1° fase: conclusi 20 dei 134 progetti co-finanziati dal Mit

Il monitoraggio della 1° fase dell’e-government rileva un avanzamento medio del 73%, con il 50% dei progetti conclusi o prossimi alla conclusione, e il ministro stanca dichiara che agli enti in notevole ritardo verranno ritirati i finanziamenti già erogati

Pubblicato il 08 Set 2005

Nell’erogazione dei servizi ai cittadini, il “punto di vista” è l’elemento discriminante: se il “punto di vista” è quello della Pubblica Amministrazione si penserà allo sviluppo di soluzioni che consentanto alla Pa di essere più efficiente, di gestire più rapidamente il processo di erogazione del servizio, magari di spendere meno nell’erogarlo; se il “punto di vista” è quello del cittadino, le soluzioni implementate dovranno prendere in considerazione temi come la facilità di fruizione o il reale valore (per il cittadino, quindi, non per l’amministrazione) di un servizio erogato online. In un’impostazione del secondo tipo, alla base del Piano d’azione e-Europe al quale aderisce anche la Pa italiana, la focalizzazione sull’adozione delle nuove tecnologie è dunque sul front-end, là dove il cittadino si mette in contatto con la Pa per accedere ai servizi che lo interessano. Questo non significa che la riorganizzazione dei processi di back office non sia importante, ma implica un cambiamento di prospettiva: non semplicemente una Pa più efficiente, ma una Pa più efficace ossia una Pa che offra un servizio migliore e più aderente alle aspettative e alle richieste dei cittadini.
Questo cambio di prospettiva non è cosa da poco e, per quanto riguarda l’Italia, ha le sue radici normative nella legislazione che, negli anni ’90, ha dato il via allo snellimento delle procedure amministrative. Ora si tratta di rendere operativo questo approccio e per farlo il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie ha, prima di tutto, compiuto un’analisi dei servizi erogati dalla Pa e, sulla base di questa, delle esperienze già realizzate in altri paesi e delle indicazioni del piano europeo e-Europe, ha definito il quadro generale nel quale deve inserirsi lo sviluppo di progetti di e-government nel nostro paese. Gli allegati al primo avviso per la selezione dei progetti sull’attuazione dell’e-government dell’aprile 2002, e in particolare l’allegato 1 intitolato “Front office e servizi di e-government per cittadini e imprese”), illustrano questo quadro generale nel cui ambito sono stati poi co-finanziati i progetti della 1° fase.
È importante partire da questa premessa, prima di procedere con una fotografia dello stato dei servizi digitali della Pa, perché solo l’inquadramento dei singoli progetti in questa visione d’insieme ci permette di capire se quello che sta succedendo nella Pa sia davvero qualcosa di nuovo, basato su un rapporto diverso tra Pa e cittadino.

Quali i servizi necessari?
Prima di tutto bisogna chiarire una cosa: non stiamo parlando solo di Internet. La Rete, infatti, rappresenta solo uno dei canali attraverso i quali la Pa eroga i propri servizi. Ai canali virtuali, che oltre al Web comprendono anche la telefonia mobile, si affiancano canali fisici, dallo sportello unico ai call center all’utilizzo di reti terze (come gli Atm del sistema bancario, gli uffici postali, i tabaccai ecc.). Questo non significa che una pubblica amministrazione debba erogare contemporaneamente i propri servizi su tutti questi canali; l’approccio può, e deve, essere graduale, ma è indispensabile che quando si struttura un servizio, lo si “pensi” per essere erogabile, in prospettiva, in una logica di multicanalità.
Ma come identificare i servizi utili alla cittadinanza e quale metodologia utilizzare per definirne le modalità di erogazione? Facendo riferimento ad analoghe esperienze europee, il Mit ha sviluppato una metafora di comunicazione per i cittadini e le imprese (ricordiamo che in questo numero ci occuperemo solo dei servizi ai cittadini, mentre dedicheremo il numero di dicembre ai servizi alle imprese) basata sul concetto di “Eventi della vita” (Essere cittadino, Avere un figlio, Avere una famiglia, Vivere in salute, Abitare, Studiare, Lavorare, Percepire la pensione, Pagare le tasse, Fare e subire una denuncia, Usare un mezzo di trasporto, Vivere il tempo libero e la cultura, Fare sport, Andare all’estero, Vivere l’ambiente.): “È un chiaro esempio della nuova prospettiva della pubblica amministrazione: per facilitare il processo di fruizione dei servizi, la loro erogazione non viene strutturata in base all’organizzazione della Pa, ma alle necessità dell’utente”, spiega a ZeroUno Marco Gentili, responsabile Ufficio Monitoraggio e gestione progetti delle Regioni e degli Enti Locali del Cnipa. Questo significa che un cittadino dovrebbe trovare i servizi relativi a un determinato evento, per esempio “Avere una famiglia”, raggruppati nella stessa area, indipendentemente da quale sia l’ufficio di competenza dei singoli servizi. “Il Ministero ha poi definito un sottoinsieme di 80 servizi, 40 per i cittadini e 40 per le imprese, che ha considerato prioritari e che hanno rappresentato la base per la scelta dei progetti che potevano accedere al co-finanziamento della prima fase dell’e-government”, precisa Gentili.

