All’inizio della legislatura il governo dovrà definire una governance che funzioni, per risolvere i problemi attuali e stabilizzare una situazione tuttora provvisoria. Penso ad esempio al commissario straordinario in scadenza, al ruolo di Agid… Per farlo, il primo nodo da sciogliere è decidere se l’innovazione di cui ci si occupa abbia come oggetto esclusivamente la Pubblica Amministrazione (e sia dunque di competenza della funzione pubblica) o se debba invece riguardare il Paese nel suo complesso (e sia necessario di conseguenza coordinare dunque le funzioni dei diversi ministeri). Solo a questo punto possono essere indicati gli attori operativi, un’attività non banale che deve definire le azioni che dovrebbero valere almeno per la durata della legislatura, auspicabilmente quindi per i prossimi cinque anni.
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Se l’obiettivo è il secondo, quello che io personalmente preferisco, sarebbe opportuno definire un Ministero dell’Innovazione che si facesse carico di raccordare le attività dei diversi ministeri con capacità politica forte e forte capacità di coordinamento. Di conseguenza dovrebbero essere riorientate le attuali strutture, fra cui Agid.
Andrebbe in ogni caso mantenuto il Piano triennale e l’attività del team di Piacentini che ad oggi ha fatto scelte molto condivisibili. Il nuovo governo dovrebbe definire l’impostazione sia strategica sia operativa e fornire un mandato politico di ampio respiro e un adeguato supporto economico.
Il secondo punto da affrontare è quello del procurement e delle risorse necessarie nel settore pubblico, tenendo conto che nulla si fa a costo zero. Per garantire l’innovazione della Pa e svolgere un ruolo di stimolo per il Paese, è indispensabile che i modelli e la qualità dei processi di procurement pubblico segnalino una profonda discontinuità rispetto al passato. Se le amministrazioni “comprano male”, si sprecano risorse sia dal punto di vista del mancato miglioramento dei processi e delle attività operative delle amministrazioni stesse, sia dal punto di vista dell’effetto sistemico che una domanda matura potrebbe avere sullo sviluppo dell’offerta di servizi IT di qualità da cui potrebbe trarre beneficio l’intero Paese.
Il piano triennale varato dal Team Digitale offre un primo livello di coordinamento tra le amministrazioni. Ma serve operare anche sul fronte di una semplificazione delle norme di procurement e del codice degli appalti che prevede meccanismi totalmente inadeguati per il software e l’ICT in generale che non possono essere gestiti come un qualunque altro bene o servizio. Va pure modificata la logica Consip, basata sul massimo ribasso e inadeguata per selezionare servizi di qualità, che spesso si traduce in gare aggiudicate con tariffe assolutamente impraticabili, con il risultato di deprimere il mercato ICT nazionale. Infine, bisogna agire sul fronte delle competenze del personale della PA che gestisce i processi di procurement di questi beni e servizi.
La terza richiesta è ripensare il finanziamento alla ricerca e all’innovazione, sia in termini di meccanismi sia di quantità.
Va innanzi tutto distinto il finanziamento a Università e Ricerca dai finanziamenti e gli incentivi per l’innovazione rivolti alle imprese. La ricerca infatti è indispensabile per l’innovazione ma non la crea in modo automatico e diretto.
Si innova infatti quando si crea valore, lo si porta sul mercato e lo si trasforma in un ritorno, tipicamente economico (ma non necessariamente). Le università e gli universitari (non solo in Italia), oltre alla formazione, hanno come obiettivo lo sviluppo di attività di ricerca, cioè la creazione di nuova conoscenza, con meccanismi, tempi e priorità completamente diversi da quelli del business. Lo sviluppo della ricerca necessita fondi competitivi nazionali assegnati con bandi pluriennali che complementino i fondi europei: così come accade negli altri Paesi anche lo stato italiano dovrebbe investire direttamente nella ricerca.
Il finanziamento all’innovazione delle imprese deve invece seguire logiche differenti, attraverso l’utilizzo di meccanismi automatici con risorse e strumenti allineati agli obiettivi (come i crediti di imposta per ricerca e innovazione). Un modello che va in questa direzione e si è dimostrato efficace è quello adottato dal Piano Industria 4.0 che, con la sua estensione Impresa 4.0, copre una parte significativa delle necessità di innovazione digitale e che va dunque rafforzato e consolidato, estendendolo anche agli altri settori dell’economia del paese.
Se il governo che verrà sarà capace di mettere mano fin dal suo insediamento a queste tematiche, alla fine del quinquennio potremmo avere un Paese migliore e più competitivo.
Commenti all’articolo:
Messe insieme alle proposte dell’ing. Attias costituiscono il perfetto programma di Governo