L’Italia si aggiudica la 17-esima posizione all’interno dei 28 Paesi europei in termini di capacità della PA di sfruttare le potenzialità offerte dall’ICT, con un risultato del 58%, di poco inferiore alla media europea del 63%. Si colloca invece in ultima posizione nell’utilizzo dei servizi di eGovernment per interagire con la Pubblica Amministrazione da parte dei cittadini (22% dei cittadini, a fronte di una media europea del 53%).
Con queste scarse performance il nostro Paese si colloca nel quadrante “non-consolidated eGovernment” (figura) ossia tra i Paesi che devono impegnarsi per poter trarre vantaggi dall’ICT.
Sono questi i risultati più evidenti dell’eGovernment Benchmark Report 2018 della Commissione Europea, che fa il punto sullo stato dell’arte della trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni europee, basato su 28 paesi dell’Unione Europea, incluso il Regno Unito, esteso ad altri 6 Paesi (Islanda, Norvegia, Montenegro, Repubblica di Serbia, Svizzera e Turchia).
All’elaborazione ha contribuito, per il quarto anno consecutivo, il Politecnico di Milano attraverso un modello di analisi innovativo che porta il tradizionale benchmarking verso il benchlearning, dove la comparazione fra paesi è solo il punto di partenza per l’avvio di un processo di apprendimento sistematico e integrato finalizzato al miglioramento.
“Il modello è stato sviluppato a partire dall’evidenza che le prestazioni in eGovernment di un Paese sono fortemente influenzate dalle sue specifiche caratteristiche – spiega Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano e responsabile del gruppo di ricerca sull’eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano – Una politica efficace attuata nei Paesi Scandinavi, dove internet è utilizzato settimanalmente da circa il 95% della popolazione, potrebbe addirittura essere controproducente in Italia, dove questo valore scende al 69%”.
Come evidenzia la figura, il posizionamento dell’Italia è il risultato di due indicatori: Penetration, che misura il grado di diffusione del canale online tra gli utenti che hanno la necessità di utilizzare i servizi pubblici; Digitisation, la capacità della PA di sfruttare le potenzialità offerte dall’ICT. I confronti sono stati fatti con Paesi che si trovano in contesti simili, considerando le caratteristiche degli utenti, del governo, del contesto digitale del paese.
“L’obiettivo non è quello di trovare delle giustificazioni a performance mediocri di alcuni Paesi ma abilitare un confronto tra le strategie di eGovernment di Paesi con caratteristiche simili – precisa Michele Benedetti, responsabile della Ricerca per il Politecnico di Milano – L’analisi permette infatti di individuare i Paesi che stanno facendo meglio o peggio rispetto a quello che riescono a fare altri in un contesto simile in termini di tipologia di utenza, caratteristiche della PA e propensione al digitale del Paese”.
L’Italia sembra avere un ambiente sfavorevole per le azioni di eGovernment e potrebbe addirittura rallentarne l’efficacia: mentre l’apertura di dati e informazioni e la digitalizzazione delle imprese sono quasi in linea con la media europea, tutte le altre caratteristiche (competenze digitali, utilizzo ICT, qualità e connettività) sono molto più basse. Sembrerebbe dunque preliminare un rafforzamento delle competenze digitali degli utenti italiani e l’aumento dell’uso regolare di internet. Tuttavia l’analisi evidenzia che ci sono Paesi nelle nostre stesse condizioni che stanno ottenendo risultati migliori, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dei servizi di eGovernment da parte dei cittadini e dunque ci sono diversi percorsi possibili che il report indica.
Benchlearning: suggerimenti per migliorare le performance
Nel caso della penetration, dove l’Italia si trova in buona compagnia con Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Lussemburgo, il problema non deriva tanto da un basso punteggio in assoluto, quanto rispetto a quello che ci si potrebbe attendere a partire dalla caratteristiche del paese. Il primo suggerimento dello studio, all’Italia e agli altri Paesi con scarsa penetration, è che si potrebbe produrre un miglioramento con una maggiore offerta di servizi eGovernment e di migliore qualità, adottando logiche customer centric. Dalle analisi emerge anche che i paesi dove i cittadini hanno maggiori capacità digitali e un utilizzo più frequente di Internet sono anche quelli con un utilizzo più diffuso dei servizi eGovernment. Questo fatto potrebbe suggerire azioni per aumentare la consapevolezza dei cittadini e attività di formazione per potenziare l’uso dei servizi. D’altra parte sembra che quando i cittadini percepiscono la disponibilità di servizi di alta qualità siano maggiormente inclini ad utilizzarli. È inoltre possibile aumentare il livello di penetrazione attraverso l’aumento del numero di persone che inviano online documenti ufficiali alle autorità amministrative, ma anche automatizzando i processi e riducendo il numero di moduli che i cittadini devono inviare, cosa che implica l’accelerazione della trasformazione digitale dei processi della PA.
“Alcuni fattori di contesto rappresentano senz’altro un freno per chi è deputato a governare la trasformazione digitale del nostro Paese, ma non possono essere presi come unica scusante. I dati ci dicono che sempre più italiani utilizzano Internet in modo evoluto e gli scarsi risultati registrati nell’utilizzo dei servizi di eGovernment devono far riflettere sulla reale fruibilità di quanto oggi messo a disposizione sul Web da parte della PA”, sintetizza e conclude Noci.