Il mercato Internet of Things cresce e traina l’Ict business in Italia

Il mercato Internet of Things in Italia, cresciuto del 30% dal 2014 al 2015, raggiungendo 2 miliardi di euro, è responsabile per circa il 50% della crescita dell’Ict dello stesso periodo che ha visto un incremento dell’1,1%. Ma le potenzialità sono ben lungi dall’essere espresse, a partire dalla miniera d’oro, ancora tutta da scoprire, dei dati raccolti tramite gli oggetti in rete, che abilitano nuovi modelli di business basati sui servizi. Sono questi alcuni dei risultati dell’Osservatorio IoT 2016 della School of Management del Politecnico di Milano che ha analizzato, oltre al valore di mercato, le tecnologie di comunicazione abilitanti e i diversi ambiti applicativi.

Pubblicato il 30 Mag 2016

Le potenzialità di applicazione dell’IoT sono molto vaste, ma nel 2015 i principali ambiti sono stati lo smart metering gas che pesa il 25% del mercato e la smart car che, con 5,3 milioni di auto connesse, rappresenta circa il 24%. Determinante per realizzare il parco di 350mila contatori gas intelligenti per le utenze industriali e 1,2 milioni per quelle residenziali sono stati gli obblighi normativi. Seguono le soluzioni di Smart Building (18%), soprattutto per la videosorveglianza e la gestione degli impianti fotovoltaici, quelle di Smart Logistics (11%), le applicazioni Smart Home (7%), lo Smart Asset Management (5%) per gestire da remoto 340mila slot machine, 300mila ascensori e 80mila distributori automatici.
Aumentano anche gli oggetti intelligenti in rete in Italia. A fine 2015 erano circa 10,3 milioni connessi tramite rete cellulare (con un incremento del 29%). A questi si sommano oggetti collegati con altre tecnologie: 36 milioni di contatori elettrici connessi da tempo tramite Power Line Communication (Plc), 500mila contatori gas tramite radiofrequenza Wireless M-Bus 169 MHz e 600mila lampioni connessi tramite PLC o radiofrequenza.
Fin qui la fotografia dell’esistente presentata dall’Osservatorio Internet of Things 2016 della School of Management del Politecnico di Milano.

Figura 1: La diffusione dello IoT in Italia – Fonte: Osservatorio Internet of Things 2016 della School of Management del Politecnico di Milano.

“Ma uno degli aspetti chiave per lo sviluppo futuro dell’Internet of Things è la valorizzazione dei dati raccolti, su cui ancora non ci sono strategie consolidate”, ha sottolineato Angela Tumino, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things. Sono infatti i dati la miniera d’oro generata dalla diffusione di IoT, che può essere sfruttata nei processi aziendali o per generare valore all’esterno, aprendo a nuove opportunità e nuovi modelli di business basati su una logica di servizio.

Il prossimo futuro di IoT

La smart car, accanto alla smart city, all’Industrial IoT e alla smart home sono gli ambiti per i quali l’Osservatorio si attende la crescita maggiore nel 2016.
A fine 2015 erano 4,7 milioni le auto dotate di box assicurativi, a cui si sommano 650mila auto nativamente connesse, che rappresentano, complessivamente, il 14,4% del parco auto. Secondo i dati Aci delle nuove auto immatricolate nel 2015 una su 5 è nativamente connessa. L’impulso, come nel caso dello smart metering, è definito da un obbligo di legge che impone su tutte le auto immatricolate dal 2018 la tecnologia e-call che effettua chiamata di emergenza al 112 in caso di incidente; ma la velocità di adozione e le funzionalità offerte vanno oltre quanto imposto della normativa.
Nelle fabbriche, secondo Tumino, dove sono già presenti applicazioni per l’efficienza energetica e la gestione degli asset, l’Iot si potrà affermare anche grazie all’impulso che verrà dai programmi nazionali per la digitalizzazione del manifatturiero. Le aree più promettenti sono la gestione delle supply chain esterna (smart logistics e tracciabilità flussi fisici) e quella dei servizi (gestione remota macchinari e miglioramento continuo prodotti).
La casa intelligente potrebbe rappresentare un ambito interessante di crescita dell’IoT visto che il 79% dei consumatori italiani è disposto ad acquistare prodotti per la Smart Home, il 33% in più rispetto all’anno precedente. Ma l’indagine evidenzia anche che ad oggi solo un quinto dei consumatori dispone di un oggetto intelligente e solo un quarto dichiara di voler comprare un prodotto di questa categoria nel prossimo anno. Molto dipende dalla creazione di un ecosistema a supporto della nascita di nuovi servizi e canali commerciali e il ruolo della grande distribuzione, rimasta fino a questo momento ai margini.

