Visive, uditive, motorie o cognitive, per milioni di cittadini europei permanenti e per tutti gli altri potenzialmente situazionali, le disabilità non sono da considerare un “tema di nicchia” e tanto meno quello dell’accessibilità in ambito digitale, in particolare quella riferita ai siti web, app e servizi online. Ciò che fa ben sperare l’Europa, AgID e le corrispondenti amministrazioni esistenti in ogni suo Paese, sono tutte le attività di valutazione messe in campo attraverso diversi “punti di controllo digitali” della PA per dare vita ad un percorso efficace di miglioramento generale, esteso in maniera uguale e capillare ad ogni soggetto pubblico europeo, riaffermando il diritto di tutti ad accedere e usufruire di servizi digitali.
Dopo quasi due anni di intenso lavoro, lo scorso Dicembre l’Italia ha inviato alla Commissione Europea la prima relazione sul monitoraggio dell’accessibilità dei siti web e app nazionali, come richiesto dalla Direttiva 2016/2102, un documento che racconta una complessa, frammentata e non equa realtà. Tante le discrepanze e differenze tra le numerose situazioni presenti nella penisola, ma anche diverse eccellenze e best practices.
Errori, intenti e consapevolezze di una PA con siti web non per tutti
È solo con pazienza e tenacia, le stessa con cui il team di AgID ha “studiato” per mesi i siti della PA, che si può approcciare il tema dell’accessibilità web in modo serio, ben comprendendo che il suo raggiungimento richiede una serie di innumerevoli controlli ed interventi per poter essere certi ormai di non escludere davvero nessuno dalla dimensione digitale della pubblica amministrazione, anche in scenari difficili come con il recente evento pandemico.
La relazione AgID in tal senso rappresenta uno strumento unico e prezioso, “con dati tecnici puntuali, specifici, utili non solo per la stessa AgID ma per tutti gli stakeholders coinvolti nel processo di progettazione , sviluppo web e manutenzione di siti e app, pubblici e privati applicando finalmente il concetto di “Universal Design” – spiega Claudio Celeghin, Responsabile Servizio “Sviluppo web e communities” di AgID che ha guidato la realizzazione del documento – conoscere, con ragionevole precisione, quali sono gli errori più ricorrenti presenti su siti e app aiuta le amministrazioni , dirigenti, tecnici a verificare i propri servizi digitali e ridurre progressivamente le criticità in essere”.
Partendo da un rilevamento dei buoni propositi – gli obiettivi di accessibilità pubblicati ogni anno dalle PA – l’attività più urgente per oltre la metà delle realtà monitorate è quella riguardante il rifacimento integrale di siti e app, un segnale di consapevolezza importante. Emerge anche una voglia di mettersi in discussione rappresentata da un 25% intenzionato a riorganizzare i propri processi interni per migliorarne la gestione ed evitare, ad esempio, la pubblicazione di pdf scansionati, “la cartina tornasole di un iter interno non strutturato e non ancora del tutto digitalizzato” come fa notare Celenghin apprezzando allo stesso modo la consapevolezza di quel 20% di PA che vorrebbe puntare alla formazione per aumentare il proprio livello di accessibilità digitale, un campo in cui AgID è fortemente coinvolto.
Chiamate ad autovalutare il proprio livello di conformità scegliendo tra le tre categorie stabilite dalla Commissione Europea, circa la metà delle PA partecipanti si è detta parzialmente conforme (circa 10.000), mentre circa 7000 sono quelle convinte di essere perfettamente in ordine e solo 450 le amministrazioni pronte a dichiarare la propria totale inadeguatezza. “È una prima analisi utile all’Europa per avere un’ idea complessiva del livello di accessibilità europeo e degli esiti raggiunti grazie al recepimento ed attuazione delle Direttive emanate” spiega Celeghin che è però verso monitoraggio attivo da parte di AGID su un campione definito di circa 1300 siti della PA che dirige la propria attenzione per catturare gli spunti più importanti su cui lavorare in futuro e su cui spingere la PA e le aziende che le affiancano a intervenire.