Marco Gentili
responsabile Ufficio Monitoraggio e gestione progetti delle Regioni e degli Enti Locali del Cnipa

Un aspetto importante di questa definizione generale dei servizi e dell’ulteriore specificazione dei servizi prioritari è stata l’introduzione del concetto di “falso servizio”, ossia quei servizi che non forniscono alcun valore al cittadino (per esempio certificati di un ente che contengono informazioni già in possesso della Pa); si tratta di un concetto importante perché è la trasposizione operativa della semplificazione amministrativa messa in atto a partire dagli anni ’90; inoltre l’eliminazione dei “falsi servizi” può contribuire a ridisegnare i processi di back office. Manca ancora un tassello per completare questa “visione” generale dei servizi ed è quello che riguarda i livelli di interazione tra utenti e Pa per i servizi erogati online. Il Mit ha fatto propria la classificazione dei livelli di interazione definiti dall’Unione Europea: Livello 1 (Informazione) dove il sito fornisce solo le informazioni necessarie per avviare la procedura che porta all’erogazione del servizio; Livello 2 (Interazione ad una via), quando un sito permette di ottenere on line i moduli per la richiesta di erogazione del servizio che dovrà poi essere inoltrata per canali tradizionali; Livello 3 (Interazione a due vie), quando è possibile avviare online la procedura di erogazione del servizio (per esempio un modulo da riempire e inviare on line), ma viene garantita solo la presa in carico dei dati e non la loro elaborazione; Livello 4 (Transazione), il livello più elevato di interazione si realizza quando il sito permette all’utente di fruire di un servizio interamente online, incluso l’eventuale pagamento del suo costo. Nel definire il quadro generale, il Mit ha espresso l’aspirazione di portare a livello 3 i servizi maggiormente utilizzati dagli utenti nell’arco di uno o due anni dalla partenza dei progetti e di sperimentare, nel maggior numero possibile di amministrazioni, un’interattività completa di pagamento (livello 4) per i servizi prioritari.

I servizi monitorati
Un monitoraggio puntuale dei servizi rilasciati è possibile solo sui 134 progetti co-finanziati dal Mit, per i quali è stato approntato un apposito ufficio del Cnipa, ma non dobbiamo dimenticare che questi progetti rappresentano solo una parte (e certamente non quella più grande) dei servizi rilasciati online dalle amministrazioni locali. Per una visione complessiva dello stato dei servizi online della Pal faremo quindi riferimento all’Osservatorio servizi online ) del Progetto Crc che ha intrapreso un lavoro di ricognizione sui 1.112 comuni italiani con popolazione superiore ai 10 mila abitanti. Veniamo ora ai progetti co-finanziati dal Mit: “Tutti i progetti si concentrano su alcuni eventi della vita (essere cittadini, pagare le tasse, studiare e vivere in salute), mentre le altre aree sono coperte in maniera minoritaria. Dal punto di vista dei rilasci – spiega Gentili – i 134 progetti prevedevano l’erogazione di 2.137 servizi ai cittadini; dei 134 sono 98 quelli che prevedevano di rilasciare almeno un servizio ai cittadini, gli altri sono riservati esclusivamente alle imprese [ricordiamo che ai servizi alle imprese verrà dedicatala prossima uscita di “L’innovazione della PAL” n.d.r.] e oggi i cittadini possono accedere, attraverso vari canali, a 558 servizi. L’ambito territoriale sul quale questi servizi sono stati rilasciati interessa una popolazione amministrata di 11 milioni di abitanti, a fronte di un totale di 37 milioni quando saranno rilasciati tutti i servizi”. Bisogna comunque considerare che questa situazione è in continua evoluzione (i dati aggiornati vengono pubblicati sul sito del Cnipa, http://www.cnipa.it/, dove sta anche per essere reso disponibile una versione semplificata dello strumento di knowledge management che, con un aggiornamento settimanale, consentirà di analizzare i dati provenienti dal monitoraggio, mettendo a disposizione dell’utente generico una sorta di “cruscotto del monitoraggio”): “Naturalmente nella fase iniziale di realizzazione dei progetti, il rilascio dei servizi è stato estremamente limitato. Oggi lo stadio di avanzamento dei progetti si aggira intorno al 73% (con il 50% dei progetti che si è concluso o è prossimo alla conclusione) e abbiamo avuto una fortissima impennata nel rilascio dei servizi”, specifica Gentili (si veda figura 1). Per quanto riguarda i livelli di interattività, sempre facendo esclusivo riferimento ai servizi ai cittadini, la previsione era decisamente molto più ottimista di quanto non si sia finora concretizzato: “La previsione era fortemente sbilanciata sui livelli 3 e 4 con 677 servizi nel primo caso e 670 nel secondo, ma se finora i servizi di interattività 3 sono solo 82, quelli di interattività 4 sono 120”, precisa Gentili.
Non è invece ancora possibile fare un’analisi dell’utilizzo perché i servizi sono ancora troppo pochi e rilasciati da troppo poco tempo, “inoltre – aggiunge Gentili – la disponibilità di questi servizi non è stata ancora sufficientemente comunicata quindi non credo sia possibile avere risposte serie e attendibili prima di 12-18 mesi”.

