziende risultano chiari gli obiettivi di maggiore flessibilità e produttività individuale, le iniziative di digital workplace non sempre si inseriscono in una strategia progettuale esaustiva”.
Tra le principali barriere identificate da Amarilli, per esempio, ci sono:
- la non completa digitalizzazione dei processi aziendali (57% degli intervistati: la ricerca ha coinvolto 339 manager delle funzioni It, Hr e Facility, oltre a un panel rappresentativo di 1.004 lavoratori – in collaborazione con Doxa);
- la scarsa efficacia in comunicazione e collaborazione virtuale (47%);
- la poca uniformità di performance fra applicazioni on premise e in Cloud (41%).
Problematiche sulle quali Giuseppe Cicchirillo, Data Center & Hybrid Cloud Product Manager di Hpe e Riccardo Codifava, End User Computing Account Executive di VMware, sono riusciti a dare alcune risposte nel corso dei loro interventi. “I percorsi verso una efficace digital workplace strategy richiedono per l’It uno sforzo nella ridefinizione dei modelli di consumo dei servizi informativi”, osserva Cicchirillo. “Automazione e orchestrazione sono le due parole chiave che devono fare un po’ da guida in percorsi che devono avere sulla user experience e le applicazioni i due focus principali per avviare quindi percorsi di evoluzione dello strato tecnologico sottostante secondo nuove logiche di agilità delle infrastrutture, obiettivi raggiungibili per esempio attraverso sistemi iperconvergenti e componibili ma anche con scelte di cloud computing”.
Il cloud assume un ruolo significativo anche dal punto di vista dell’esperienza utente in mobilità “che non significa necessariamente adottare servizi di cloud pubblico ma far vivere alle persone una esperienza d’uso ‘cloud like’, ossia garantire loro accesso ad applicazioni e servizi aziendali in modo molto semplice ma al contempo sicuro per l’azienda”, è la visione che Codifava ha portato al pubblico.
A dare concretezza alle sue parole una demo live che ha permesso di comprendere tutte le potenzialità di una piattaforma che “unificando in un’unica console la gestione delle identità, le applicazioni e l’enterprise mobility management – spiega Codifava – permette:
- all’It di avere sotto controllo tutti i servizi It, le applicazioni, i dispositivi e gli accessi degli utenti;
- agli utenti di poter accedere a dati ed applicazioni in qualsiasi momento e da qualsiasi dispositivo (ritrovando per esempio, grazie alla virtualizzazione desktop, il proprio ambiente di lavoro completo anche su un tablet)”.