L’inesausto dibattito sul diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e sulle misure più adatte per rendere congruente il quadro tecnico normativo a tutela della proprietà intellettuale con il mutato scenario dei nuovi canali digitali ha visto recentemente il contributo dell’indagine conoscitiva svolta dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Nella marea di interventi parziali e spesso troppo di parte, il contributo dell’Agcom spicca per lucidità e capacità di trarre prime utili conclusioni.
Il nodo è sempre il medesimo cioè l’individuazione di misure di contrasto alla diffusione della cosiddetta “pirateria online” derivante da download /streaming illegale di video e audio sul web. Il documento inizia con il mettere a fuoco le competenze dell’Autorità sul tema sottolineando come il legislatore sia intervenuto, con la legge 248 del 2000, prevedendo compiti di vigilanza dell’Autorità in tema di diritto d’autore.
Sembrerebbe quindi che le disposizioni in essere attribuiscano all’Autorità il potere di vigilanza in materia di violazioni del diritto d’autore, avendo come fine ultimo di tale attività quello di “prevenire” e “accertare” dette infrazioni.
L’Agcom stessa ritiene che le disposizioni in essere sembrerebbero escludere un potere sanzionatorio di tipo repressivo, ex post, delle violazioni eventualmente accertate. Quindi anche in risposta alle prime enunciazioni del cosiddetto “decreto Romani” [che ha scatenato il dibattito di questi mesi e, nato per recepire alcune norme europee, rischia di avere un forte impatto sulla circolazione delle informaizoni sul web, ndr] l’Agcom sottolinea l’inconfigurabilità di un potere sanzionatorio per le violazioni del diritto d’autore.
Poiché le misure repressive messe in atto da alcuni governi (vedi Francia) ed attualmente in discussione in altri (Spagna) vertono sulla individuazione dell’illecito online e sulle misure di avvertimento e sanzione (multa e distacco dalla rete per un periodo determinato), la posizione dell’Agcom evidenzia come tali eventuali misure anche nel nostro paese non possono non essere accompagnate dalla nascita di strutture dotate di poteri ad hoc nonché, come le esperienze europee hanno indicato, fare capo per i poteri sanzionatori all’autorità giudiziaria.
Ricordiamo che nel caso francese (citato spesso come esempio di misura repressiva) la lotta alla pirateria è configurata in una sorta di risposta graduale della pubblica autorità attribuendo a un’autorità indipendente (Hadopi) il compito di inviare, prima via e mail e in seguito con lettera, messaggi di avvertimento agli abbonati il cui accesso a Internet è stato utilizzato per scaricare illecitamente contenuti protetti dal diritto d’autore.
Sostanzialmente alla Hadopi sono conferite prerogative della polizia giudiziaria che la mettono in grado di rilevare le infrazioni e raccogliere le osservazioni degli interessati.
Solo successivamente vi è il ricorso a un procedimento semplificato dinanzi al giudice unico il quale potrà emettere un’ordinanza penale.
Un secondo argomento trattato nell’indagine conoscitiva è l’individuazione delle responsabilità nella filiera Internet ribadendo come se, da un lato, uno spazio concreto per eventuali frodi è quello offerto dalle attività dei fornitori di connettività alle reti (Isp) dall’altro si conferma come l’attività degli Isp sia disciplinata dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 da cui si ricava “un sostanziale esonero di responsabilità per i contenuti veicolati dagli intermediari di servizi della società dell’informazione (vale a dire quei soggetti che si limitano ad offrire l’accesso alle reti di comunicazione elettronica o il semplice trasporto delle informazioni fornite da soggetti terzi oppure ancora il servizio di memorizzazione temporanea o permanente delle informazioni fornite dal content provider)”,
In sostanza, nel quadro legislativo attuale, l’Autorità può imporre agli Isp un obbligo di sorveglianza finalizzato a comunicare dati sul traffico ma in forma anonima ed aggregata per servizio nel rispetto cioè della normativa a tutela della privacy.
Un argomento solo sfiorato è purtroppo quello relativo al ruolo delle società di gestione collettiva dei diritti d’autore (in Italia la Siae) e la loro manifesta difficoltà a trasformare ruolo e procedure al fine di adattarsi alle mutate condizioni del mercato.
Pirateria: rischio di iniziative nazionali contraddittorie
Le criticità sono ancora più visibili laddove si rifletta alle dimensioni internazionali dei mercati dei contenuti digitali. Nell’ottobre scorso infatti la Commissione europea per Information Society ha emesso un documento di riflessione “Creative Content in a European Digital Single Market: Challenges for the Future” aprendo una fase di consultazione pubblica che si concluderà nella primavera 2010.
L’obiettivo è quello di creare le condizioni regolatorie per un ecosistema comunitario che permetta alle aziende del settore di competere sul mercato creando le basi per la Raccomandazione che l’Unione Europea emetterà in futuro
In sostanza, la Commissione prende atto delle preoccupazioni delle aziende del settore per la pirateria dovute anche alla mancanza di una legislazione comune tra i Paesi dell’Unione in materia di diritto d’autore esprimendo nel contempo il timore che le questioni inerenti il copyright e la pirateria online possano produrre in Europa “iniziative nazionali contraddittorie” a danno della competitività dei Paesi-membri.
Di qui la proposta che le società nazionali di gestione collettiva dei diritti integrino i loro sistemi. Tanto per fare un esempio oggi l’autore di un’opera deve avere un accordo di copyright separato per ciascuno dei 27 Paesi membri.
La proposta non sembra sia stata così apprezzata dalle società come la Siae che hanno impugnato, tramite la loro associazione, la delibera.
Informare più che reprimere
I suggerimenti conclusivi dell’Agcom non vanno quindi nella direzione di esplorare le misure punitive quanto nel proporre soluzioni che possono risolvere il fenomeno a partire da puntuali campagne di informazione per rendere gli utenti Internet più consapevoli delle norme in vigore e del loro significato. Ciò anche perché l’approccio basato solamente su divieti e sanzioni per la repressione dei comportamenti illegali sembra aver fino a ora prodotto ben pochi risultati.
Fra le soluzioni, al fine di ripensare in modo unitario (cioè con Siae, Isp, fornitori di contenuti e associazioni di consumatori), trovano spazio alcune ipotesi fra le quali:
– L’introduzione di una tassa di scopo (a carico degli abbonati) destinata a un equo compenso per i titolari dei diritti. In sostanza un incremento tariffario obbligatorio per l’accesso a Internet in grado di garantire una sorta di immunità, per esempio, nell’utilizzo del peer to peer. Come tutte le misure di equo compenso la critica immediata che tale misura può suscitare è di essere non selettiva nel senso di gravare su tutti, anche su chi non ha attività di accesso a contenuti dotati di copyright.
– La formulazione di una sorta di adesione volontaria denominata “licenza collettiva estesa” per la quale gli enti come la Siae negoziano per conto degli autori la licenza con gli operatori di rete che veicolano i contenuti su Internet. Il modello è simile a quello adottato dal sistema radiofonico. Gli Isp sarebbero successivamente liberi di trasferire tali licenze ai propri abbonati (tutti o solo in parte) anche tramite una differenziazione dell’offerta di accesso.
Non appare semplice prendere posizione di fronte a temi così complessi e dotati di risvolti giuridico-economici pesanti, ma a fronte della sterilità del dibattito fino ad ora praticato non vi è altra soluzione che dotarsi di conoscenze puntuali ed elevare il livello del dibattito stesso.