L’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano dedicato all’Internet of Things è giunto al suo terzo anno di vita e ha presentato di recente a Milano con l’evento “Aziende, Consumatori, Cittadini: cresce l’Internet of Things” i risultati della ricerca relativa al 2013: quello che i dati evidenziano rispetto al territorio italiano è, da un lato, la diffusione del fenomeno dell’IoT nella sua globalità, dall’altro l’emergere di alcuni ambiti di particolare sviluppo, quelli dello Smart Car e dello Smart Home & Building; una particolare attenzione è stata poi posta sul tema dell’IoT all’interno del contesto della Smart City, dove, come svelano i dati della ricerca, trova un nuovo spazio la trasversalità applicativa.
Per dare una misura del fenomeno IoT in termini di “oggetti connessi”, il Politecnico ha ristretto il conteggio a quelli basati su tecnologie di comunicazione cellulare, più semplici da individuare, per poter offrire delle stime e dei confronti più precisi: la ricerca ne rileva in Italia 6 milioni nel 2013 contro i 5 milioni del 2012 con una crescita del 20% (un trend che riconferma quello registrato negli anni precedenti: + 13% nel 2011, + 25% nel 2012). In termini di fatturato, si parla invece di un mercato dell’IoT che ha generato 900 milioni di euro, + 11% rispetto al 2012 (810 milioni).
Per entrare nel merito del fenomeno e comprendere quali trend si stanno sviluppando, i ricercatori hanno individuato diversi ambiti applicativi. Rispetto al 2012 una crescita di particolare interesse è quella legata, come anticipato, all’ambito Smart Car (figura 1): “Oggi il 45% degli oggetti connessi è costituito da autovetture, con una crescita del 35% rispetto al 2012”, ha spiegato Giovanni MiraglIoTta, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Internet of Things, che, presentando i risultati della ricerca, ha aggiunto: “Un’ulteriore spinta alla crescita di questo settore è di carattere normativo: entro il 2015, per legge, tutti i nuovi modelli d’autovettura dovranno essere dotati di eCall”, ovvero un sistema che permette di effettuare chiamate automatiche di emergenza. Anche sulla base di questo, il Politecnico stima che se oggi solo l’8% delle autovetture può dirsi connesso, nel 2016 la cifra raggiungerà il 20%, per un totale di 7,5 milioni di auto.
L’altra direttrice di sviluppo emersa è quella dello Smart Home & Building, che assorbe il 21% del valore di mercato dell’IoT e dove si registra un forte dinamismo in termini di nuove soluzioni rivolte direttamente al consumatore, mirando a comfort e sicurezza domestica, un interesse che riguarda non solo le grandi aziende globali (vedi l’acquisizione di Nest Labs, società americana che produce dispositivi tecnologici per la casa, da parte di Google), ma anche le nuove startup (il 37% di quelle mappate a livello mondo nel biennio 2012-2013 opera in questo campo).
Smart City: verso una trasversalità applicativa
Le tecnologie dell’IoT hanno un ruolo abilitatore determinante rispetto allo sviluppo delle Smart City, motivo per cui la ricerca si è focalizzata su questo tema analizzando 116 città (51 in Italia, 65 all’estero), per un totale di 258 applicazioni abilitate dalle tecnologie IoT.
Oltre alle applicazioni per la gestione della viabilità (che a livello globale sono le più presenti con oltre il 65% delle città che ha almeno una iniziativa avviata in tale direzione), risultano molto diffuse in Italia quelle di Illuminazione intelligente (30%), che sfruttano la rete cellulare o altre forme di connettività (WiFi in primis) per trasmettere i dati raccolti dal campo, e di Raccolta rifiuti per l’identificazione dei cassonetti e il supporto alla tariffazione puntuale (28%). Ma il dato più interessante è quello della forte presenza di applicazioni sperimentali in cui viene abilitata la multifunzionalità, progetti cioè che condividono in tutto o in parte la dotazione tecnologica tra più applicazioni. Si tratta per lo più di casi in cui le applicazioni più “mature” prima citate vengono “rilette” e accostate ad altre più embrionali: progetti di Illuminazione intelligente che integrano monitoraggio del traffico, videosorveglianza, monitoraggio dei parametri ambientali (un esempio è il progetto Spiga Smart Street a Milano, sistema di illuminazione a proiettori led con supporto broadband che sfruttando la rete elettrica già esistente e la fibra ottica di Fastweb rende disponibili al cittadino diversi strumenti e servizi: oltre al controllo dei punti luce con risparmi che superano il 30%, collegamenti Wi-Fi per smartphone e tablet, punti per la ricarica di auto e bici elettriche, colonnine Sos, totem touch screen dedicati alla promozione turistica, agli eventi e alle info sulla mobilità della città); o soluzioni per la Sicurezza che uniscono alla tradizionale videosorveglianza il monitoraggio delle folle e la rilevazione automatica degli incidenti (per esempio, il progetto Vanaheim a Torino, che ha per obiettivo lo studio di alcuni componenti di sorveglianza innovativi per il monitoraggio autonomo di infrastrutture complesse come i centri commerciali e le metropolitane; in particolare, attraverso lo studio di alcuni algoritmi, elaborando i dati derivati dai sensori audio e il contenuto delle immagini delle telecamere installate, il sistema consentirebbe di selezionare autonomamente il flusso da visualizzare escludendo i video privi di immagini di interesse). Una delle principali novità rilevate su scala globale è proprio questo progressivo spostamento verso progetti nativamente multifunzionali, ovvero che condividono – in tutto o in parte – la dotazione tecnologica tra più applicazioni (il 30% dei progetti del 2012-2013 tocca almeno due ambiti applicativi): da un lato, la motivazione è economica e risiede cioè nella necessità di ripartire gli investimenti su un più ampio numero di servizi offerti alle imprese e ai cittadini; dall’altro la trasversalità applicativa è una naturale vocazione del paradigma IoT, vocazione che tuttavia in Italia, per quanto vi siano segnali positivi che i progetti sopra citati testimoniano, risulta frenata soprattutto dalla mancanza di una governance che permetta la condivisione di risorse, dati e strutture. Il tema è emerso durante la tavola rotonda dell’evento del Politecnico: tra le difficoltà che le amministrazioni comunali rilevano, c’è proprio quella di evitare una eccessiva frammentarietà applicativa; ancora troppo spesso vengono progettate e implementate applicazioni che rimangono isolate perché mancano infrastrutture standardizzate che consentano una condivisione dei dati e dunque l’ottimizzazione del loro utilizzo. “Senza governance non si andrà lontano.
