Le Regioni, motore di innovazione della Pubblica Amministrazione

Il rapporto Cisis sull’Innovazione nell’Italia delle Regioni evidenzia grande impegno e potenzialità delle amministrazioni, ma anche la difficoltà di mettere a fattor comune le eccellenze all’interno di un piano di digitalizzazione nazionale che ponga obiettivi chiari e misuri le performance

Pubblicato il 13 Feb 2013

Nel periodo 2007-2013 sono stati destinati alla Società dell’Informazione, a livello regionale, 5,3 miliardi di euro complessivamente (ricordiamo che Società dell’Informazione è la denominazione utilizzata dall’Unione Europea quando ha lanciato all’inizio del 2000 gli obiettivi di digitalizzazione per l’Unione stessa per definire una società caratterizzata dalla diffusione delle tecnologie di informazione e comunicazione). Fra le voci più significative l’e-health (quasi 600 milioni), gli investimenti destinati agli enti locali e alla social inclusion (615 milioni); alla ricerca e sviluppo sono stati destinati 375 milioni complessivamente. Sono invece 96 milioni le risorse per la realizzazione e integrazione dei Sistemi Informativi Territoriali, mentre le 18 regioni che hanno varato un piano Broad Band hanno programmato risorse per 593 milioni per la banda larga e 448 milioni per quella ultra-larga (figura 1).

Figura 1 – Distribuzione territoriale delle risorse programmate per la società dell’informazione 2007-2013

Sono questi alcuni dati evidenziati nel Rapporto sull’Innovazione dell’Italia delle Regioni (Riir), presentato nelle settimane scorse dal Cisis (Centro Interregionale per i Sistemi Informatici), che analizza l’impegno delle amministrazioni sulla digitalizzazione e che di seguito sintetizzeremo per alcune delle voci principali. L’indagine offre una fotografia ampia e articolata dell’offerta di servizi da parte delle amministrazioni e dei percorsi per l’attuazione dell’Agenda Digitale a livello regionale. Non vengono tuttavia analizzati il livello e le modalità di utilizzo da parte di cittadini e delle aziende dei servizi nonché le ricadute, in termini di maggior efficienza e di risparmi, sulla macchina amministrativa, evoluzione che potrebbe essere favorita dall’impostazione europea dell’Agenda Digitale.

Fin dai primi anni 2000, le Regioni si erano dotate di piani specifici dedicati alla Società dell’Informazione, ma dal 2010, con la pubblicazione dell’Agenda Digitale europea, la prospettiva è cambiata, ulteriormente rafforzata dalla pubblicazione del Decreto legge Crescita 2.0, convertito in legge lo scorso dicembre. Il raggiungimento degli obiettivi definiti dall’Agenda Digitale europea (con scadenze al 2013, al 2015 e al 2020), a cui l’Agenda italiana si ispira, non vengono infatti misurati tanto sulle realizzazioni o legati a singole iniziative progettuali, quanto sui risultati effettivi da conseguire, misurabili in termini di miglioramento di performance su indicatori definiti.

Indichiamo di seguito le principali aree di intervento e le applicazioni su cui sono impegnate le amministrazioni regionali secondo quanto indicato dal rapporto.

Interoperabilità e infrastrutture

L’Agenda Digitale europea individua la mancanza di interoperabilità come uno dei principali ostacoli per la valorizzazione dell’Ict, che frena soprattutto la circolazione dei dati, condizione indispensabile per la realizzazione dei servizi innovativi. Le Regioni, già da alcuni anni, condividono standard infrastrutturali e applicativi per l’interoperabilità e sperimentano in alcuni ambiti l’utilizzo della cooperazione applicativa.

Un altro dei pilastri fondamentali dell’Agenda Digitale europea è costituito dalle infrastrutture di rete Internet veloce e superveloce. Le Regioni, da parte loro, hanno attivato negli ultimi anni numerosi progetti per aumentare la copertura in banda larga del territorio nelle aree marginali. Si tratta soprattutto di progetti di adesione con fondi regionali al Piano Nazionale Banda Larga (a cui contribuisce un cofinanziamento nazionale e collabora il Ministero dello Sviluppo Economico), di progetti realizzati nel contesto del Recovey Plan per l’utilizzo di fondi Feasr (sempre in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico), ma anche di progetti interamente regionali, realizzati attraverso il coinvolgimento delle società in house e di altri operatori privati.

Sono invece ancora in fase preliminare i progetti per la banda ultra-larga che prevedono connessioni Internet fra 30 mbps e i 100 mbps. Il Ministero dello Sviluppo Economico valuta sia necessario un impegno tra i 9 e i 15 miliardi per la copertura dell’intero territorio nazionale, mentre sono stati stanziati, come anticipato sopra, 448 milioni di euro, gran parte destinati al Mezzogiorno.

