L’edizione 2004 del Rapporto sull’Occupazione Ict in Italia, promosso da Federcomin, Anasin e Assinform e realizzato da Unioncamere, Università degli Studi di Milano Bicocca e NetConsulting, si è focalizzata sull’analisi dell’impatto che l’attuale situazione di criticità del mercato sta determinando sull’occupazione. Il primo obiettivo del Rapporto è stato quello di valutare il livello attuale e la dinamica di crescita dell’occupazione Ict, sia sul lato dei fornitori che degli utenti, e di analizzare l’ evoluzione dei profili professionali legati all’It e alle Telecomunicazioni, individuandone le ragioni sottostanti. Il secondo obiettivo è stato quello di rilevare l’attuale livello di penetrazione delle tecnologie presso le aziende utenti, cercando di cogliere eventuali segnali di evoluzione nella diffusione dell’uso delle tecnologie e nei corrispondenti profili degli utenti di tecnologie, distinti in Power User e Generic User in base al loro livello di competenze. Il Power User è un utente di tecnologia in grado di utilizzare in modo avanzato (cioè, usando in totale autonomia funzioni aggiuntive a quelle tradizionali, personalizzando il programma e la propria stazione di lavoro, eccetera) molteplici soluzioni applicative esistenti. I Generic User sono invece utenti di basso profilo, che usano in modo ripetitivo solo specifiche funzioni delle applicazioni o dei sistemi necessari all’adempimento della propria mansione, senza particolari capacità o caratteristiche di autonomia.
Nuove imprese e occupazione
La dinamica di crescita dell’occupazione sul lato dei fornitori dipende dall’andamento della domanda e del mercato; dalla capacità delle imprese di crescere dimensionalmente, ma anche dalla nascita di nuove imprese. Un primo elemento che emerge dal Rapporto è che lo stock di imprese Ict attive negli ultimi tre anni in Italia ha una dinamica di crescita apparentemente poco dipendente dall’andamento del mercato.
Il numero delle imprese Ict è infatti aumentato di quasi 5.000 unità dal 2000, nonostante le difficoltà del mercato, ed ha raggiunto la cifra di 85.600 a fine 2003.
Una quantità a dir poco patologica, se si pensa che sul mercato tedesco, che è circa tre volte quello italiano, operano 60.000 imprese. Questo dato è, tuttavia, soltanto apparente e nasconde una situazione molto più complessa.
Ci sono tre fattori correttivi importanti da considerare in proposito. Il primo è che all’interno di questo stock totale è sempre più consistente e crescente il numero delle imprese in situazione di criticità (sospese, in liquidazione, in fallimento). Queste ultime sono cresciute del 5.1% nell’ultimo anno ed hanno raggiunto 8.300 unità, pari al 9.6% del totale. Ne consegue che le imprese effettivamente attive sono circa 77.000 (vedi figura 1).
Le imprese Ict in italia per stato di criticità
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Fonte: Unioncamere
Il secondo fattore da considerare è che questa dinamica di natalità deriva prevalentemente da un elevato tasso di iscrizione di nuove imprese individuali. Ciò conferma un fenomeno già noto nell’Ict, e cioè che le persone che escono in età ancora relativamente giovane dal mercato del lavoro tendono a crearsi un nuovo impiego costituendo un’azienda. Possiamo quindi parlare di fenomeno diffuso di imprenditorializzazione della forza lavoro nel settore dell’Ict. Il terzo fattore, coerente con il secondo, è che depurando il dato aggregato dalle imprese non strutturate e senza dipendenti o con addetti non dipendenti, il numero effettivo di imprese che possono definirsi tali è di circa 28.000 soltanto.
La dinamica degli occupati Ict
Nel 2000 le 80.900 imprese del settore Ict iscritte al Registro delle Imprese occupavano 567.000 addetti (dipendenti e non dipendenti), mentre le 85.600 del 2003 ne occupano 608.000.
Il continuo aumento nominale di occupati Ict anche in periodi di recessione e di crisi settoriale è in parte dovuto alla modernizzazione del mercato del lavoro in senso europeo, che implica l’affermarsi della flessibilità quale caratteristica strutturale, ed in parte è legato al fatto che non viene rilevata dalle fonti statistiche nazionali l’ampiezza delle ore di lavoro perse a causa di processi di mobilità, solidarietà, cassa integrazione, eccetera. Ma la partecipazione allargata al mercato del lavoro nasconde sia l’implicita flessione del numero di ore lavorate pro-capite, sia l’aumento dei contratti atipici, come ad esempio il part-time. Se questo fattore investe indifferentemente tutti gli addetti (dipendenti e non) nel settore Ict, il fattore legato agli aspetti contrattuali e alla solidarietà vede come unici protagonisti i dipendenti, che rappresentano circa l’81% degli addetti.
