Si è recentemente svolta a Milano l’ultima tappa del tour “Verso il connected workplace”, un percorso organizzato da ZeroUno in collaborazione con Samsung Business con l’obiettivo di scoprire come le aziende stanno riconfigurando il proprio modo di lavorare abbracciando i principi dello smart working e della mobility. “Siamo immersi, anche socialmente, in una rivoluzione digitale: cambiano i modi in cui le persone si relazionano, fruiscono delle informazioni e fanno acquisti, e come community sempre più abbiamo la capacità di condizionare il mercato, oltre che di esserne condizionati – spiega Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno – Affrontare oggi il tema dello smart working è essenziale perché, in questa nuova cultura digitale a cui dobbiamo allinearci, esso rappresenta il nuovo modo in cui faremo business”.
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L’It si trova spinto verso questo nuovo modello da due forze: utenti da un lato, management e mercato dall’altro.“Già da qualche tempo la fruizione di Internet da mobile ha superato quella dai pc fissi”, spiega Filippo Maria Renga, Co-Fondatore degli Osservatori Digital Innovation e Coordinatore degli Osservatori Mobile della School of Management del Politecnico di Milano, il quale, ponendo poi l’accento sulla mobilità come fattore abilitante lo smart working, ricorda che la media dei mobile surfer giornalieri tocca i 17 milioni di persone. “Un fenomeno in crescita, che non è ancora arrivato alla saturazione, ma che si può ormai definire ‘di massa’, dal momento che la diffusione dei device mobili è superiore anche a quella della televisione, strumento di massa per antonomasia”.
Come è stato sottolineato durante l’evento, questo fenomeno legato al mondo consumer, con utenti che spesso si sono ritrovati ad avere device e applicazioni a uso personale più efficienti di quelli business, si è tradotto in una pressione fortissima sulle aziende, costrette a colmare il gap che si stava generando. Il management, dal canto suo, ha rafforzato questa spinta: le Lob sono divenute sempre più coscienti dei vantaggi competitivi derivati dal nuovo paradigma del “lavoro intelligente”; una ricerca del Politecnico di Milano stima che il recupero medio di produttività dei mobile worker potrebbe ammontare a 10 miliardi di euro annui, suddivisi in modo disomogeneo sulle diverse categorie di lavoratori, che, a seconda delle attività svolte, hanno più o meno possibilità di sfruttare i vantaggi che la mobilità offre (Figura 1).
Infine, è il mercato che obbliga a un adeguamento in ottica smart working, dal momento che le molte aziende che si stanno rendendo competitive sfruttandone i vantaggi, impongono lo stesso ritmo alla concorrenza.
Come si stanno muovendo le imprese e i dipartimenti It sotto questa duplice pressione e quali elementi non devono essere trascurati nel disegnare una strategia? I numeri legati alla mobilità sono alti, ma non sempre questa è ben gestita e capace di portare i frutti che le aziende si aspettano. Ecco alcuni elementi emersi durante l’evento.
Tanta mobilità… non sempre ben gestita
Se il fenomeno della mobility in ambito consumer è esploso, i dati che riguardano il mondo business non sono certo trascurabili: sempre secondo il Politecnico, sono in molti a scegliere anche luoghi alternativi all’ufficio per lavorare (il 19% dei lavoratori sfrutta spazi di co-working, il 19% aeroporti, il 16% bar, ristoranti e biblioteche), e va ricordato che, come dice Renga: “La pervasività che si registra non è solo quella del numero crescente dei mobile worker, ma anche dei processi che vengono resi mobili: almeno in linea teorica, tutti i processi hanno infatti delle componenti che possono trarre vantaggio da un loro ripensamento in chiave mobility”. Anche le tecnologie, device e biz-app, sono sempre più diffuse; ciò che ancora è limitato è invece il livello di adozione delle piattaforme di Mobility management, assenti nel 56% delle aziende (Figura 2).
