Edison e i suoi clienti: investire insieme in energia

Il piano globale della sostenibilità obbliga tutti i paesi a prendere misure concrete per ridurre le emissioni nocive e favorire l’impiego di energie rinnovabili. Edison, per aiutare le aziende a compiere scelte in questa direzione, ha ideato un progetto per condividere con esse gli sforzi economici. Lo illustra a ZeroUno Paolo Quaini (nella foto), responsabile della  Business Unit Efficienza energetica e sviluppo sostenibile di Edison

Pubblicato il 23 Giu 2009

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La proposta di Edison al mercato, cioè investire insieme sull’efficienza energetica, può portare benefici in termini di risparmio e facilitare il rispetto degli obiettivi UE per il 2020. Con Paolo Quaini, che in Edison è responsabile della Business Unit Efficienza energetica e sviluppo sostenibile, abbiamo cercato di capire come funziona la proposta.
Nel 2020 la direttiva europea detta “20-20-20” impone agli Stati membri di innalzare la quota di energia da fonti rinnovabili per consumi primari dall’attuale 8,5% al 20% entro quella data; rispetto ai livelli del 2005, l’Italia dovrà tagliare il 13%di emissioni di CO2 nei settori non inclusi nel sistema di scambio di emissioni (Ets) e dovrà aumentare del 17% i consumi energetici da fonti rinnovabili. Nel luglio 2007 il governo ha varato un piano d’azione per l’efficienza energetica che fissa al 2016 una riduzione dei consumi di energia primaria pari a 10 Mtep (Mni tonnellate equivalente petrolio), così suddivisi: 7 tra terziario e residenziale, 2 nei trasporti e 1,8 nell’industria. Gli obiettivi fissati dalla UE impongono di triplicare i risultati previsti dall’attuale piano d’azione per il 2016, quindi il tema del risparmio energetico impatta direttamente sulla competitività del sistema Paese.
Gli sforzi maggiori, se vogliamo allinearci alle direttive UE ed evitare ulteriori esborsi di denaro, vanno perciò compiuti sul fronte del tessuto industriale del Paese. L’industria sembra restia a intervenire sul proprio apparato produttivo, soprattutto nei settori ad alto consumo di energia dati i tempi di ritorno degli investimenti molto lunghi e ancora inadeguate garanzie e misure a supporto degli interventi. Edison ha deciso di superare queste difficoltà, trasformando un problema in uno strumento per aggredire un mercato competitivo in cui si trova a confrontarsi con due campioni nazionali come Eni ed Enel, e con tanti campioncini emanazione degli Enti Locali, come ad esempio A2A.
“Per farsi largo nel mercato – spiega Quaini – Edison ha deciso di mettere in pratica un approccio innovativo, diventando partner dei propri clienti nell’obiettivo di giungere all’ottimizzazione delle loro risorse energetiche e in questo modo, come ricaduta, ottenere risultati anche sul piano generale della sostenibilità”. Si tratta di un caso classico di gioco win-win, se si ottengono benefici vengono suddivisi equamente: il cliente riduce la sua bolletta energetica, Edison ne fa un elemento di competitività: allarga il suo mercato e fidelizza il cliente per un periodo sufficientemente lungo.
“Inoltre – continua Quaini – con questo approccio soddisfiamo anche l’esigenza di Edison di dare un contributo in termini di responsabilità sociale per un’economia più sostenibile, e lo facciamo su un elemento decisivo per la competitività aziendale, non come atto di semplice solidarietà. Inoltre, lo testiamo direttamente su di noi, come dimostra l’impianto installato sul tetto di questo edificio”. Infatti, da gennaio 2009 è entrato in esercizio un impianto fotovoltaico che è stato installato sulla copertura della sede di Foro Buonaparte di potenza pari a 20 kW : realizzato utilizzando moduli in silicio monocristallino, i pannelli sono in grado di assicurare un’efficienza del 17%.