L’IoT è di casa nelle smart city

Figura 2: L’Internet of Things nelle Smart City Fonte: Osservatorio Internet of Things 2016 della School of Management del Politecnico di Milano.

Nella smart city accanto alle applicazioni prevalenti di impiego di IoT, come la gestione della mobilità, i servizi turistici e l’illuminazione intelligente (che ha visto riduzione dei consumi energetici di oltre il 40% e dei costi di manutenzione di circa il 25%) si prevede un interesse crescente per la gestione dei rifiuti.
I progetti non mancano: il 60% dei comuni con più di 20mila abitanti  ha avviato almeno un progetto smart city negli ultimi 3 anni, dove l’IoT viene considerata una tecnologia chiave. Purtroppo il 53% dei progetti resta allo stato sperimentale e solo il 30% viene inserito in un programma strutturato. Le ragioni addotte sono la mancanza di risorse (88% delle risposte) e di competenze adeguate (63%).
Fa ben sperare l’istallazione delle prime reti in ottica Smart Urban Infrastructure con  reti di comunicazione dedicate all’IoT che potrebbe fare da collante.
Significativo il caso di a2a che, a partire da un progetto di telelettura intelligente dei contatori del gas per assolvere agli obblighi di legge, ha lanciato progetto “a2a smart city”che va ad affiancare le istituzioni per realizzare un nuovo modello di città con tecnologie capaci di migliorare la qualità della vita delle persone.
A partire dalla rete in fibra ottica, la telelettura si è estesa dai contatori del gas a quelli dell’acqua e del calore per la città di Brescia in una logica multiservizi. Si è poi passati ad un modello multisocietario, testato a Milano in collaborazione con la Società Metropolitane Milanesi, per la lettura di alcune centinaia di contatori dell’acqua. Con la nuova modalità si potranno aggiungere alla rete connettiva altre decine di migliaia di contatori dell’acqua della città di Milano.
“La forte connotazione territoriale di a2a ci ha portato ad offrire alle città servite la rete connettiva che potrà essere completamente realizzata in circa diciotto mesi”, ha detto Ugo Pagani, Responsabile Metering, Gruppo a2a. La rete deve avere la possibilità di abilitare un numero rilevante di servizi a favore della città con l’impiego di sensori facilmente installabili anche da personale non specializzato, affidabili (esenti dunque da disservizi), a basso consumo, per contenere i costi di esercizio, miniaturizzati, per facilitarne la posa.
Questo è uno dei casi di realizzazione di rete dedicata a cui fa riferimento Tumino quando sostiene: “Siamo ottimisti. In Italia, nelle principali città si stanno installando nuove reti di comunicazione dedicate a IoT, che potrebbero essere la premessa per passare dalla miriade di piccoli progetti ad applicazioni di ampio respiro. Per farlo bisogna però superare in primis proprio quelle barriere emesse dall’indagine: la mancanza di risorse economiche e la carenza di competenze adeguate”.

Le tecnologie di connessione e le piattaforme per l’Iot

Nello sviluppo dell’IoT un ruolo fondamentale è svolto dall’evoluzione delle tecnologie di connessione e dalla disponibilità crescente di piattaforme middleware, generalmente cloud-based, che forniscono funzionalità per la gestione di dispositivi e dati del mondo IoT.

Figura 3: Evoluzione della connettività IoT
Fonte: Osservatorio Internet of Things 2016 della School of Management del Politecnico di Milano

“Grossi player delle telco da un lato e molte startup, non sempre di successo, dall’altro hanno proposto negli scorsi anni tecnologie short-range – sottolinea Antonio Capone, Professore ordinario di Telecomunicazioni, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano che spiega – Oggi si sta passando da una situazione che vedeva tante tecnologie, una topologia mesh complessa, una comunicazione short-range e applicazioni dedicate, a una che vede poche tecnologie, copertura cellulare, comunicazione long-range e piattaforme di servizio”.
In pratica, sul terreno della comunicazione, si è colmato un gap fra le tecnologie short range, pensate per soddisfare requisiti di basso consumo energetico e rivolte soprattutto al mondo M2M (le prime due famiglie a sinistra nella figura 3), e il mondo mobile destinato a colmare grandi distanze con consumi elevati. Sono infatti arrivate, in tempi più rapidi del previsto, le tecnologie di tipo cellular like che sfruttano la disponibilità dello spettro di frequenze inferiori a 1GHz, capaci di coniugare i due mondi. È il caso dello standard di settore WiFiHaLow, presentato dalla Wi-Fi Alliance (il consorzio di produttori e ricercatori nel campo del wireless) in occasione del Ces 2016 di Las Vegas, che offre una copertura più estesa e un consumo energetico inferiore rispetto agli standard attuali.

