C'è una parola che da qualche tempo domina il mondo dell’Ict: ‘intelligente’. Tutto è intelligente: sistemi, reti, dispositivi, apparati, soluzioni integrate… è difficile trovare un’offerta che non si fregi di quest’aggettivo o del suo quasi-equivalente inglese ‘smart’, termine che sta tra l’intelligente e il furbo, quello che se la sa cavare in ogni caso. Ma allora, c’è da chiedersi, forse prima l’Ict non era intelligente? Certo che no: da Turing in poi l’informatica si è sempre ispirata all’intelligenza per le proprie soluzioni. Ma tranne poche eccezioni (ricordate la ‘fuzzy logic’?), l’intelligenza dei computer si è sempre ispirata, in termini umani, al ragionamento. Essere ‘smart’ è un po’ diverso. Si tratta di coniugare alla capacità logica la capacità, diremmo quasi istintiva, di cogliere immediatamente il senso di una situazione, sino addirittura a prevederla, e di adeguarvisi con altrettanta rapidità. È questo che rende un sistema smart (che faccia funzionare un Data center, un aeroporto, una rete di energia o di semafori, non importa), un qualcosa concettualmente innovativo.
Smart, allora. Ma perché anche ‘green’? La risposta qui è più semplice: dato che oggi è ‘green’ tutto ciò che fa risparmiare le risorse non rinnovabili e ridurre l’impatto ambientale delle attività umane, essere ‘smart & green’ significa regolare il proprio comportamento non solo, come detto, in reazione e anticipazione degli eventi, ma anche realizzando il miglior bilanciamento possibile tra risorse energetiche e materiali consumati e beni e servizi prodotti. In una parola, secondo un principio di massima efficienza.
Un processo Smart & Green, come tutti i processi, anche quelli non informatizzati, si articola su tre fasi: input, output ed elaborazione. A queste fasi corrispondono, in un processo intelligente, informatizzato e automatizzato come quelli che vogliamo conoscere, diverse componenti e tecnologie. Idc segue il fenomeno attraverso una struttura, Idc Energy Insights, che analizza le tendenze e gli sviluppi che impattano l’industria delle utilities e i relativi investimenti. La schematizzazione che segue è stata appunto elaborata da Idc in riferimento a questo settore, ma è applicabile, con poche integrazioni, a ogni forma di sistema intelligente. Abbiamo quindi scelto di adottarla per poter tracciare gli scenari che andremo a descrivere in base a un linguaggio comune.
Hardware e software per la rete intelligente
I componenti base di un sistema smart sono tre: 1) i sensori, ossia i dispositivi hardware e software che raccolgono e forniscono in continuazione o con elevata periodicità dati e informazioni sul fenomeno da controllare; 2) la rete di comunicazione, che trasmette in tempo reale i dati raccolti a un sistema di controllo; 3) le applicazioni analitiche, che con operazioni di modellazione, simulazione e visualizzazione dei dati consentono al sistema di controllo o all’operatore umano di reagire in modo opportuno agli eventi segnalati. Nei sistemi completamente automatizzati ai tre citati se ne aggiunge un quarto: gli attuatori, che traducono le decisioni del sistema di controllo negli interventi di correzione.
Le tecnologie critiche che permettono a questi componenti di funzionare sono parecchie. Per quanto riguarda i sensori e gli attuatori questi, come è ovvio, differiscono per ogni industria e caso per caso. Si va dai contatori che comunicano in tempo reale i consumi di energia (e possono anche limitare l’erogazione se l’utente è moroso) ai semafori che rilevano i flussi di traffico e danno il via libera in conseguenza; dai sensori che allineano la catena di produzione alle disponibilità di magazzino ai localizzatori Gps che ottimizzano i movimenti di una flotta aziendale e così via. Sono invece comuni a tutte le realizzazioni la rete di comunicazione (che è l’elemento fondante, tanto che Idc parla dei sistemi smart come di ‘Intelligent Grid’) e gli strumenti di analisi.
Per la prima, che la trasmissione avvenga via rame, fibra ottica, wireless o banda larga sulle reti d’energia (come nella distribuzione elettrica e nei trasporti), lo standard di fatto è l’Ip, che permette di collegare facilmente tra loro e al sistema di controllo ogni genere di dispositivi Quanto alle tecnologie abilitanti sono quelle che gestiscono le comunicazioni in entrambi i sensi in modo da sfruttare al massimo la banda disponibile, tutte da tempo sul mercato per quanto continuamente perfezionate. Per le analisi e la gestione degli eventi non vi sono invece soluzioni diffuse in modo tale che si possano definire standard, mentre al contrario vi sono soluzioni specializzate per settore d’industria. È importante però che gli strumenti adottati siano basati su una piattaforma tecnologica consolidata, per potersi facilmente integrare alle basi dati e alle applicazioni business, specialmente di backoffice, presenti in azienda. Ad esempio per allineare la fatturazione alla previsione dei consumi erogati (caso tipico delle reti di utilities) o la gestione della supply chain all’ottimizzazione dei riordini di una catena commerciale.