Quindi, se si opera una misura basata sugli addetti a tempo pieno (FTE, full time equivalent), le imprese del settore Ict occupavano 550.000 addetti FTE nel 2000 e 578.000 nel 2003. La crescita occupazionale reale del comparto è dunque stata del 5,1% nel 2001; è calata a -0,2% nel 2002 ed è dello 0,2% nel 2003 (vedi figura 2).
Addetti full time equivalent del settore Ict (migliaia)
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Fonte: Unioncamere
Quello che è interessante analizzare è l’effetto della flessibilità sulle caratteristiche dell’occupazione nel settore dell’Ict. Infatti, il differenziale tra addetti nominali e addetti full time equivalent sta progressivamente aumentando, passando da 17.000 unità di lavoro equivalenti nel 2000 a 30.000 nel 2003, con una crescita rispetto all’anno precedente di ben il 36% . Ciò significa che l’occupazione del settore è aumentata in termini di addetti, ma sempre di più sono gli individui che, per scelte proprie o per cause esterne (cassa integrazione, mobilità), non lavorano a tempo pieno.
Come per il settore Ict, anche per le aziende utenti è possibile stimare il numero di addetti FTE con funzioni Ict. Nel 2003, dei circa 961.000 addetti Ict-FTE, 580.000 sono occupati direttamente nel settore Ict e i rimanenti 383.000 presso le aziende utenti.
Power user e Generic user
Nel biennio considerato, l’occupazione totale presso le aziende utenti di Ict è cresciuta ad un tasso medio annuo dell’1,4%, passando da 14,6 milioni nel 2002 a 15 milioni nel 2003. In quest’ultimo anno, il numero di Power User risulta di circa 3.950.000 unità, ovvero il 26,3% (26,7% l’incidenza nel 2001) del totale degli occupati dipendenti.
I Generic User risultano, invece, essere circa 6.965.000 (il 46,4% del totale, contro il 45,9% nel 2001). I restanti 4.085.000 occupati dipendenti sono costituiti dai cosiddetti No User, ovvero coloro le cui professioni non richiedono strumenti tecnologici (vedi figura 3).
Le competenze presso gli occupati dipendenti in Italia
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Fonte: elab. NetConsulting e Unimib su dati Istat
Analizzando i tassi di crescita del 2003 in rapporto al 2001, emergono delle marcate differenze fra le tre categorie di lavoratori: a fronte di una crescita complessiva dell’1,4% degli occupati dipendenti, si rileva la crescita sopra la media dei Generic User (+2,2%), e la sostanziale stazionarietà dei Power User (+0,6%). Questa perdita di terreno dei Power User tra gli occupati, evidenzia un sistema delle imprese che probabilmente, nell’arco del biennio in analisi, non è stato in grado di formare adeguatamente i dipendenti e di permettere alle loro competenze di crescere di pari passo con l’evoluzione tecnologica in atto. Un dato significativo, in tal senso, è rappresentato dagli investimenti in formazione It, che sono calati del 10,4% nel 2003.
Segnali di criticità e azioni da perseguire
L’indicazione più importante che proviene dal Rapporto di quest’anno è che l’andamento negativo prolungato del mercato comincia a generare impatti significativi sul mercato del lavoro, ovvero che, contrariamente al passato, l’occupazione sta diventando una variabile sempre più dipendente dall’andamento del mercato. Le criticità sono oggi evidenti a più livelli: nel numero delle imprese che si trovano in condizioni difficili; nella difficoltà delle imprese stesse a crescere dimensionalmente; nella flessibilizzazione e nella precarizzazione degli occupati; nello scarso sviluppo di competenze presso le aziende utenti; nella scarsità degli investimenti in formazione.
Le contromisure da adottare nei confronti di questa situazione sono numerose e complesse, perché complesso è il settore dell’Ict. Bisogna innanzitutto agire sui driver che contribuiscono a creare occupazione, favorendo: il consolidamento e la crescita delle imprese Ict; i processi di aggregazione tra queste imprese nell’ambito di ecosistemi costituiti da fornitori e partner complementari; le imprese nel cogliere opportunità che nascono dalla creazione di nuovi mercati attorno a nuove tecnologie; la pervasività e la qualità dell’utilizzo dell’It da parte degli utenti.
Tutto questo può contribuire a bilanciare e a contrastare una situazione che si presenta attualmente negativa e che la ripresa del mercato da sola non sarà in grado di correggere.