Prospettive

Il SaaS e la sfida del Change Management

Mentre il SaaS permette di introdurre velocemente nuovi sistemi informativi in azienda, è possibile sfruttare nuovi approcci per facilitare gli utenti nel processo di adozione, perché oggi più che mai il ritmo di innovazione non si misura con le tempistiche di rilascio dei sistemi ma con il ritmo di evoluzione delle prassi lavorative.

Pubblicato il 28 Nov 2017

Il SaaS e la sfida del Change Management

Dopo tanti anni di incertezze e tentennamenti, oggi non ci sono più dubbi sul futuro del cloud e sulla sua rilevanza. Dopo una fase iniziale nella quale il focus principale è stato quello della presunta riduzione dei costi, con la maturità di questo modello sono emersi chiaramente i vantaggi in termini di una fruizione di infrastrutture e applicazioni “as a service”; la promessa si è quindi concretizzata: sistemi informativi avanzati, rapidi da avviare, più semplici che in passato da gestire. Più sale il livello di servizio offerto dal cloud, più questo è vero: in quest’ottica è il SaaS (Software as a Service) il vero “game changer”, quello che cambia realmente il modo di realizzare servizi digitali e di fruirne. Con il Software as a Service non abbiamo più soluzioni create su misura sulla base delle indicazioni degli utenti interni, ma strumenti standard attivabili velocemente e fruibili via web.

Sembra tutto così rapido e semplice che sempre più spesso sono gli utenti finali ad approvvigionarsi direttamente dei servizi applicativi dal mercato esterno, disintermediando completamente la propria Direzione IT. In altri casi, Direzioni IT consapevoli e con l’obiettivo di dare risposte sistemiche alle necessità degli utenti, fanno da broker interni dei servizi SaaS, selezionandoli, integrandoli e gestendoli. Attività che si rivelano fondamentali quando parliamo di porzioni rilevanti e strategiche del Sistema Informativo aziendale.

In ogni caso, sia per gli utenti finali che per la Direzione IT, la promessa del cloud è vincente: accedere al meglio di quello che il mercato dell’offerta produce in tempi rapidissimi, senza barriere all’ingresso e senza paura di rimanere con sistemi obsoleti.

I limiti del SaaS

Esiste ovviamente un altro lato della medaglia, che evidenzia i limiti dei servizi SaaS. Innanzitutto hanno una elevata standardizzazione e perciò non sono adatti a tutti gli ambiti applicativi. Si può agire su di essi configurandoli, ma andare oltre quanto previsto non è possibile. Se abbiamo quindi esigenze particolari o processi molto specifici, è probabile che non si trovi una soluzione adeguata: occorre allora adattare le esigenze, non potendo adattare il software che le supporta. Non sempre questo è però un male, perché porta standardizzazione e spinge ad adottare best practice.

Sempre sul lato dei limiti, occorre considerare che questi servizi si evolvono sulla base di una loro road map, che il singolo utente e la singola azienda non possono determinare. Questa evoluzione è però frutto di una esperienza globale e gode di investimenti effettuati su larga scala, che hanno l’obiettivo di rendere questi servizi più performanti, più innovativi e più vicini alle esigenze dell’utente.

Sia che si adottino soluzioni SaaS, sia che si proceda in maniera tradizionale, un elemento non cambia: i sistemi informativi hanno valore se consentono di migliorare le prestazioni dei processi che supportano.

In tutti i progetti che hanno come obiettivo l’introduzione di un nuovo sistema informativo a supporto delle attività interne, quando possiamo infatti sentirci soddisfatti? Basta che il sistema funzioni come atteso per considerare il progetto un successo? Ovviamente un progetto è realmente finito, e ha successo, non quando il sistema funziona, ma quando gli utenti modificano il proprio comportamento e migliorano le prassi lavorative grazie a questi strumenti.

Per arrivare a questo obiettivo bisogna lavorare sull’adozione del sistema, ovvero sul concreto utilizzo da parte degli utenti, e il change management può essere considerato lo strumento principale che abilita questo processo.

Il problema è quindi comune, sia che si lavori in maniera tradizionale sia che si utilizzino soluzioni SaaS: come può cambiare il nostro approccio? Soppesando le sue diverse caratteristiche, il cloud è un alleato o un ostacolo al change management?

Il change management nei progetti tradizionali

Seguendo un approccio tradizionale si coinvolge l’utente in fase di analisi e gli si dà la possibilità di esprimere le proprie esigenze sotto forma di requisiti, di modo da plasmare il sistema informativo sulle sue esigenze. Nella migliore delle ipotesi l’utente finale, o comunque un suo rappresentante, è coinvolto quindi fin da subito in sessioni di analisi e partecipa attivamente alla progettazione della soluzione.

