Secondo il recente Report pubblicato dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano (consultati, tra gli altri, manager del Ministero della Salute, Regioni, Direzioni Strategiche e CIO di strutture socio-sanitarie italiane) dopo un 2015 sostanzialmente stabile, nel 2016 gli investimenti fatti per la digitalizzazione della Sanità italiana registrano un calo: l’anno scorso sono stati spesi 1,27 miliardi di euro, il 5% in meno rispetto al dato del 2015 (figura 1). Una spesa che resta lontana dagli standard dei Paesi europei avanzati.
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I segnali positivi non sono però mancati anche nel 2016: tanti i “lavori in corso” che sul piano normativo (sia a livello centrale che regionale) hanno caratterizzato l’anno, tra i quali ricordiamo, perché particolarmente rilevante, l’approvazione del Patto per la Sanità digitale in Conferenza Stato-Regioni, che riconosce formalmente il ruolo strategico dell’innovazione digitale per il miglioramento della qualità e l’aumento dell’efficienza del sistema sanitario. E tuttavia lo sviluppo dell’innovazione digitale nelle strutture sanitarie italiane è a macchia di leopardo e il SSN sembra procedere lentamente e faticosamente.
Cosa in particolare sta frenando il percorso del SSN?
1) Risorse inadeguate – “L’allocazione di risorse – dice Corso – è stata abbastanza sbilanciata rispetto alla portata degli atti normativi, insufficiente”; come spiega il Report, l’impostazione stessa del Patto si basa sulla premessa sbagliata che l’innovazione digitale possa essere portata avanti in assenza di risorse dedicate, semplicemente spendendo meglio quelle esistenti e reinvestendo i risparmi; questo non può bastare in un’Italia che per molti anni non ha investito quanto avrebbe dovuto. Non a caso le Direzioni Strategiche indicano le risorse economiche tra le principali barriere allo sviluppo della Sanità digitale (figura 2).
2) Incertezze normative – Il nuovo codice sugli appalti pubblici, approvato il 18 aprile 2016, che avrebbe dovuto facilitare la collaborazione tra pubblico e privato e favorire gli investimenti in innovazione digitale, non sembra convincere i decisori delle strutture sanitarie (eccessivamente complesso per il 45% dei CIO e il 30% dei Direttori Amministrativi). Come ha fatto notare Corso, questo codice così come alcune riforme sanitarie regionali, se da una parte vanno in una direzione condivisibile, dall’altra hanno creato delle situazioni di ritardo e incertezza entro cui rischiano di formarsi pericolosi atteggiamenti di alibi e pigrizia.
3) Competenze digitali – Infine, è la bassa cultura digitale tra gli addetti ai lavori a rappresentare una terza barriera importante; è riconosciuta come tale dal 34% delle Direzioni Strategiche, dal 43% degli internisti e dal 51% dei Medici di Medicina Generale.