Si tratta evidentemente di una carenza che le imprese dovranno colmare: la mobilità, come hanno sottolineato gli ospiti, amplia i confini dei sistemi informativi ed è fondamentale che questo ampliamento sia governato in modo centralizzato, sia a livello di gestione funzionalità, sia sul piano della sicurezza. Rispetto a quest’ultimo punto, troppo spesso capita che, mentre le aziende diventano borderless, la security rimanga sostanzialmente perimetrale; dotarsi di strumenti focalizzati invece sulla protezione del dato, è dunque da considerarsi un’altra sfida ancora decisamente aperta.
Tanta mobilità… non sempre produttiva
Dal momento che, come è stato detto, una maggiore penetrazione degli strumenti digitali non significa necessariamente maggiori risultati all’interno dell’azienda, è fondamentale capire come muoversi in modo efficace: “Non innamoriamoci delle tecnologie fini a se stesse – ha detto Uberti Foppa – è importante da un lato inserire queste tecnologie all’interno dei singoli processi per allinearle agli obiettivi di business, dall’altro far sì che gli strumenti vengano effettivamente adottati dai lavoratori”. Come riuscirci? Rispetto al secondo dei due aspetti, gli ospiti hanno sottolineato l’importanza di coinvolgere gli utenti nella fase di sviluppo delle soluzioni e di puntare sempre a strumenti di semplice utilizzo, prendendo esempio dal mondo consumer; rispetto invece all’attenzione per i singoli processi, si è molto insistito sul ruolo consulenziale – e non di semplice fornitore – del partner tecnologico: oggi più che mai è importante, dal momento che spesso, come è stato detto, molti strumenti (per esempio i device mobili) sono già presenti in azienda e ciò che serve è soprattutto trovare la soluzione (per esempio una biz-app) in grado di far fruttare investimenti già fatti. Al partner va anche il compito di educare le figure aziendali coinvolte nei progetti, che spesso devono essere guidate sul piano culturale e organizzativo nel ripensare abitudini e processi lavorativi secondo i principi tipici dello smart working, quali l’autogestione in termini di tempi e luoghi di lavoro, la responsabilizzazione delle persone rispetto alla propria attività e la valutazione dell’operato “per obiettivi”. Sarebbe infine di certa utilità se, in fase di sviluppo progetto, il partner tecnologico riuscisse a riunire attorno a un unico tavolo tutti gli stakeholder – non ultimi, come accennato, gli stessi utenti finali – per favorire un dialogo senza cui diventa difficile lavorare in modo strategico ed efficiente.
Connected Workplace: sicurezza senza rinunciare all’usabilitàNon può esserci “connected workplace” senza una adeguata attenzione per la sicurezza. Rispetto a questo tema, oltre alla soluzione Knox, ideata per gestire i rischi derivati dal Byod (il software crea nei device personali dei lavoratori una partizione isolata gestibile da policy corporate per proteggere i dati enterprise), Samsung ha parlato durante l’evento di protezione dei flussi documentali; come ha detto Giuseppe Martorana, Printing Pre Sales Specialist di Samsung: “Le soluzioni con funzionalità di stampa trattenuta – per cui i documenti, una volta lanciati in stampa, possono essere effettivamente ritirati solo previa autenticazione dell’utente – vogliono coniugare sicurezza a facilità d’uso: il multifunzione bloccato può essere infatti attivato dall’utente non solo tramite badge aziendale o It e password, ma anche sfruttando il dispositivo mobile dell’utente stesso, che la multifunzione è in grado di riconoscere”. La soluzione è serverless e, attraverso sistemi di accounting, è possibile estendere la funzionalità a una rete di stampanti (anche di sedi diverse), per cui il documento che si desidera stampare può essere ritirato da qualsiasi dispositivo appartenete alla rete stessa. Ospite all’evento anche Zucchetti Informatica (software house di 2.800 addetti, più di 1.100 Partner e 100.000 clienti), partner Samsung che, come ha spiegato Daniele Bianchi, Responsabile servizi dell’azienda, grazie al suo approccio multidisciplinare, si propone ai clienti come soggetto unico di riferimento in grado di gestire i progetti It interamente, coordinandoli e realizzandoli nella loro complessità: “Il nostro compito è mappare le tecnologie sui processi delle aziende – ha detto il manager – La digital trasformation oggi passa dalla capacità di gestire un disegno strategico complessivo corretto, disegno che come partner tecnologico ci proponiamo di guidare”. |