ROMA – La tre giorni di Forum PA 2018 ha coinvolto in 237 incontri, laboratori, convegni e workshop, quasi 16mila partecipanti, fra rappresentanti della PA, degli operatori e delle aziende tecnologiche. Quest’anno la manifestazione organizzata da FPA, società del gruppo Digital360, si è focalizzata sulla trasformazione digitale della pubblica amministrazione e del lavoro pubblico, affrontando temi tecnologici quali la gestione, l’analisi e l’integrazione dei dati, la sicurezza ICT, la razionalizzazione dell’infrastruttura tecnologica a partire dall’adozione del cloud, la blockchain, la connettività e il 5G, l’Internet of Things e l’intelligenza artificiale.
Ha aperto i lavori il keynote di Stephen Goldsmith, Direttore del Programma di innovazione delle Amministrazioni alla Harvard University Kennedy School of Government, che ha fornito la visione di un’amministrazione pubblica che governa attraverso la rete, con strumenti come la open communication, il coordinamento, le connessioni dentro e fuori l’amministrazione.
Tra le parole d’ordine: la centralità degli utenti, scelte omnichannel, piattaforme personalizzate di CRM, un circolo di retroazione strutturato: “Mettere a disposizione gli open data non basta: serve la visualizzazione adatta per capire cosa accade in una certa comunità”, ha avvertito Goldsmith. L’idea è quella di una rete capace di attivare e coinvolgere sia i cittadini sia le persone dell’amministrazione. Servono certo i sensori per monitorare la qualità dell’aria o le telecamere per la sicurezza, ma i cittadini stessi devono svolgere il ruolo di sensori: si devono attivare per fotografare, ad esempio, le aree che considerano pericolose o degradate. E l’amministrazione deve disporre di strumenti per raccogliere le loro segnalazioni e rispondere in modo adeguato [come l’app PULIamo di Amsa – Gruppo A2A che offre una serie di servizi, tra i quali la segnalazione di rifiuti, cestini pieni ecc.; dopo qualche ora dalla segnalazione, a Milano, come dimostrano i numerosi post di apprezzamento inviati dagli utenti sui social, il problema viene risolto ndr]. La tecnologia non basta, il funzionario pubblico deve svolgere il ruolo di problem solver, superando la vecchia logica basata sui compiti e deve prendere decisioni a partire da una molteplicità di informazioni che arrivano sul suo trouble system. Nel caso della sicurezza, ad esempio, si disporrà di una gran quantità di dati interni/esterni (video analytics, sensori e mobile device, sistemi di allarme, …) ma poi le decisioni devono essere prese da una persona anche se le attività di routine possono essere svolte dalle macchine.
Le persone al centro della trasformazione digitale
Per trasformare la PA è essenziale il ruolo delle persone, un tema ripreso dal Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale, Diego Piacentini, intervistato da Luca Attias, Responsabile Direzione Generale dei Sistemi informativi automatizzati della Corte dei Conti. Il suggerimento al nuovo Governo che verrà è replicare team, simili a quello da lui creato, nei principali ministeri ed enti, con la consapevolezza che le 30 persone che attualmente lo costituiscono non sono certo sufficienti per trasformare la PA: “In questo momento il nostro modello è difficilmente replicabile. Quello che abbiamo creato è un’eccezione all’interno della PA. L’obiettivo principale di un governo che vuole aiutare la PA a trasformarsi anche tramite la digitalizzazione è ampliare il modello che abbiamo costruito”, ha sostenuto Piacentini, ricordando che difficilmente un’organizzazione che funziona nello stesso modo da 70 anni, come la nostra PA, si potrà rivoluzionare dall’interno: “Servono momenti di shock, sperando di andare nella direzione giusta”, ha aggiunto.
Lo stato delle competenze dei dipendenti pubblici è stato fotografato dall’indagine condotta da FPA, che ha coinvolto circa 1350 persone, e presentata anch’essa a Forum PA 2018.
Alla PA servirebbero competenze organizzative, manageriali e tecnologiche per gestire i cambiamenti in atto e sfruttare le opportunità offerte dalla trasformazione digitale. Tuttavia solo 6 dipendenti pubblici su 10 nell’ultimo anno hanno ricevuto formazione; questi dichiarano di essere stati formati soprattutto su temi giuridico-normativi (32,2%), informatica e telematica (12%), materie tecnico-specialistiche (11,8%), quasi nulla sulle lingue straniere (4%), i temi manageriali (5,3%), la comunicazione (8,4%), l’organizzazione (9,4%).
Formazione utile? Il 43,6% dei lavoratori dei diversi comparti della PA dichiara di avere molte più competenze di quelle che servono nel proprio lavoro quotidiano e il 34,5% ritiene le proprie competenze adeguate. La formazione ricevuta nell’ultimo anno è giudicata utile dall’80% di chi ne ha beneficiato, anche se i lavoratori sostengono di avere aumentato le competenze con l’autoformazione (48,5%) e con lo svolgimento del proprio ruolo (31,2%), mentre la formazione ricevuta incide solo per il 9,5%.