Carta regionale servizi e fascicolo sanitario

In 14 regioni sono già state distribuite oltre 20 milioni di carte per l’accesso ai servizi (Crs-Carta Regionale dei Servizi), nella maggior parte dei casi tessere sanitarie usate come carte multifunzione, che consentono non solo l’archiviazione di dati del cittadino, compresa la firma elettronica, ma anche l’accesso a diversi servizi. Ne sono stati attivati 175 di cui un terzo di tipo sanitario, un quinto dedicato alle imprese, altri per pagamento tributi, istruzione, territorio ecc. La distribuzione più massiccia è stata quella della Regione Lombardia che ha completato la consegna della tessera a tutti i cittadini e ha anche il primato in termini di maggior numero di servizi attivi.

Figura 2 – Diffusione e attivazione delle Carte Regionali dei Servizi

La piena funzionalità delle Crs prevede però l’attivazione della carta da parte del cittadino. Va alla Valle d’Aosta il record delle carte distribuite e attivate (93%), seguita da Friuli Venezia Giulia (47%) e Toscana (30%) – (figura 2). Il fascicolo sanitario elettronico (Fse), destinato a contenere la storia clinica di ciascun cittadino, è stato realizzato in Lombardia, nella Provincia autonoma di Trento, in Emilia-Romagna, in Toscana e in Sardegna, mentre è in sperimentazione o in fase di realizzazione in tutte le altre regioni. Il fascicolo, nelle regioni in cui è stato realizzato, risulta potenzialmente disponibile per tutti i cittadini, ma il numero di fascicoli attivi, cioè i fascicoli dei cittadini che hanno fornito il consenso alla gestione dei loro dati sanitari, è complessivamente ancora abbastanza basso e corrisponde al 13% della popolazione, concentrato in alcune aree: 6 milioni in Lombardia, 1,2 milioni in Toscana, mezzo milione nella Provincia Autonoma di Trento.

L’applicazione della nuova normativa (operativa dal 30 settembre 2010) ha comportato un vero e proprio “switch off” per gli sportelli unici, con qualche disallineamento. Molti Comuni, ad esempio, pur rendendo operative alcune attività online, non hanno fornito le informazioni base e la modulistica. L’effetto della normativa è stato comunque di consentire alle imprese di poter finalmente contare, con diversi livelli di sofisticazione del servizio, sullo sportello unico telematico.

Sportello unico per le attività produttive e firma elettronica

Le Regioni hanno, da parte loro, predisposto piattaforme informatiche a disposizione degli Enti locali per la gestione del front office Suap (Sportello Unico per le Attività Produttive), in particolare per la gestione degli allegati firmati digitalmente (11 Regioni), la modulistica unificata (11 Regioni), la compilazione guidata della modulistica (10 Regioni), la predisposizione della Pec per l’invio al Suap (9 Regioni) e il collegamento con il Registro delle imprese per l’invio di informazioni (8 Regioni). Oltre metà delle Regioni ha poi attivato un proprio portale che fornisce informazioni sugli sportelli presenti sul territorio e sui servizi da questi attivati, e offre a sua volta alcuni servizi aggregati a livello regionale.

L’utilizzo della firma elettronica è diffuso in tutte le regioni: 7 la utilizzano abitualmente per tutte le attività ordinarie, 4 la impiegano solo in alcuni ambiti (procedure amministrative interne, protocollo, sanità ecc.). Le Regioni hanno distribuito 10 milioni di firme digitali a soggetti diversi contestualmente alla distribuzione delle carte regionali dei servizi.

Pagamenti on line ed e-procurement

In 8 Regioni sono disponibili o in fase di sperimentazione piattaforme per i pagamenti on line, in alcuni casi per il pagamento di prestazioni sanitarie in altri per tributi regionali (ad esempio il bollo auto) con la possibilità di visualizzare la situazione debitoria; l’autenticazione avviene, dove è stata distribuita, attraverso carta regionale dei servizi altrimenti mediante l’identità digitale federata.

Esiste in 14 Regioni una piattaforma di e-procurement e di fatturazione elettronica che potrebbe fornire un significativo contributo alla dematerializzazione.

In conclusione, il quadro indica competenza, impegno e persino entusiasmo da parte dei settori tecnici, da cui non sembrano tuttavia conseguire corrispondenti miglioramenti nell’efficienza della macchina pubblica né nella percezione che ne hanno cittadini e imprese. Una delle ragioni può essere che l’attivazione di servizi anche sofisticati e con grandi potenzialità per l’ottimizzazione delle amministrazioni non è accompagnata da un’adeguata comunicazione ai potenziali utilizzatori, cittadini e imprese. Le tante iniziative di eccellenza, per essere davvero efficaci, andrebbero inserite all’interno di un piano di innovazione nazionale capace di metterle a fattor comune. E per identificare le applicazioni su cui investire sarebbe necessario analizzare i reali risultati conseguiti, grazie alla digitalizzazione, dalle amministrazioni andando a misurare sia le performance a livello di back-office sia il miglioramento dei servizi a cittadini e imprese, in termini di qualità e di intensità di uso. Sono queste alcune delle attività che l’Agenzia per l’Italia Digitale dovrebbe assumere fra le priorità.

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