“Startup è sinonimo di innovazione e Ibm, leader sul mercato da 103 anni grazie al suo impegno nella ricerca, dove investe 6 miliardi di dollari l’anno, ai suoi brevetti e ai suoi laboratori si rende conto che se vuole continuare a cavalcare l’innovazione non può prescindere dalle startup – sostiene Giuseppe Ravasi di Ibm, Responsabile Sviluppo Ecosistema, che aggiunge – Il nostro è anche un impegno sociale visto che dalle nuove imprese può derivare una significativa quota del Pil e della futura occupazione. Negli Usa, ad esempio, oltre il 90% di nuova occupazione deriva da imprese che hanno meno di 5 anni”.
Con il suo Global enterpreneur program, Ibm si rivolge a nuove imprese private nate da meno di 5 anni, con progetti B2B che impieghino l’It in modo significativo, soprattutto in aree come cloud, big data e analytics, mobile, social e sicurezza. L’azienda non intende investire direttamente nelle startup né si aspetta ritorni economici immediati; è però interessata al buon funzionamento dell’ecosistema che inoltre garantirà a Big Blue futuri clienti: alle startup che accedono al Programma, infatti, Ibm mette a disposizione le proprie competenze, infrastrutture e tecnologia di sviluppo. Un bonus da mille euro al mese per un anno per l’uso dell’infrastruttura cloud basata su soluzioni SoftLayer e l’uso di Bluemix in logica plattform as a service, che offre gli strumenti per sviluppare nel cloud fino al deployment. “Riteniamo che una startup per crescere debba avere una buona idea per raccogliere i capitali, saper fare impresa (e qui rientra il ruolo degli incubatori) e una tecnologia solida – spiega Ravasi – Ma le startup, che generalmente non hanno soldi né tempo, privilegiano strumenti gratuiti e immediati, senza pensare al futuro quando la soluzione dovrà essere scalabile, solida e sicura”.
L’azienda mette infine in contatto le startup con i 120mila business partner globali di cui 2mila in Italia “Non vendiamo direttamente le soluzioni delle startup, ma quando verifichiamo che possono arricchire i progetti in corso offriamo loro opportunità di contatto con alcune imprese importanti, attraverso i business partner e le unità di progetto Ibm”, conclude Ravasi.
“Le startup che hanno partecipato, fra il 2010 e il 2013 agli Smart Camp, hanno raccolto complessivamente 115 milioni di dollari, oltre ai vantaggi in termini di visibilità”, precisa Ravasi. Gli Smart Camp, nei diversi paesi, hanno lo scopo di selezionare le migliori aziende a cui viene offerta la possibilità di farsi conoscere ed entrare in contatto con l’ecosistema Ibm. In Italia si è tenuto lo scorso luglio il secondo Smart camp a cui sono arrivate le 4 finaliste selezionate, dopo vari passaggi, a partire dalle 50 candidate di partenza. Si è aggiudicata la vittoria Social Bullguard piattaforma cloud di social Customer Service e Crm, vincitrice anche del programma Fintech Accelerator di Unicredit, (vedi questo articolo) che ha così potuto accedere alla finale europea.