“L’indagine sulle competenze dei lavoratori pubblici rivela che siamo sulla strada sbagliata per cambiare la PA – ha commentato Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA – con una formazione scarsa, per lo più su materie specialistiche o giuridiche: il settore pubblico può al massimo fare un po’ meno errori nei compiti che già svolge e migliorare l’efficienza di procedure spesso inutili o assurdamente complicate. La formazione invece dovrebbe trasferire ai lavoratori le competenze in grado di accelerare l’evoluzione della PA per consentirle di aprirsi ai cittadini, alle imprese, al contesto internazionale”.
Questa situazione, che non sembra essere percepita come critica dai dipendenti pubblici, viene invece considera problematica dai cittadini e dalle imprese che devono interagire con la PA, secondo i quali le principali carenze sono le competenze organizzative (30,6%) e manageriali (23,4%), sulle quali i dipendenti pubblici non credono di avere bisogno di aggiornamento e su cui minore è stata la formazione.
Eppure in un panorama statico, dove le persone non sentono bisogno della formazione forse perché svolgono lo stesso lavoro da almeno 10 anni, qualcosa si muove. Dall’indagine, realizzata da FPA, sul lavoro pubblico e sugli effetti della riforma Madiaemerge che lo smartworking inizia a comparire anche nella PA. Oggi 4210 dipendenti pubblici operano in telelavoro (800 in più in un anno), soprattutto negli enti locali; il 5% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile, il 4% lo pratica informalmente e quasi il 48% è interessata a una sua prossima introduzione.
Il bilancio di tre anni di AgID
Forum PA 2018 è stata anche l’occasione per fare il bilancio del lavoro di AgID da parte del direttore Antonio Samaritani. Purtroppo non c’è stato un miglioramento del posizionamento sull’e-gov fotografato dal Digital Economy and Society Index (DESI), che vede l’Italia in quartultima posizione con un salto in avanti solo per gli open data (dove siamo in ottava posizione). Tuttavia, secondo Samaritani, la PA sta svolgendo un ruolo pedagogico nel cambio culturale della popolazione grazie ad alcuni servizi come Spid (Sistema Pubblico per l’Identità Digitale), utilizzato soprattutto per interagire con Inps, per la dichiarazione dei redditi, per accedere ai servizi del Comune di Milano. I risultati sono tuttavia molto inferiori alle attese: si puntava a 10 milioni entro la fine del 2017, mentre erano circa 2,3 milioni a marzo 2018.
Vanno meglio PagoPA (il sistema per rendere più semplice, sicuro e trasparente qualsiasi pagamento verso la Pa) e le linee guida per il design (indicazioni da seguire per la realizzazione dei siti web della Pa): in tre anni siamo passati da 300 a 16mila PA attive, da 22mila a 9,4 milioni di transazioni per la prima funzione; le seconde sono state adottate da 150 siti che coprono una popolazione di 25 milioni di persone, a partire da una situazione 2015 con un solo sito, governo.it, e qualche pilota.
Il tassello mancante a cui sta lavorando il team di Piacentini è l’app sperimentale IO che servirà al cittadino per interagire con la PA: fare transazioni, richiedere certificati, impostare le proprie preferenze e il proprio profilo…, in una logica di aggregazione con i pilastri fin qui creati come Spid, PagoPA, Anagrafe Nazionale Popolazione Residente (ANPR), la cui attuazione è ancora molto arretrata.
L’incertezza riguarda però il prossimo futuro sia per l’arrivo (prima o poi) di un nuovo governo, sia per la scadenza del mandato di due dei protagonisti della trasformazione digitale di questi ultimi anni: il mandato di Samaritani scadrà fine luglio e quello di Piacentini a settembre. Il nuovo Governo dovrà decidere se confermare il Team Digitale (come richiesto da Piacentini anche dopo la conclusione del suo incarico) e se e come modificare il ruolo di AgID.
Un ministro per il futuro
Per tenere conto della fase di transizione politica che ha visto per la prima volta la quasi totale assenza alla manifestazione di politici e ministri competenti, FPA ha deciso di realizzare il “Libro Bianco per l’innovazione”, un piano per lo sviluppo e la crescita della Pubblica Amministrazione che sarà messo a disposizione del nuovo governo. Nel frattempo è stata avviata la rubrica “Caro governo”, per raccogliere le voci dei diversi partecipanti a Forum PA che potranno essere di stimolo ai rappresentanti della nuova amministrazione sui temi dell’innovazione. Sempre al nuovo governo si chiede la costituzione di un “Ministro del futuro a cui affidare la costruzione di un progetto di futuro condiviso e partecipato per orientare le scelte di singoli, famiglie e aziende verso uno traguardo comune”, propone Gianni Dominici, Direttore generale di FPA, che aggiunge: “L’unico modo per valorizzare le energie vitali del nostro paese è lavorare insieme sugli obiettivi e gli strumenti per raggiungerli. Un ruolo fondamentale spetta ai processi di Digital Transformation che devono investire trasversalmente tutte le attività del paese”. È l’unico modo per risalire la posizione di coda che l’indicatore DESI ci assegna.