È necessario sviluppare piattaforme che permettano di rendere i dati disponibili per più applicazioni”, ha detto Maurizio Decina, Docente del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, che ha aggiunto, allargando la scala al sistema Paese: “Quello che serve è che vi sia interoperabilità a livello statale e tra i grandi centri di calcolo delle pubbliche amministrazioni”. Della stessa opinione è anche Renato Galliano, Direttore Settore Innovazione Economica, Smart City e Università del Comune di Milano: “Occorre avere capacità di coordinamento su due piani: interno all’amministrazione, che si deve occupare di far dialogare gli assessorati perché collaborino ai progetti, e a livello del cittadino. Il progetto della smart city non può essere il progetto del Comune di Milano, ma deve essere il progetto a cui partecipa anche il Comune di Milano insieme al mondo delle imprese e della ricerca, alla società, alle associazioni, ai cittadini e al mondo finaziario”. A questo proposito il Direttore aggiunge: “È diventato evidente che il semplice finanziamento pubblico non è sufficiente, sia questo locale, nazionale o europeo; occorre trovare un modello di business adatto a tal tipo di progetti multiattoriali e multisettoriali, che hanno enorme difficoltà a essere valutati dal sistema bancario tradizionale, che tende a ‘spacchettarli’ e fare la valutazione di credito su ciascun singolo attore”.
Da questo punto di vista, interessante è il modello proposto dal Politecnico di Milano all’interno del progetto Sui – Smart Urban Infrastructure, che, in estrema sintesi, evidenzia i vantaggi che i Comuni da un lato e gli enti privati dall’altro, potrebbero trarre da una collaborazione per la realizzazione di una infrastruttura multifunzionale urbana volta a offrire tre servizi fondamentali: Smart Metering gas, Illuminazione intelligente, Raccolta rifiuti. Secondo il modello, gli enti pubblici concedono l’utilizzo dei propri asset in forma agevolata al soggetto privato che ha le competenze tecnico-operative di pianificazione dell’infrastruttura e di successiva gestione che difficilmente sono presenti nelle realtà comunali; le aziende private riconoscono alla Municipalità delle tariffe favorevoli per la connessione dei propri oggetti intelligenti; questo porterebbe per il privato alla riduzione del 10-15% sugli investimenti iniziali e del 25-35% sui costi operativi, mentre per il pubblico il risparmio sarebbe del 50-70% sui costi di utilizzo della Sui. Secondo i ricercatori del Politecnico questa potrebbe essere una soluzione per ovviare all’incapacità degli attori privati, in questa fase recessiva, di investire per la creazione di una nuova infrastruttura abilitante e alla difficoltà delle Municipalità di valorizzare taluni propri asset e rendere più efficienti i propri processi.
Bluetooth Low Energy: lo smartphone come gateway
Dal punto di vista tecnologico, Antonio Capone, Docente del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ha sottolineato in particolare l’importanza della diffusione del Bluetooth Low Energy (Ble) per l’affermazione di un modello di servizio centrato sullo smartphone come gateway verso lo sconfinato universo delle app server-side: “La tecnologia Bluetooth Low Energy [standard della tecnologia Bluetooth per applicazioni a basso consumo energetico, ndr] riscopre in una chiave diversa il mondo dell’IoT mettendo ancora una volta al centro lo smartphone, dove questo non è però solo il mezzo per accedere alle informazioni, ma diventa anche il gateway”. Il vantaggio di questa tecnologia si traduce, come spiega Capone, in una sostanziale semplicità di un modello dove i costi di connettività risultano distribuiti sugli utenti, che vengono “sfruttati” per consentire agli oggetti di comunicare, sgravando da tale onere chi sviluppa l’applicazione. Mentre Ios supportava il Ble già dal 2011, Android ha abilitato questo supporto solo lo scorso anno con la versione 4.3: a fine 2013 il Politecnico ha stimato che nel mercato italiano vi erano già 8,3 milioni di smartphone Ble abilitati, il 27% di quelli in circolazione. I vantaggi di questo standard e la sua diffusione lo rendono dunque un potenziale “game changer” del mondo dell’Internet of Everything.
Come è stato fatto notare dai relatori, sarà interessante monitorare l’impatto del Bluetooth Low Energy in particolare all’interno del contesto Smart Home & Building, dove tema portante della nuova offerta è il ruolo centrale di dispositivi mobili nella fruizione del servizio da parte dell’utente: il Ble, in grado di facilitare la connessione di oggetti intelligenti di uso quotidiano e dispositivi mobili, potrebbe avere forti sviluppi in un contesto particolarmente favorevole come quello domestico e in un mercato che, come i dati hanno rilevato, è già in forte crescita.