Smart Cities: un percorso nuovo per la digitalizzazione dell’Italia

Le realtà urbane europee, in cammino per diventare vere e proprie città intelligenti sono considerate un volano per mantenere, se non per riguadagnare, posizioni di primo piano a livello mondiale

Pubblicato il 30 Giu 2011

Il tema e le iniziative sulle Città Digitali stimolano oggi un interesse e una attenzione diffusa, uscendo dal recinto degli esperti di settore e invadendo i più importanti ambiti delle Amministrazioni Locali. Le Città Digitali o Smart Cities, come sono state ribattezzate in questi anni, sono città tecnologiche interconnesse, ma anche sostenibili, confortevoli, attrattive, sicure, cioè “intelligenti”.

La spinta al cambiamento
Puntare sulle nuove tecnologie per migliorare la gestione dei processi urbani, e soprattutto la qualità della vita dei cittadini, è la linea seguita dalle Amministrazioni Locali che stanno progettando un ridisegno delle proprie città (figura 1).

Figura 1 – Il modello delle Smart City

La spinta propulsiva verso tale cambiamento ha due origini:
L’azione di stimolo della Commissione Europea che ha inserito il tema “Smart Cities” nelle iniziative del già finanziato “Set Plan”, cioè del pacchetto globale di misure per l’efficientamento energetico e l’abbattimento delle emissioni in atmosfera (figura 2).

Figura 2 – Le aree di interesse delle Smart Cities nei progetti europei
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

La Strategia europea 20/20/20 ha tre obiettivi: riduzione del 20%, rispetto ai livelli del 1990, delle emissioni di gas a effetto serra; raggiungimento della quota di fonti rinnovabili del 20% rispetto al consumo finale lordo; miglioramento dell’efficienza degli usi finali dell’energia del 20%.
Per ogni paese dell’Unione verranno scelte due città su cui far confluire investimenti pubblici e privati pari a 11 miliardi di euro per ogni città, nell’arco di dieci anni. Bruxelles instaurerà poi una corsia preferenziale con le candidate selezionate, e i progetti giudicati migliori avranno accesso diretto ai finanziamenti, senza la mediazione dello stato di appartenenza.
Le iniziative dei sindaci atte a recuperare efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici sia con l’obiettivo (importante in questa congiuntura economica) di realizzare risparmi ed economie, ma anche per sostenere attività come il turismo e i beni culturali (attività potenzialmente in grado di essere a beneficio del territorio), nonché di sostenere le entrate comunali.
La volontà dell’Unione Europea è quella di individuare alcune città pioniere; in Italia il Comune di Genova ha avanzato e costruito la candidatura per diventare una delle trenta Smart Cities selezionate dall’UE come esempi tangibili della città intelligente di domani. In Europa i casi di Amsterdam, Stoccolma e Barcellona sono i più noti e riguardano grandi città in grado di attirare progetti pubblici e investimenti privati, ma in realtà oggi sono i comuni europei di medie dimensioni a evidenziare capacità di iniziativa.
Ne è un esempio il Patto dei Sindaci, e l’Italia è tra i paesi più rappresentati, che coinvolge a livello europeo più di 1.800 città, diventando un elemento cruciale della politica energetica sostenibile dell’Unione Europea. I firmatari del Patto dei Sindaci si impegnano formalmente a superare l’obiettivo comunitario tramite l’attuazione di specifici piani d’azione per l’energia sostenibile a livello locale. L’iniziativa ha conosciuto una rapida espansione dal suo lancio nel 2008 e rappresenta attualmente il principale strumento europeo di politica energetica, la quale ha riunito sindaci di stati membri dell’Unione Europea e di paesi terzi.

Le strategie dei fornitori
Tale evoluzione ha anche indotto una forte revisione e focalizzazione delle strategie dei fornitori di tecnologie, con due conseguenze positive:
ha allargato l’area dei protagonisti coinvolgendo i grandi fornitori e distributori di energia a livello nazionale e locale (utilities), nonché tutta l’area dell’Intelligent Building;
ha incentivato i fornitori di soluzioni Ict ed i telco a elaborare una visione e un approccio sistemico, non più orientato al singolo caso, ma in grado di stimolare il mercato nel suo complesso.
Ne è un esempio la recente intesa siglata fra Anci e Telecom Italia per la costituzione del laboratorio “Smart City”. L’iniziativa consentirà di definire modelli di “città intelligenti” attraverso lo sviluppo di servizi digitali innovativi, in grado di migliorare settori-chiave per i comuni quali l’efficienza energetica, il monitoraggio ambientale, la comunicazione ai cittadini e la promozione turistica. Analogamente l’iniziativa “Smarter Town” di Ibm coinvolge, con la firma di protocolli di intesa, un numero crescente di comuni di medie dimensioni (Parma, Reggio Emilia, Firenze, Pisa, Salerno e Bolzano).
Va però anche osservato che i progetti attualmente avviati in Italia sono ancora poco numerosi, e salvo eccezioni, scontano le ricorrenti e attualmente accentuate criticità di finanziamento.
Sono pochissime le realtà comunali che possono fare affidamento sull’autofinanziamento, con risorse proprie orientate al recupero di efficienza, e quindi al risparmio sulle inefficienze tipiche di una Amministrazione Pubblica. Solo per le città maggiori è possibile ricorrere a indebitamento tramite mutui (Agevolati CDDPP; Fondi dedicati,ecc) o al sistema del credito o emissioni obbligazionarie.
Più diffusa la partecipazione a bandi, Fondi Nazionali o Comunitari (ministeriali, regionali, provinciali, europei). Ma se la Comunità Europea ha già allestito a riguardo una serie di iniziative di finanziamento (anche con la partecipazione della Banca Europea degli Investimenti) i bandi nazionali e regionali rimangono diversi ed episodici, contro il bisogno di stabilità nel tempo e certezza attuativa. Del resto per la UE, i partenariati pubblico-privato (PPP) possono offrire modi efficaci per realizzare progetti infrastrutturali, fornire servizi pubblici e, in senso più ampio, portare innovazione per stimolare la ripresa. In termini di gestione globale dei servizi pubblici o di costruzione/gestione di infrastrutture pubbliche, la diffusione dei PPP è ancora molto limitata, ed essi sono solo una piccola parte degli investimenti pubblici totali.
In Europa i PPP si sono sviluppati nel settore trasporti (strada e ferrovia), edilizia e attrezzature pubbliche (scuole, ospedali, carceri) e dell’ambiente (trattamento di acque/rifiuti, gestione dei rifiuti). L’esperienza varia da un settore e da un paese all’altro: molti stati hanno un’esperienza limitata di PPP, o non ne hanno affatto. Sarebbe veramente opportuno che il nostro Ministero dello Sviluppo Economico elaborasse a riguardo un piano dedicato a supportare la progettazione e costruzione di iniziative congiunte pubblico-privato comunali.
Potrebbe essere quella delle Smart Cities una strada nuova ed efficace nel percorso verso la digitalizzazione che il nostro Paese sta intraprendendo con molta fatica e ancora in assenza di una visione integrata e sistemica.

* Giancarlo Capitani è amministratore delegato della società di ricerche NetConsulting, tel 02.4392901, capitani@netconsulting.it
* Roberto Azzano è Practice Leader di NetConsulting

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