Puntualizza Quaini: ”È luogo comune pensare che si possa fare efficienza energetica da sé; non sempre è vero. Si possono eliminare comportamenti negligenti, ma occorre anche avere skill specifici sulle tecnologie più adatte, e questi noi li abbiamo. Certo, non è sempre facile convincere le aziende ad affrontare la cosa; a meno che non abbiano problemi gravi, non sono disponibili a fare investimenti strutturali, perché non sono core”.
Per questo Edison ha definito il suo approccio, sostituendosi al cliente nell’investimento. Il modello di business è abbastanza semplice: Edison propone la partnership e analizza lo stato dei consumi del cliente. Propone quindi un intervento duplice: il primo, relativamente più semplice, riguarda l’individuazione e quantificazione delle inefficienze, nonché l’eliminazione, o modifica, dei comportamenti inadeguati.
La seconda, più complessa, riguarda la tipologia di tecnologie adottabili: da queste dipende il la durata del progetto. L’obiettivo è ammortizzare l’investimento in un periodo di tempo durante il quale la bolletta energetica del cliente, inizialmente immutata, si riduce percentualmente con una quota parte del risparmio. Alla fine del periodo, che varia mediamente dai 20 anni nel caso di impianto fotovoltaico, ai dieci per un impianto di cogenerazione, ai 5-7 per un intervento di efficienza energetica, il cliente si ritrova proprietario dell’impianto ed Edison ha ammortizzato l’investimento, e probabilmente fidelizzato il cliente. Le cifre sono indicative, perché fortemente influenzate da una serie di variabili, quali la tipologia di impresa, le tecnologie preesistenti, la tipologia di impianto scelta, il livello di consumi/sprechi, la collocazione geografica dell’azienda.
A obiettivo ottenuto, al cliente viene proposto un ulteriore progetto a vantaggio condiviso: “Infatti se è in grado di produrre un surplus di energia – dice Quaini – ci proponiamo come partner nella distribuzione e commercializzazione della stessa, ovviamente ripartendo i benefici”.
Il target ideale è costituito dagli energivori, tipicamente le grandi imprese di produzione: hanno personale specializzato, un energy manager e sono strutturati; le famiglie sono un mercato troppo ampio, al momento; peraltro, Quaini sostiene che, essendo l’offerta di Edison mediamente più bassa del 20% rispetto ai concorrenti, anche sul mercato domestico sono molto concorrenziali.
Nell’aggredire il mercato Edison si è scelta una serie di partner; il più noto è Ibm. “La motivazione – spiega Quaini – è legata, oltre alla sensibilità di Big Blue sui temi del “green It” e a un’offerta di tecnologie conseguente, anche dalla tipologia di interlocutori aziendali sul tema. La funzione Amministrazione e Finanza è la più sensibile a una proposta di partnership, perché abituata a ragionare in termini pluriennali; gli energy manager o gli uffici acquisti vengono misurati su tempi più brevi, quindi sono interlocutori meno reattivi. Oltre alla Finanza troviamo interlocutori nel Marcom, per questioni di reputazione sociale, e sull’It, perché il progetto va monitorato e misurato, e tra questi il nome di Ibm è una garanzia. Stiamo anche lavorando con Telecom Italia; all’interno dell’iniziativa Industria 2015, abbiamo un progetto congiunto che utilizza strumenti di misura wi-fi per monitorare i consumi energetici”.
Riguardo poi la tipologia di imprese più ricettive, nell’esperienza di Edison sono le imprese che hanno impianti di produzione, con consumi energetici con un valore assoluto pari al 6-8% del fatturato. Anche le aziende di servizi con una spesa energetica consistente vanno considerate, perché la riduzione dell’incidenza dei costi si riflette direttamente sul costo del servizio. Anche la Pubblica Amministrazione potrebbe trarre grandi vantaggi da un approccio come quello di Edison: “Purtroppo, le norme legate agli acquisti della PA non ci consentono di essere competitivi. Il Pubblico deve acquistare beni e servizi tramite bando, e la struttura stessa dei bandi è costruita per l’acquisto di beni e servizi che si caratterizzano con una logica di fornitura di prodotti, non come progetti”, conclude Quaini.

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