Figura 1 – Andamento del rilascio di servizi ai cittadini dei progetti co-finanziati dal Mit
(clicca sull’immagine per ingrandirla)

-98 progetti coinvolti su 134 considerati (74%)
-558 servizi rilasciati sui 2.137 previsti (26%)
-10,9 milioni di cittadini interessati su 37,4 milioni (29%)

Fonte: Cnipa, rilevazione settembre 2005


Quali problemi
Dato che il completamento dei progetti era previsto nell’arco dei due anni, c’è sicuramente un ritardo, ma se in alcuni casi è minimo oppure si rileva un netto “recupero” dopo una più difficoltosa fase iniziale, in altri (come nel caso dei 21 progetti dove lo stato di avanzamento lavori è inferiore al 25%) la situazione è molto più grave.
Derivano proprio dall’analisi di questi ultimi dati le dichiarazioni del ministro Lucio Stanca che hanno probabilmente fatto fare un salto sulla sedia ai responsabili delle amministrazioni ritardatarie.
In varie occasioni, il ministro ha infatti dichiarato che “in questi tre anni è emersa una diversa capacità di spesa da parte degli enti locali e, quindi, per ottimizzare i finanziamenti statali erogati per la realizzazione dell’e-Government verranno revocate le risorse relative a progetti in presenza di grave ritardo esecutivo [il recupero di risorse finanziarie ipotizzato è di 14 milioni di euro n.d.r]. Talvolta, infatti, c’è una lentezza nell’utilizzo delle risorse. È un non senso nei confronti dell’innovazione perché per parecchi progetti non si fa in tempo a realizzarli che debbono essere rivisti in quanto la tecnologica digitale non aspetta, ma cambia e si evolve”.
Con Gentili abbiamo cercato di capire i motivi di questi ritardi: “Abbiamo identificato fondamentalmente sei cause. In primo luogo sono risultati essere più a rischio i progetti che hanno aggregato un numero molto elevato di enti. È poi risultato problematico l’elevato turnover dei referenti di progetto che sono passati ad altri incarichi. Ci siamo poi resi conto che non è stato correttamente pianificato il tempo di espletamento delle gare che è risultato essere molto più lungo del previsto. Alcuni ritardi sono poi stati determinati dal verificarsi di un fenomeno abbastanza recente e che riguarda i ricorsi sulle gare pubbliche, fenomeno che stiamo cercando di arginare grazie alle Linee guida sulla qualità dei beni e dei servizi Ict per la definizione e il governo dei contratti della PA [vedi ZeroUno n. 275, articolo a pag. 41 e n. 282 a pag. 80 ndr]. Vi è poi tutta una serie di adempimenti amministrativi propedeutici all’erogazione dei servizi online, per rendere operativi i quali bisogna emettere dispositivi normativi (circolari interne ecc.) e questo può comportare riardi se non vengono effettuati nei tempi giusti. L’ultima causa, infine, è frutto di quelle precedenti e riguarda la dinamica normativa: questi progetti sono stati pensati nel 2002 e nell’arco di questi tre anni sono state emanate nuove leggi, disposizioni normative che hanno, per esempio, modificato i compiti delle diverse amministrazioni con un conseguente impatto sui progetti stessi”.
Positiva, infine, la considerazione riguardante tecnologia e vendor Ict: “Quello che conforta è che tra le cause di ritardo non compaiono inadempienze di fornitori esterni o problematiche di natura tecnica informatica”, aggiunge infatti Gentili.