Questo coinvolgimento è la chiave per poi facilitare l’adozione: del resto, se confeziono un abito su misura per il mio utente, sono poi convinto che gli si adatterà perfettamente e non vedrà l’ora di usarlo. Passato del tempo, quando il sistema è rilasciato, basta estendere il coinvolgimento a tutti gli utenti, programmando sessioni di formazione, rilasciando manuali o tutorial e assicurando un supporto costante all’utilizzo.

Questo approccio è già una best practice, perché sappiamo come in realtà il change management sia sempre l’elemento più trascurato di un progetto. Spesso rimane in mezzo nell’attribuzione delle attività perché non è detto che la Direzione IT abbia commitment e competenze per gestire questa attività, mentre la formazione, all’interno della Direzione Risorse Umane, spesso non se ne interessa e il Business mantiene sul tema un approccio passivo e attendista.

Anche nel caso in cui il change management riceva la giusta attenzione, occorre scontrarsi con molti limiti, che rendono questo processo impegnativo e difficile.

Innanzitutto per gli utenti, anche se coinvolti fin da subito, non è facile comprendere ed esprimere le proprie esigenze in maniera corretta ed esaustiva. Il gap fra quello che si immagina e le funzionalità reali può essere molto grande, soprattutto per utenti non tecnici. Nonostante l’abito realizzato su misura, alla fine si scopre che le misure indicate erano sbagliate e che lo stile non calza con le esigenze di tutti gli utenti, ma solo del loro rappresentante.

Il change management diviene allora uno sforzo necessario per fare in modo che il sistema sia comunque utilizzato, ma purtroppo sappiamo che l’entità di questo sforzo sarà proporzionale, oltre che all’entità del cambiamento, anche al gap fra quello che si è realizzato e quello che servirà realmente.

L’impatto del SaaS sul change management

La progettualità tipica di un progetto SaaS è molto diversa. Pensiamo innanzitutto di poter comprimere tantissimo i tempi di progetto. Ma il tema del change management rimane, il processo di adozione del sistema non può certo scomparire.

Questo processo potrebbe essere anche più lungo e complesso, visto che non si è passata tutta quella fase di adeguamento alle necessità specifiche degli utenti. Quello che guadagniamo all’inizio lo perdiamo quindi in fase di adozione, vanificando ogni vantaggio?

Lungi dal considerare il change management come qualcosa non più utile, dobbiamo capire come cambia l’approccio: è più facile o più difficile assicurare l’adozione da parte degli utenti di un sistema SaaS?

Da una parte dobbiamo fare i conti con una limitata possibilità di assecondare i desiderata dell’utente, ma dall’altra abbiamo la possibilità di mettergli nelle mani il prima possibile qualcosa di funzionante per farne esperienza diretta. Chiudere il gap fra percezione e realtà è fondamentale, e in questo il cloud è un valido alleato. Solo grazie all’esperienza diretta è possibile capire realmente come modificare processi ed elementi organizzativi: per fare questo, l’apparente rigidità del SaaS funge da binario e ci permette di procedere speditamente, piuttosto che spaziare fra tante opzioni e prendere decisioni senza una chiara visione dell’obiettivo. I vincoli che il SaaS impone riducono perciò la complessità, ci mettono velocemente sulla strada corretta e ci impediscono di reinventarci “la ruota” ogni volta.

Occorre però gestire fin da subito le aspettative degli utenti, e per farlo occorre esplorare a fondo limiti e opportunità delle diverse soluzioni. I limiti non vanno nascosti ma vanno approfonditi, perché potrebbero rilevarsi vincoli insormontabili, mentre potremmo scoprire diverse funzionalità a cui non avremmo mai pensato, e che potrebbero dischiudere nuovi modi di lavorare più proficui.

Passare dalla teoria alla pratica è il modo migliore per cambiare, perché il cambiamento non è altro che un processo di apprendimento, ed è quindi molto più efficace se fatto sul campo.

Cambiando la logica tradizionale, abilitare il cambiamento non vuol dire assecondare gli utenti, sperando di diminuirne la resistenza, ma vuol dire permettere loro di provare e sperimentare concretamente cosa significa il cambiamento.

Change Management e cloud sono perciò alleati, e insieme possono farci fare un salto in avanti nella maturità di digitalizzazione dei processi aziendali. Dobbiamo però fare ancora più attenzione al processo di adozione, sebbene con approcci e attività diverse, perché oggi più che mai il ritmo di innovazione non si misura con le tempistiche di rilascio dei sistemi, ma con il ritmo di evoluzione delle prassi lavorative.

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