Nessuno ha mai messo in dubbio che FSE sia un asset fondamentale per la trasformazione digitale del sistema sanitario, nonché per l’avvicinamento al modello di Connected Care. Tuttavia, è opinione unanime che non sia stato sfruttato al meglio e che, a più di un lustro dalle prime implementazioni, richieda un’adeguata attività di potenziamento alimentata (soprattutto) dai fondi del PNRR, che proprio a tal fine ha stanziato 1,38 miliardi di euro.
Lo stato dell’arte: 1 persona su 3 usa il Fascicolo Sanitario Elettronico
Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, la conoscenza e l’impiego di FSE sono aumentati con la pandemia. Ciò nonostante, allo stato attuale non si supererebbe un 55% di conoscenza e un 33% di utilizzo reale.
I cittadini ne rilevano l’utilità, ma alcuni limiti strutturali e una comunicazione non sempre efficace non l’hanno (ancora) reso il cuore pulsante di una sanità fondata sul dato e che proprio sul dato dovrebbe migliorare i percorsi di cura, l’esperienza del paziente, la ricerca e l’interazione tra i player dell’ecosistema.
Allo stato attuale, FSE è una struttura demandata alla sanità regionale e orientata alla conservazione di documenti. Non ospita contenuti della sanità privata, integra principalmente documenti non strutturati né omogenei e, soprattutto, risente di un problema di interoperabilità tra varianti regionali, dovuto a difformità tecniche e all’assenza di un sistema anagrafico di livello nazionale.
Le tappe del percorso di potenziamento di FSE
Come anticipato, il rilancio di FSE è affidato al PNRR. La progettazione del nuovo FSE ha raggiunto un punto fermo con la pubblicazione delle Linee Guida per l’attuazione dell’FSE, approvate dalla Conferenza Stato Regioni in 28 aprile scorso. Nel documento si legge un forte cambio di passo rispetto alla formulazione attuale, sia a livello concettuale che di fattori tecnici abilitanti.
Il documento, infatti, definisce in modo preciso le finalità, i benefici e i requisiti tecnico-architetturali del nuovo FSE, con l’obiettivo di renderlo – al termine del percorso (2026) – un ecosistema di dati e servizi rispondente alle esigenze dei cittadini e di tutti gli operatori della sanità, dai medici alle strutture, fino al Ministero della Salute.
Il percorso è suddiviso in due step e prevede il completamento dell’iter entro il 2026. Citando direttamente il documento, le direttrici d’azione sono quattro:
- garantire servizi di sanità digitale omogenei ed uniformi;
- uniformare i contenuti in termini di dati e codifiche adottate;
- rafforzare l’architettura per migliorare ’interoperabilità del FSE;
- potenziare la governance delle regole di attuazione del nuovo FSE.
Per descrivere i tratti somatici dell’FSE 2.0 occorre quindi ragionare su due timeframe diversi, di breve e di medio periodo.
Nel breve (2022/23), verrà esteso il numero di documenti obbligatori e verrà perfezionata la loro standardizzazione, un elemento centrale ai fini dell’interoperabilità. Sempre nel breve, è prevista la realizzazione di un indice e di un’anagrafe nazionale degli assistiti, nonché una prima importante evoluzione architetturale.
Standardizzazione e interoperabilità: la nuova architettura di FSE
L’architettura del nuovo FSE è finalizzata a “realizzare meccanismi” che permettano l’alimentazione del sistema con dati e documenti in formato standard, ai fini dell’interoperabilità. L’obiettivo è anche quello di permettere l’accesso alle informazioni sia attraverso la ricerca di documenti che l’analisi dei dati, così da accelerare la transizione verso una sanità data-driven in tutto e per tutto. Per la gestione dei documenti, è previsto il mantenimento di una struttura federata distribuita sulle varie Regioni, mentre il formato è tassativamente HL7 CDA2.
Verranno introdotti dei Gateway raggiungibili dalle reti aziendali, che dovranno verificare e validare i dati clinici prodotti dai sistemi delle strutture sanitarie, nonché tradurli in standard HL7 FHIR e inviarli a un Data Repository Centrale, la cui implementazione è prevista però solo nella seconda fase. Quest’ultimo, elemento cardine della nuova architettura, conterrà anche dati i dati generati autonomamente dai pazienti e quelli provenienti da sistemi di telemedicina, e li metterà a disposizione via API a professionisti, Direzioni Sanitarie, Enti e al Ministero della Salute per creare servizi di prevenzione, diagnosi, sorveglianza epidemiologica, cura e governance. Il Data Repository Centrale sarà implementato su cloud nazionale.
Entro il 2026, infine, FSE diventerà un “ecosistema di dati e servizi” rispondente alle esigenze di pazienti, dei professionisti e di tutti gli enti del sistema. I cittadini potranno non soltanto consultare dati e documenti, ma anche prenotare visite ed esami, accedere ai servizi di telemedicina e a quelli delle farmacie.
Gli operatori sanitari potranno consultare i dati di pertinenza e, tramite apposite tecniche analitiche, valutare l’appropriatezza prescrittiva nonché supportare decisioni di cura e di prevenzione. Le istituzioni sanitarie, dal canto loro, potranno sfruttare il potenziale dei dati per attività di prevenzione e programmazione sanitaria.
Infine, ma non per importanza, un altro aspetto particolarmente significativo di FSE è la sua estensione alla sanità privata, e non soltanto a quella convenzionata. FSE conterrà dati clinici, esami diagnostici, svariati documenti sanitari standardizzati e resi omogenei, prevedendosi anche l’applicazione di metodologie di AI per l’analisi delle immagini diagnostiche a supporto dall’attività dei professionisti e per indagini ad ampio spettro.
I passi avanti previsti sono dunque notevoli e, grazie al coinvolgimento dell’intero sistema, alla riduzione della frammentazione e all’interoperabilità, FSE si candida a diventare il vero e unico perno dell’assistenza sanitaria del futuro. Questa volta, le premesse ci sono tutte.