Figura 3 – Suddivisione geografica dei siti e dei servizi disponibili
(clicca sull’immagine per ingrandirla)

Fonte: Osservatorio Crc, marzo 2005

Figura 4 – I primi 10 servizi interattivi più diffusi tra i Comuni

Fonte: Osservatorio Crc, marzo 2005

Attenzione ai confronti fuorvianti
Per avere un quadro più generale dei servizi offerti online dalle amministrazioni italiane, passiamo ora ai dati resi disponibili dall’Osservatorio Crc che, come dicevamo, si basano su una ricognizione (ossia una vera e propria visita online) dei siti di 1.112 Comuni. Rimandiamo invece al riquadro in fondo all’articolo per un confronto comparativo sullo svilupo dei servizi online nei paesi europei. Nel prendere visione di questi dati bisogna però tener presente un’osservazione di Gentili: “Si tratta di un approccio che consente di verificare quali e quanti sono in effetti i servizi rilasciati online dalla Pa, quale il loro livello di fruibilità e interattività. Ma questi dati rischiano di essere distorcenti se presi come unico punto di riferimento per valutare il livello di e-government raggiunto da un paese”.
Facciamo due esempi che sono abbastanza chiarificatori del concetto. Quando in queste classificazioni troviamo l’Italia al primo posto per il fisco telematico, è perché visitando il sito dell’Agenzia delle Entrate si trovano i servizi per pagare le tasse online. Se guardiamo i siti francesi non troviamo nulla del genere e si potrebbe pensare che la Francia sia molto più indietro dell’Italia, ma c’è un piccolo particolare: il cittadino francese riceve una volta l’anno l’equivalente del nostro Unico già compilato e, se non riscontra errori, lo firma e lo rispedisce (senza pagare il francobollo). È evidente che, in questo caso, non c’è alcun bisogno di rendere disponibile online questo servizio. Quindi, chi offre un servizio migliore l’Italia o la Francia? Un esempio contrapposto può essere quello relativo al rilascio delle targhe: in Italia non abbiamo servizi online per poter targare le auto perché nel nostro paese il problema è stato risolto delegando questa attività alla rete di intermediazione dei concessionari; se si guardano i siti svedesi si trovano i servizi online per poter gestire il problema della targa. Ma anche qui, ripetiamo la domanda: chi offre un servizio più funzionale al cittadino, l’Italia o la Svezia? “Oggi – sottolinea Gentili – si è erroneamente trasformato l’e-government soltanto nel concetto di servizi online. In realtà, e-government significa sicuramente innovazione tecnologica al servizio di una modalità innovativa di interagire con la PA, ma questa modalità innovativa può anche comprendere l’utilizzo di canali tradizionali”.

Solo il 24% offre servizi interattivi
L’analisi compiuta dall’Osservatorio Crc è supportata dalla specifica Metodologia d’Indagine sui Servizi On Line di Regioni ed Enti locali (acronimo MI-SOL-RE) appositamente sviluppata sulla base di diversi approcci preesistenti e dell’esperienza territoriale della rete Crc.
La prospettiva di osservazione utilizzata da MI-SOL-RE è quella degli utenti del servizio. A partire dalla parte di home page o pagina che contiene i servizi visibilmente più interattivi e proseguendo sulle altre parti del sito istituzionale, i rilevatori hanno recensito tutti i servizi disponibili sui siti, cercando fino al 3° livello di profondità (due click a partire dalla home page o da una eventuale pagina specificatamente dedicata ai servizi online offerti dal sito). Per ogni servizio individuato e recensito è stata valutata la presenza di 13 possibili variabili, 10 relative all’interattività e 3 alle forme di autenticazione del servizio stesso. A fine aprile, quando sono stati resi disponibili i dati complessivi della rilevazione, erano stati analizzati i siti di 960 Comuni (sui 1.112 considerati), di questi il 92,2% ha un sito Internet istituzionale, ma la percentuale di quelli che offrono un servizio online scende all’83,6% e addirittura al 24,6% se parliamo di servizi interattivi. Tra i 623 servizi interattivi censiti in totale, 323 permettono o richiedono l’autenticazione dell’utente e 436 contengono informazioni. L’indagine territoriale (figura 3) evidenzia che il Nord Est registra il valore massimo (98,2%) nella disponibilità di siti Internet mentre il valore più basso (dato scontato) è nell’area Sud e isole (82,7%).
Il divario tra Nord e Sud è più ampio se si va ad analizzare la percentuale di siti web comunali dotati di servizi online: 96,8% nel Nord Est, 73,4% per Sud e isole. Analizzando infine i siti web dei comuni dotati di servizi online interattivi, si rileva che la media nazionale non supera il 24,6%; con l’eccezione del Nord Ovest, che vanta una quota di servizi interattivi pari al 44,4%, nelle altre aree geografiche si registrano il 28,8% del Nord Est, il 20,8% del Centro e il 13,1% di Sud e isole. La disponibilità di bandi e avvisi pubblici (65,6%), la fruizione di atti amministrativi (50,9%), la modulistica precompilata per operazioni di autocertificazione guidata (45%) e il pagamento dell’Ici (55,2%) sono i principali servizi online disponibili, insieme a concorsi pubblici, autorizzazioni e concessioni edilizie, pagamento della tassa sui rifiuti. Sei dei primi dieci sono Servizi prioritari (vedi figura 4). Il Pagamento dell’Ici è il servizio interattivo più diffuso e, relativamente a questo servizio, l’Osservatorio Crc ha reso noti i dati aggiornati a fine giugno, dai quali risulta che dagli 83 della rilevazione di marzo, si è passati a 154 (vedi figura 5). Nel prendere in considerazione questi dati, però, bisogna tenere presente che, grazie al servizio offerto da soggetti terzi che gestiscono il pagamento dell’Ici per conto dei Comuni, il fenomeno interessa anche molti piccoli Comuni non presi in considerazione dall’analisi.