Antonio Capone, Professore ordinario di Telecomunicazioni, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano

“Questo nuovo standard potrebbe favorire la creazione di device IoT ad alta efficienza energetica nei principali settori di mercato”, sottolinea ancora Capone. Per quanto riguarda  i protocolli Low Power Wide Area (Lpwa) già sul mercato, le differenze passano in secondo piano rispetto agli aspetti applicativi che risultano prevalenti. A fare la differenza sono il contesto (municipale, regionale o nazionale), la necessità di roaming, la lunghezza dei messaggi e se questi sono prevalentemente in arrivo o se partono dal sensore. “Lo scontro al vertice fra LoRa e SigFox [due diverse tecnologie Lpwan, sviluppate rispettivamente da Semtech la prima e dalla società omonima la seconda ndr] è nei fatti solo apparente – dice Capone – perché in realtà sono complementari”. La prima opera su una rete privata (con possibilità di offrire servizi pubblici) con più operatori su scala locale, mentre la seconda opera su rete pubblica con un unico operatore nazionale su licenza SigFox, offrendo servizi in cloud. Si indirizza, verso il basso, ai costruttori di apparati e, verso l’alto, a chi sviluppa applicazioni. Che queste siano le tecnologie emergenti sembra confermato dal fatto che i tentativi delle telco di un’evoluzione verso IoT basata sulle tecnologie di tipo cellulare, è in ritardo di due anni rispetto alle soluzioni cellular-like già in campo a cui si guarda con maggior interesse.

La connettività rappresenta però solo un aspetto: è indispensabile gestire il parco dei sensori e sviluppare applicazioni per la raccolta, la gestione e l’automazione dei dati. Le piattaforme middleware che offrono funzionalità per gestire i dispositivi e i dati del mondo IoT possono fornire supporto a chi sviluppa le applicazioni. Bassi costi e maggiore velocità di sviluppo possono derivare dall’evoluzione in senso orizzontale dell’architettura delle piattaforme che possono essere viste come insieme di servizi erogabili in cloud (figura 4).

Figura 4: L’evoluzione dell’architettura di riferimento dell’IoT Fonte: Osservatorio Internet of Things 2016 della School of Management del Politecnico di Milano

“Il mondo delle piattaforme è in piena espansione – nota Capone – Come Osservatorio ne abbiamo censite (e in parte provate) più di 70 a livello internazionale, con un incremento del 40% rispetto all’anno precedente”.
Le piattaforme, ancor più della connessione, rappresentano l’elemento abilitante per abbassare i costi e il time-to-market per nuove soluzioni IoT e per ridurre la complessità di gestione. Il tutto è amplificato dall’abbinamento con le infrastrutture cloud, la virtualizzazione e paradigmi come everything-as-a-service e software-defined-everything. L’Osservatorio ha classificato le piattaforme in due grandi famiglie, che però tendono a convergere: le specialistiche implementano principalmente alcune categorie, come ad esempio la gestione del dato e la sicurezza, particolarmente sensibile per il settore Iot; le generaliste implementano invece, con diversi gradi di completezza, caratteristiche appartenenti a tutte le categorie.
In conclusione ci sono ottime possibilità, anche grazie all’evoluzione tecnologica, perché si realizzi quella “tempesta perfetta” prospettata da Rob Van Kranenburg, fondatore di IoT Council e destinata a rivoluzionare le nostre vite: “IoT, nella sua essenza, è un flusso ininterrotto fra Ban (Body area Network, connessa ai wearable), Lan (Local Area Network, orientata alle soluzioni smart home), Wan (Wide Area Network che potrà gestire, ad esempio, le auto interconnesse), VWan (Wide Area Network, per le smart city) – ha detto aggiungendo un monito – Nuove strategie per estrarre il  valore dai dati che vada oltre le singole imprese sono disponibili grazie a Iot, ma ancora sviluppate in modo insufficiente”.

Per maggiori informazioni: IoT, il mercato in Italia e gli strumenti del fare

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