Se non sorprende di scoprire un Nord più accessibile del Sud, può invece esserlo quello legato a tutte le criticità dei siti web riguardanti i comparti della PA che sono associati al tema della protezione sociale e salute, “un gap da colmare in modo urgente” portandoli per lo meno al livello di quelli monitorati negli ambiti della pubblica sicurezza, dell’occupazione e della fiscalità, che in media spiccano per efficienza e usabilità.
Esplorando ancora più a fondo nelle pagine dei siti web che milioni di cittadini si trovano a consultare spesso in cerca di servizi o informazioni, AgID ha stilato poi l’elenco degli errori più frequenti incontrati, tra cui:
- Le informazioni, la struttura e le relazioni tra elementi non sono determinate programmaticamente o non sono disponibili nel testo.
- struttura e aree delle pagine web senza valore semantico;
- tabelle dati con celle di intestazione (prima riga e/o prima colonna) non correttamente codificate;
- campi input non correttamente associati alla rispettiva etichetta;
- focus non visibili
- contrasto minimo per i contenuti testuali
- scopo del collegamento non univoco;
- contenuti non testuali per le immagini.
- captcha basati su un solo canale sensoriale,
Se alcuni sono aspetti possono compromettere una corretta veicolazione dei contenuti da parte delle tecnologie assistive e possono essere colti da chi le utilizza o principalmente dai tecnici dell’accessibilità, altri, come quelli riguardanti l’uso del colore, possono impattare in modo anche significativo sul livello generale di fruibilità del sito, a prescindere da specifiche disabilità situazionali o permanenti.
La voce dei cittadini e l’Accessibility Act spingono il cambiamento
“L’accessibilità ha acquisito una dimensione europea” con la richiesta della Commissione che ha impegnato un team AgID per quasi due anni e che secondo Celeghin rappresenta “un grosso passo avanti di sensibilizzazione che promuove una vera e propria cultura dell’accessibilità e sprona tutte le amministrazioni europee affinché il livello di accessibilità minima sia raggiunto da tutti gli Stati europei.”
Oltre a questa evoluzione che apre a nuovi scenari da valutare a lungo termine, ci sono dei progressi da registrare anche dal punto di vista operativo e con più immediato riscontro. L’introduzione della possibilità per i cittadini di inviare delle segnalazioni riguardanti usabilità ed accessibilità di siti e di servizi digitali della PA, anche chiamando in causa il Difensore civico per il digitale in caso di non risposta, ha ad esempio aumentato il livello di responsabilizzazione da parte delle PA dando allo stesso tempo la possibilità a tutti i cittadini di poter evidenziare eventuali criticità in tale ambito.
Per giugno di quest’anno è atteso il recepimento dell’Accessibility Act da parte dell’Italia “che arriverà a coinvolgere anche tutto il settore privato e in modo piuttosto significativo, prevedendo per giugno 2025 l’estensione delle misure per l’accessibilità a siti web privati ma anche a tutti i supporti e i dispositivi utilizzati per fornire servizi e informazioni ai cittadini, come i cartelli e i tabelloni del trasporto pubblico oppure i siti di ecommerce” spiega Celeghin. E aggiunge: “alla luce di questi importanti avanzamenti, nei panni di uno sviluppatore o di un’azienda del settore mi porrei seriamente il problema di acquisire le competenze sul tema perché saranno molto richieste nei prossimi anni”.
Per la pubblica amministrazione è AgID stessa impegnata da tempo in un corposo lavoro di sensibilizzazione e di formazione per far capire che l’accessibilità richiede un approccio by design, idealmente con il coinvolgimento di un numero sufficiente di persone rappresentative delle diverse disabilità all’interno possibilmente di un gruppo di lavoro dedicato all’accessibilità, per le aziende potrebbe essere vincente una strategia analoga. Esistono già da tempo regole molto chiare per chi lavora con la PA e sa che deve fornire siti web con precise caratteristiche, ma quello su cui si vuole sperare è un ruolo proattivo e un approccio partecipativo da parte del mondo delle imprese tecnologiche che potrebbero con il loro know how semplificare e velocizzare l’erogazione di servizi e siti davvero dedicati a tutti i cittadini.
