DAVOS – 14,2 trilioni di dollari entro il 2030: sarebbe questo il mercato dell’Industrial Internet of Things (ossia quello relativo agli “oggetti” che impattano più direttamente sui processi e sistemi produttivi) previsto da Accenture nell’indagine Winning with the Industrial Internet of Things presentata al World Economic Forum Annual Meeting 2015 appena conclusosi a Davos. E anche se l’Italia risulta in coda nell’elenco dei paesi predisposti a cogliere le opportunità dell’IIoT, l’impatto sul Pil del nostro Paese sarebbe comunque di 197 miliardi di dollari, pari all’1,1% del Pil previsto. Certo, cifre ben diverse da quelle degli Usa che potrebbero vedere il proprio Pil crescere di ulteriori 7,1 trilioni di dollari con un incremento del 2,3% o della Germania il cui Pil, con 700 miliardi di dollari derivanti dall’IoT, potrebbe aumentare dell’1,7%.
Eppure tutti questi bei numeri potrebbero rivelarsi un miraggio perché secondo l’indagine, condotta su 1.400 top manager di aziende globali (fra cui 736 Ceo), questi guadagni potrebbero essere a rischio a causa della mancanza da parte delle aziende di piani concreti (73% del campione); solo il 7% degli intervistati risulta avere sviluppato infatti una strategia completa, con relativi investimenti e solo il 13% ritiene che la propria società saprà trarre vantaggi dall’IIoT.
Infrastrutture, competenze o istituzioni inadeguate: queste le cause del gap tra paesi al top della classifica di chi saprà cogliere le opportunità dell’IIoT (Usa, Svizzera, Scandinavia e Paesi Bassi) e quelli attualmente posizionati agli ultimi posti (Spagna, Italia, ma anche Russia, India e Brasile). “L’Industrial Internet of Things ha la capacità di potenziare considerevolmente la produttività e la competitività delle economie industriali, tuttavia l’assenza delle condizioni adeguate per il suo sviluppo, specialmente la mancanza di conoscenze digitali, possono impedire l’avanzamento di molti paesi”, spiega Bruno Berthon, Managing Director, Digital Strategy, Accenture Strategy. “Le aziende devono collaborare con i policy maker per mettere in atto le politiche necessarie a favorire lo sviluppo delle tecnologie digitali su larga scala e per contendersi gli investitori esteri”. Anche perché l’impatto sul mondo del lavoro sarebbe significativo: l’87% degli intervistati ritiene che l’IIoT creerà un numero significativo di posti di lavoro, ma soprattutto consentirà di accrescere le competenze attuali permettendo ai lavoratori di migliorare la propria professionalità. Accenture, in un report presentato a Davos insieme a questa indagine, illustra tutta una serie di casistiche che concretizzano questi dati (per esempio, gli addetti alle trivellazioni potranno gestire i macchinari in remoto e collaborare così con ingegneri e analisti dei dati, per migliorare la precisione e la produttività delle operazioni).
Ripensare i modelli industriali, trarre vantaggio dal valore dei dati, prepararsi il lavoro del futuro: sono le tre aree sulle quali secondo Accenture è indispensabile intervenire per fare in modo che le previsioni non si trasformino in miraggi. Le aziende dovranno infatti riprogettare le proprie organizzazioni in una logica di collaborazione estesa con soggetti che fino a oggi erano esclusi dal perimetro aziendale (un esempio? Le società agrochimiche dovranno collaborare con i fornitori di software, di dati climatici e con gli operatori dei satelliti per migliorare la resa dei raccolti in determinate aree e condizioni geografiche). Per poter utilizzare i miliardi di dati proveninenti dall’IIoT, e quindi trarre vantaggio dal valore dei dati, è indispensabile l’istituzione di standard di inter-operabilità e sicurezza per garantire la condivisione riservata dei dati fra società. Infine saranno necessari ambienti di lavoro decentralizzati, con nuove strutture organizzative per consentire ai lavoratori di collaborare in modo più creativo con le loro controparti delle società partner.
Per maggiori informazioni: IoT, il mercato in Italia e gli strumenti del fare