L’Ict, motore di un progetto a visione totale
L’unico campo di applicazione del concetto Smart & Green dove la tecnologia è un fattore determinante è quello che riguarda la tecnologia stessa. Parliamo dell’ottimizzazione in chiave di efficienza operativa ed energetica dell’erogazione dei servizi Ict al business (proprio o dei clienti) da parte di un Data center. Ma sebbene questa, come vedremo più avanti, sia probabilmente l’applicazione oggi più diffusa, è pur sempre un caso particolare. In tutti gli altri casi la realizzazione di processi, sistemi e soluzioni capaci di rendere più intelligente ed economica l’operatività di un’impresa non è tanto un problema tecnologico quanto di cultura o, se vogliamo, di presa di coscienza.
Per Roberta Bigliani (nella foto), Emea Research Director di Idc Energy Insights, la coscienza dei vantaggi d’una soluzione Smart & Green c’è, ma non sempre si traduce in iniziative. “Se si fanno due conti si vede subito che i benefici sono relativamente facili da ottenere. Ma ci vogliono degli investimenti e questo, complice anche la crisi economica, blocca la capacità di agire. Ne segue che dove la componente energetica è importante e il guadagno si può dimostrare le cose si fanno; in altri contesti ciò è più difficile”. Gioca inoltre a sfavore il fatto che non si sa bene chi debba decidere: ”L’Energy Manager, dove c’è, è spesso una figura non di primo livello. Dovrebbe essere il Cfo, o comunque il top management, a spingere sia per gli aspetti economici e sia perché un progetto Smart & Green investe l’intera impresa”. L’idea di un approccio olistico al problema dell’energia si sta però sviluppando anche nelle industrie meno ‘energivore’, come pure la consapevolezza del ruolo chiave dell’Ict, come dimostra l’investimento Ict nelle reti intelligenti, che in area Emea dovrebbe raggiungere i 10 miliardi di dollari entro l’anno e crescere nei prossimi due anni del 20%. “L’Ict – spiega Bigliani – è fondamentale per due cose: la prima è l’ottimizzazione continua dei processi tramite il monitoraggio e l’analisi delle attività; la seconda, più importante, è che rende possibile inventare nuovi business e nuovi modi di fare le cose. A partire dalle stesse Smart Grid, che senza l’Ict semplicemente non si potrebbero realizzare”. Anche per questo è importante l’apporto dei fornitori: “…che da un lato possono agire sull’efficienza dei loro prodotti, sia hardware sia software, e dall’altro dovrebbero costruire e valorizzare il messaggio green aiutando anche l’azienda a crescere”.
Le molte facce di uno stesso problema
Quanto alla valutazione del problema da parte del management aziendale, anche qui Remonato introduce un elemento nuovo, e cioè il ruolo della pubblica amministrazione e in particolare della Consip. Nelle regole dettate dalla società per i servizi informativi pubblici entrano infatti norme che riguardano i consumi, lo smaltimento e il riciclo dei prodotti e dei materiali d’uso e così via. Regole e linee guida che sebbene rivolte agli enti pubblici non possono non cointeressare l’impresa privata. Per queste, e specie per le piccole imprese che non hanno risorse e capacità interne di valutazione dell’offerta, le regole d’acquisto della Pa, che recepiscono e si conformano alle norme europee, rappresentano un’utile guida.
Processi ottimizzati per vincere la complessità
Prendendo, ad esempio, la supply chain nell’automotive, gli anelli principali della catena del valore sono molti e diversi: la progettazione, l’acquisto dei componenti, la produzione, la distribuzione, il servizio post vendita. Più l’imprevedibilità del mercato, la variabilità di modelli, l’aumento dei costi e così via. “Per leggere e governare questa complessità occorrono soluzioni analitiche capaci di prevedere i trend della domanda e pianificare le decisioni future, dare una visione d’insieme del processo di produzione e indirizzare le necessità e i problemi legati alla qualità”. In breve, che considerino tutte le variabili e i vincoli che intervengono nei processi reali del business e tutte le loro interazioni. “La fruibilità e semplicità d’uso – conclude Amandonico – è quindi un tema che gli strumenti software di ottimizzazione non possono più a lungo trascurare”.
Infrastrutture e servizi: come cambia il Data center
Veniamo infine all’approccio Smart & Green nelle nuove realizzazioni dei Centri dati. Si tratta di una tematica che ZeroUno ha affrontato più volte in chiave di evoluzione architetturale e tecnologica ai fini della funzionalità e del servizio al business. Ora ne parliamo per gli aspetti di
E parlando di cloud computing, con Marco Maffè (nella foto), Head of Portfolio Management di T-Systems Italia, abbiamo la voce del service provider: “Chi fornisce servizi It può contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e al risparmio energetico (a vantaggio proprio e dell’utente) ottimizzando sia i propri apparati sia i processi dei servizi offerti, salvo l’ovvio principio che “la tecnologia deve fare quello che l’utente si aspetta. L’industria però – prosegue Maffè – è attenta ai processi che le consentono di restare sul mercato”, come quelli relativi alla collaborazione e comunicazione interna, alla mobilità, e alla variabilizzazione delle risorse, come appunto il cloud e il pay-per-use. Questi processi portano a una maggiore efficienza operativa e, indirettamente, a una maggiore efficienza energetica. Ad esempio si pensi al risparmio in chiave di energia e inquinamento ottenuto grazie all’utilizzo di strumenti di teleconferenze e presenza remota in luogo dei “tradizionali” viaggi. “Il punto – conclude Maffè – sta nell’identificare il bisogno dell’utente e nel saper risolvere il suo problema specifico mantenendo una visione generale che permetta di procedere in modo coerente e coordinato a quelli che potranno essere i suoi bisogni successivi”.