Progetto Farfalla: dall’università una toolbar pronta all’uso
Anche dal mondo dell’università possono arrivare spunti interessanti, pronti a diventare iniziative imprenditoriali. Un esempio è il Progetto Farfalla, uno strumento “che non rende magicamente accessibile un sito rispondendo a Legge Stanca ma vuole essere universalmente utile migliorando l’esperienza dell’utente con disabilità ma anche di quello semplicemente stanco o anziano” spiega il creatore Andrea Mangiatordi, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione all’Università di Milano-Bicocca. Il suo obiettivo è di sviluppare delle funzionalità che vadano oltre a ciò che offrono le altre tecnologie assistive: “non miro a fornire l’ennesima alternativa a software già esistenti e diffusi ma ad annullare quel gap che si forma sempre laddove un sito web non è mai 100% compatibile con gli strumenti che le persone con disabilità sfruttano”.
Gli utenti con bisogni speciali che navigano nel web devono fare i conti ogni giorno con un forte problema di consistency che disorienta: ogni portale ha comandi, funzionalità e approcci diversi per garantire l’accessibilità. Mangiatordi ha quindi pensato ad una sorta di “coltellino svizzero dell’accessibilità” che, indipendentemente dalla tipologia di sito web, crei elementi di interfaccia aggiuntivi, sempre uguali e riconoscibili, per fornire funzionalità che migliorino l’usabilità e la fruibilità.
Si tratta di una toolbar che può essere inclusa in un sito web semplicemente incollando nel HTML del sito una riga di codice, “chi ha un suo sito, con Progetto Farfalla può quindi inserire questo strumento e comparirà una icona con un ingranaggio da cui selezionare le diverse funzionalità – spiega Mangiatordi – e anche gli utenti possono ricorrere a questo toolbar attraverso un link speciale da salvare nei preferiti e da cliccare quando si sta visitando un portale poco accessibile”. Dall’ingrandimento dei caratteri a quello della freccia del mouse, dalla funzione che trasforma tutto maiuscolo agli 11 schemi di colore ad alto contrasto tra cui scegliere testati per diversi tipi di ipovisione ma nella “rotellina” si nascondono anche miglioramenti per chi soffre di dislessia e la possibilità di utilizzare la tastiera su schermo. A dimostrazione di come l’accessibilità sia una mission di ampio respiro, quest’ultima funzionalità si sta rivelando utile soprattutto per utenti con background culturali diversi, ad esempio arabofoni, che spesso si trovavano costretti a navigare con lo smartphone per poter usare i tasti con il proprio idioma.
Mantenendo sempre il codice libero, e l’utilizzo gratuito per gli utenti che ne hanno bisogno, Mangiatordi ha ora intenzione di dare al progetto un taglio imprenditoriale proponendo un abbonamento per chi vuole avere la toolbar del progetto Farfalla sul proprio sito senza spendere tempo e competenze nell’impostare, configurare e avviare quello che diventerebbe un servizio per migliorarne la user experience offerta. Nel frattempo lavora per aggiungere un sistema sintesi di vocale, offrendo la possibilità di trasformare in audio in real time un qualsiasi testo selezionato, e per risolvere il problema della mancanza di testi alternativi per le immagini, utilizzando l’intelligenza artificiale per ottenere le descrizioni automatiche da associarvi. Arricchendo le opzioni che compariranno cliccando l’icona, Mangiatordi sogna di far diventare Farfalla un progetto di ricerca internazionale nel filone Erasmus Plus per testarlo nel contesto internazionale e portare avanti la sua mission anche fuori dai confini italiani cercando quella dimensione europea che l’accessibilità è destinata presto a raggiungere anche dal punto di vista ufficiale.