Le politiche ambientali dei distretti Made in Italy

Pubblicato il 19 Giu 2010

p24 coprivista

Ecodistretti 2009 è il titolo di un recente volume (edito da Franco Angeli) che raccoglie i risultati di una ricerca nata con l’obiettivo di capire come i sistemi locali d’impresa – distretti, sistemi produttivi locali ecc. – notoriamente colonna portante della nostra economia, hanno affrontato concretamente emergenze e criticità ambientali.
Perché un’indagine di questo tipo? Anzitutto perché il tema del rispetto dell’ambiente, in tutti gli ambiti della vita quotidiana, e a maggior ragione nel mondo della produzione, è di grande criticità e attualità. Inoltre perché, come dimostrato da tempo, distretti e sistemi produttivi locali costituiscono una realtà fondamentale dell’economia nazionale: basta dire che negli ultimi dieci anni hanno dato lavoro a oltre 2 milioni di persone, ovvero al 60% dell’occupazione dei comparti del cosiddetto made in Italy.
Insomma una realtà economica e produttiva di importanza vitale per la nostra economia, in cui la concentrazione di imprese in aree territoriali, elemento caratteristico dei distretti, se ha rappresentato un fattore di indubbio successo economico, ha anche costituito un elemento di criticità ambientale per i territori in cui le imprese sono localizzate.

Gli obiettivi dell’indagine
Il Rapporto analizza appunto caratteristiche ed entità dell’impatto ambientale prodotto dalle attività dei distretti ma dà anche conto delle iniziative che questi hanno messo in atto per governare e ridurre gli aspetti negativi di questo impatto. Gli aspetti più rilevanti riguardano i consumi di energia dei settori industriali, il consumo di risorse idriche, particolarmente importante nei territori in cui operano i comparti della lavorazione delle pelli, il tessile e l’agroalimentare, e la qualità dei corsi d’acqua che attraversano gli ambiti produttivi di molti distretti industriali; viene infine considerata la produzione di rifiuti speciali in distretti manifatturieri come produzione e lavorazione di metalli, industria del legno, carta e stampa, produzione di mobili e arredamento, industria alimentare e comparti del tessile abbigliamento e concia.
Per dare una dimensione anche quantitativa delle iniziative messe in campo per governare gli effetti dell’impatto dei sistemi produttivi sull’ambiente, l’analisi ha preso in esame una serie di indicatori (a cui sono stati assegnati pesi e attribuiti i punteggi conseguenti) che evidenziano i risultati connessi all’attuazione delle iniziative stesse: sono state cioè ‘misurate’ le politiche ambientali riguardanti le infrastrutture e i servizi per la gestione integrata degli aspetti ambientali rilevanti, la diffusione di tecniche e tecnologie ‘pulite’ e di certificazioni ambientali, la presenza di sistemi di monitoraggio e la promozione di strumenti innovativi di gestione ambientale.

I principali risultati
Dall’elaborazione delle informazioni e attraverso l’attribuzione di una scala di punteggi sulla base dei diversi indicatori, sono stati così classificati 54 sistemi produttivi locali (Spl) oggetto della ricerca.
Ed ecco alcune prime conclusioni di tipo generale che emergono.
Anzitutto, ‘Ecodistretti 2009’ mostra che “sono ancora pochi gli Spl che hanno adottato iniziative di eco-innovazione” e che tra questi, quelli che hanno storicamente investito nella qualità ambientale (il riferimento è a realtà localizzate in Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Liguria, Friuli V.G. e in parte Piemonte) migliorano i propri risultati “giocando soprattutto la carta della messa in rete delle esperienze positive, il coordinamento territoriale delle politiche ambientali e il coinvolgimento degli attori locali (imprese e istituzioni) che hanno responsabilità rispetto alla gestione di specifici aspetti ambientali”. Altri distretti, alcuni localizzati in zone pur avanzate dal punto di vista economico (Lombardia, Marche, Friuli, Veneto, Liguria) altri prevalentemente nel Centro-Sud, presentano invece realtà più arretrate dal punto di vista delle iniziative di innovazione ambientale”.