Figura 5 – Dati relativi al pagamento dell’ICI online


Fonte: Osservatorio Crc, giugno 2005


L’Italia in Europa
Scarica l’indagine completa
Studio Capgemini I Servizi Pubblici on line. L’Italia in Europa

Cap Gemini compie dal 2001, per conto della Direzione Generale Società dell’Informazione e Media della Commissione Europea l’analisi comparativa sul livello di sviluppo e di adozione dei servizi pubblici online nei più importanti paesi europei. L’analisi comparativa confronta 20 servizi pubblici di base rivolti al cittadino e alle imprese suddivisi in quattro classi.
Le prime due classi riguardano i servizi in cui gli utenti devono interagire con la pubblica amministrazione per assolvere obblighi finanziari o informativi (nel primo caso, per esempio, il pagamento delle tasse, nel secondo la registrazione di una nascita). Le altre due classi coprono, invece, le modalità di erogazione di servizi dalla pubblica amministrazione all’utente. Fin dalle prime rilevazioni sono stati coinvolti 18 Paesi: ai primi 15 Paesi membri dell’UE si sono aggiunti Islanda, Norvegia e Svizzera. A partire dall’ultima rilevazione, dell’ottobre 2004, il campione dei Paesi coinvolti è stato allargato ai 10 nuovi Paesi membri dell’Unione.

Fig. 2 – Livello di completezza dei servizi online
(clicca sull’immagine per ingrandirla)

Fonte: Capgemini per la Commissionee europea sulla Società dell’informazione, febbraio 2005

Per non incorrere nell’errore evidenziato da Marco Gentili nel corso dell’articolo (si veda la parte "Attenzione ai confronti fuorvianti") è importante sottolineare che lo studio risponde sostanzialmente a queste due domande: Quanto sono sofisticate le soluzioni disponibili on-line? E quanto sono complete? L’indagine ci può quindi dire il livello di disponibilità e di sofisticazione di servizi online, ma non può rappresentare un metro di misura per valutare la qualità dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione nel suo complesso. Andando ai risultati dell’ultima rilevazione, ufficializzati dalla Comunità Europea nel marzo scorso, ne esce un’Italia ben posizionata, ma con alcune precise aree di miglioramento. Per quanto riguarda la sofisticazione, l’Italia presenta un livello complessivo pari a 72% esattamente allineato alla media dei 18 Paesi inizialmente coinvolti nello studio, e si colloca così all’11° posto, immediatamente dopo Francia (74%) e Spagna (73%).
Il quadro italiano migliora se si sposta l’attenzione sul livello di completezza dei servizi online (figura 2). L’Italia, infatti, presenta un livello di completezza pari a 53%, contro un valore medio per i 18 Paesi pari a 46%, il che colloca il nostro Paese all’8° posto, prima della Francia (50%) e dopo la Spagna (55%).
In sostanza l’Italia ha mediamente mantenuto il passo del resto d’Europa nello sviluppo dei servizi pubblici online.

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