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IT Reskilling: come trattenere i talenti perfezionando le competenze



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L’inarrestabile evoluzione tecnologica e lo skill gap impongono alle imprese investimenti in reskilling delle proprie risorse. Una necessità, ma anche un’opportunità per creare engagement e ridurre il turnover. Scopriamo la situazione in ambito IT, come approcciare un percorso virtuoso e che strumenti usare

Pubblicato il 9 nov 2022



Reskilling

Legato all’accelerazione digitale che ha coinvolto tutti i settori, il termine reskilling è entrato nel linguaggio aziendale comune, con una naturale preferenza per la divisione HR. Posto che con esso si intende il processo di riqualificazione delle competenze interne, perché le imprese ci stanno investendo molto e qual è la situazione lato-IT?

Per inquadrare correttamente il fenomeno, nell’ormai lontano 2017 McKinsey stimò che fino a 375 milioni di lavoratori avrebbero dovuto cambiare occupazione o sviluppare nuove skill a causa del sempre maggiore affidamento sull’automazione e sulle potenzialità di AI. Si venne a creare un vero e proprio circolo vizioso: molte attività di routine divennero facilmente automatizzabili tramite approcci di Robotic Process Automation (poi hyperautomation) mentre nuove posizioni tecniche e manageriali – connesse con l’evoluzione verso l’azienda data-driven – divennero difficili da soddisfare con professionalità e skill adeguate. Il risultato è facilmente immaginabile: in uno studio recente, la stessa McKinsey sostiene che l’87% delle aziende soffra il fenomeno dello skill gap e meno della metà abbia idea di come gestirlo.

Reskilling, i benefici per le imprese

La riqualificazione professionale offre svariati benefici alle imprese, primo fra tutti la riduzione del turnover che, oltre a privarle di competenze pregiate, è un costo elevatissimo da sostenere. Tempo addietro, IBM sostenne che dare ai dipendenti accesso al training significa aumentare del 42% le possibilità che restino in azienda, e lo stesso vale chiaramente anche a livello di attrazione dei talenti. Secondo il Global Talent Trends 2022 di Mercer, l’investimento nell’upskilling/reskilling della forza lavoro è al sesto posto tra le priorità delle divisioni HR nel 2022.

Reskilling nel mondo IT: le skill più utili

L’IT è una divisione ideale per i progetti di riqualificazione professionale. Negli ultimi anni, i CIO hanno intensificato i propri sforzi in upskill, reskill e cross-train, in parte a causa delle motivazioni citate, ma anche per l’evoluzione rapidissima del fronte tecnologico e per tutelare al massimo l’employee engagement, che è alla base della retention.

Inoltre, molte divisioni IT di grandi aziende soffrono la competizione con i player del canale tech (i grandi system integrator, le software house e anche le startup innovative) che oltre a fornire ai candidati ambienti e prospettive stimolanti, oggi possono acquisire efficacemente risorse da ogni parte del globo grazie a svariate posizioni full-remote. Per molte aziende, reskilling è dunque l’unica arma vincente per non essere sopraffatti dallo skill gap.

È difficile pronunciarsi su quali siano le competenze più richieste nel mondo IT, proprio per la repentina evoluzione di questo tema. Fortunatamente, si verifica spesso un allineamento tra le esigenze dell’azienda e quelle del dipendente: molte delle competenze più richieste – tra cui quelle di gestione di modelli cloud, di cyber security e processi DevOps – sono anche quelle in cui i dipendenti acquisirebbero volentieri nuove capacità, ritenute strategiche per l’evoluzione della propria carriera.

Secondo la Computing Technology Industry Association (CompTIA) americana, sarebbero almeno 22 le tech-skill su cui si concentra la domanda nel 2022: dai cybersecurity analytics e da tutto il tema della compliance fino all’universo del data management, che per ovvii motivi ha subito un’impennata negli ultimi anni. Data Analyst, Data Scientist, Chief Data Officer e Data Engineer basano la propria attività professionale su capacità di modellazione matematica, di sviluppo con linguaggi come Python e R, ma senza dimenticare le forti competenze di dominio (soprattutto per gli “scientist”) e di data visualization. Fortissima richiesta, come anticipato, per tutte le competenze legate all’universo cloud, come configurazione, deployment, sicurezza, gestione di workload distribuiti in ambienti complessi, basati su modelli ibridi e multicloud.

Reskilling: i pilastri di una strategia efficace

Realizzata l’opportunità di sviluppare nuove competenze e abilità per i propri dipendenti, è necessario intraprendere il percorso corretto. Reskilling non è soltanto formazione, ma molto di più. È una cultura aziendale fondata sul continuo perfezionamento e sullo sviluppo di competenze in ambiti attigui o complementari del panorama tecnologico. Vediamo dunque alcuni pilastri.

  • Attenzione alle assunzioni. È molto importante valutare le soft skill e le attitudini individuali, focalizzando l’attenzione su chi ha a cuore il self-development. Questo sarà essenziale in chiave di upskill e reskill. Non dimentichiamo, infatti, che il reskill non è (solo) la risposta allo skill gap, quindi a un fattore patologico di mercato, ma anche all’evoluzione continua delle tecnologie a supporto dei modelli operativi aziendali.
  • Assessment continuo. Il management dovrebbe eseguire valutazioni periodiche circa la rifocalizzazione del personale IT su posizioni vacanti, così da favorire l’engagement e stimolare le persone ad acquisire nuove competenze.
  • Reskilling verso posizioni non tecniche. Chi opera nell’IT non va indirizzato unicamente verso altri ruoli tecnici, ma anche verso posizioni manageriali e di leadership extra IT. Il tutto, come al solito, per favorire l’engagement.
  • Prediligere una formazione pratica. Il trasferimento di conoscenza funziona meglio quando il bilanciamento tra apprendimento teorico e pratico è sbilanciato verso quest’ultimo. Il training on-the-job, unito alle giuste nozioni teoriche, conduce alla capacità di integrare le nuove skill nella realtà aziendale, nei suoi processi e modelli di business.

Gli strumenti per acquisire nuove competenze, non solo per aziende

Infine, un accenno allo sterminato mondo dell’offerta formativa in ambito tech, che oggi alterna l’ormai classico corso online alla formazione in aula, fino a piattaforme comprensive di pillole di formazione on-demand, corsi live, test di autovalutazione, laboratori, ambienti di programmazione e molto altro. Tali piattaforme possono essere adottate dalle imprese, configurate ad hoc (anche a livello di contenuto) da parte di agenzie specializzate, ma anche usufruite dai singoli, privatamente, per assecondare l’esigenza di imparare qualcosa di nuovo e di utile per la propria carriera.

Tra i volti noti del mondo IT, possiamo segnalare Pluralsight e A Cloud Guru, così come Codeacademy nel mondo dello sviluppo e Data Camp per specializzarsi nell’universo del data management e della data science. Da non trascurare, ovviamente, l’offerta formativa di svariate università italiane e straniere, alcune delle quali confluiscono in piattaforme online facilmente accessibili come le notissime Coursera e edX.

Per molti, esse rappresentano il punto di partenza della formazione individuale, per muovere i primi passi verso una nuova posizione in azienda o per specializzarsi e accelerare la propria carriera. Al punto che il noto corso di Computer Science di Harvard (CS50), disponibile gratuitamente su edX, ha superato i 2 milioni di studenti. Tutto ciò, in aggiunta al mondo delle certificazioni dei partner tecnologici, come Cisco, Microsoft, Amazon, RedHat e molti altri, alcune delle quali erogate direttamente online verso l’utente finale, altre attraverso enti di formazione certificati.

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