Politiche, strumenti, progetti
Dal punto di vista delle politiche e degli strumenti si sono consolidate nel tempo le esperienze di infrastrutture integrate per la gestione delle risorse idriche, rifiuti ed energia e l’utilizzo delle tecnologie più pulite; in alcuni distretti si registrano progressi per la diffusione delle certificazioni ambientali ed emerge un notevole interesse per la messa a punto di marchi di qualità ambientale di prodotto, nonostante una certa disomogeneità delle iniziative che “mette in evidenza l’assenza di una strategia nazionale in tal senso”. Solo nel 30% dei Spl esaminati è presente un sistema organizzato di controlli ambientali rivolti alle Pmi dei comparti di specializzazione. I controlli mirati sono concentrati nei settori conciario, della produzione di mobili, dell’agroalimentare e nel distretto della ceramica. Ma in quali progetti di eco innovazione si sono maggiormente concentrati gli investimenti dei Spl? Nei due terzi “la strategia prevalente è stata quella di stipulare accordi volontari tra imprese e istituzioni per concordare percorsi di miglioramento ambientale”. Il Rapporto definisce “rilevante” l’importanza dei progetti sul tema delle etichette ambientali di prodotto e per la realizzazione di analisi ambientali mentre non risultano molto diffuse le progettualità in materia di analisi ambientale sul ciclo di vita dei prodotti.

I distretti più virtuosi

La realizzazione del Rapporto sugli Ecodistretti è stata promossa dalla Rete Cartesio, organizzazione costituita dalle Regioni Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana e Sardegna. Alla stessa Rete si deve la scelta degli indicatori che consentono di verificare quanti e quali iniziative i singoli distretti e sistemi produttivi locali (Spl) hanno messo in campo per il proprio percorso di sviluppo sostenibile. Naturalmente a ciascuno di questi indicatori gli esperti della Rete Cartesio hanno definito pesi e punteggi che sono stati applicati per stilare la classifica dei Spl più virtuosi.
Gli indicatori più significativi riguardano la presenza nei diversi Spl di infrastrutture e servizi per la gestione ambientale e energetica (impianti di fognatura, di raccolta delle acque reflue industriali ecc.), la diffusione di tecnologie ambientali, l’esistenza di certificazioni e registrazioni ambientali, di marchi ed etichette di prodotto, l’esistenza di programmi di controllo e monitoraggio ambientale sistematico, la realizzazione di iniziative per la promozione di strumenti di innovazione ambientale di impresa.
A ciascuno di questi indicatori è stato attribuito un punteggio (da 0 a 10) con il relativo peso in modo da arrivare a una valutazione finale complessiva (fino a un valore massimo di 100).
Nello ‘score’ finale, al primo posto troviamo il distretto della produzione di carta di Capannori (provincia di Lucca), all’avanguardia non solo per lo sviluppo e l’impiego di tecnologie per la produzione di carta ma anche per la riduzione dei consumi di acqua nella produzione, per il notevole numero di imprese distrettuali convertite all’utilizzo di energie alternative con pannelli solari o impianti di cogenerazione. Ed ecco di seguito la classifica dei 10 distretti che hanno ottenuto i migliori punteggi per le proprie politiche di ‘sostenibilità ambientale’.

1 Capannori: carta (Toscana)
2 Sassuolo: ceramica (E.Romagna)
3 Langhirano: alimentare (E.Romagna)
4 Livenza: mobili-legno (Friuli V.G.)
5 Arzignano: concia (Veneto)
6 Prato: tessile (Toscana)
7 Santa Croce sull’Arno: conce (Toscana)
8 Parma-R.Emilia: alimentare (E.Romagna)
9 Val di Vara: agroalimentare (Liguria)
10 Treviso: mobile-legno (Veneto)

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