Come prima cosa, spero innanzi tutto che il prossimo governo non distrugga quanto è stato fatto di positivo: penso a Industria 4.0 e ai risultati straordinari raggiunti da un piccolo nucleo come quello strutturato da Diego Piacentini.
Leggi tutti i contributi dei CIO allo Speciale Elezioni 2018
- Tecnologia, innovazione, imprese: cosa chiedere alla politica che verrà
Un’altra precondizione, affinché tutto quello che dirò di seguito possa essere realizzabile, è che il digitale diventi prioritario nell’agenda politica italiana. Purtroppo le premesse non sono buone: nessuno in questa campagna elettorale ne fa cenno. Non se ne parta più dai tempi delle 3i di Berlusconi, un’altra era geologica. Siamo talmente indietro che sarebbe necessario, per smuovere qualcosa, un vicepresidente con delega alla digitalizzazione come accadde negli Stati Uniti con Al Gore, ai tempi dell’amministrazione Clinton, con il lancio delle autostrade digitali.
Per superare i notevoli ritardi rispetto agli altri paesi europei, è indispensabile creare una catena del valore in grado di trasformare l’Italia in un Paese “digital by default”. Ma per ottenere questo risultato si devono attuare riforme complesse, strutturali e progressive, contemporaneamente in vari campi. Per questo l’ordine dei miei suggerimenti non ha priorità: tutto deve essere messo in campo allo stesso tempo per poter avere successo.
- La situazione della scuola italiana è una delle più drammatiche al mondo. Serve una riforma che introduca l’educazione alla cittadinanza digitale come materia di base fin della scuola dell’obbligo. Dovrebbe essere insegnata da docenti specializzati per fasce d’età; si creerebbero, in questo modo, anche nuovi posti di lavoro. Andrebbe contemporaneamente re-introdotto un vero insegnamento dell’educazione civica. Inoltre, per ovviare al serio problema di managerialità nel paese, andrebbero insegnati i soft skill nella scuola secondaria di II grado.
- Venendo all’Università, dovremmo ricordare che tutte le facoltà debbono confrontarsi con una società digitale. Andrebbero inoltre equilibrate le iscrizioni per facoltà riportando i numeri a standard europei: si dovrebbero aumentare gli studenti nelle discipline scientifiche (STEM) e diminuire sensibilmente quelli in discipline umanistiche e specificatamente giuridiche, tenendo conto il più possibile della domanda del mondo del lavoro. Ricordo che il numero di avvocati nella sola Roma è pari a tutti gli avvocati francesi.
- La riforma della giustizia dovrebbe essere finalizzata a diminuire in modo consistente il numero di norme e il contenzioso per avvicinarci a standard europei.
- Vanno eliminati la burocrazia inutile e gli enti inutili che sprecano risorse e non combattono la corruzione, anzi la alimentano, attuando una vera riforma della PA. Solo a titolo di esempio, ricordo che la mia struttura (come tutto il resto della PA) dedica una parte consistente del tempo di lavoro ad occuparsi di produrre e gestire documentazione inutile.
- Va attuata una vera riforma della Pubblica Amministrazione, anche nella direzione di gestire in modo sano (da letteratura) le risorse umane a partire dalla classe dirigente della PA, intesa nel modo più ampio possibile. In questi anni ci sono stati cambiamenti nel privato che non hanno avuto riscontro nella PA: la vera valutazione del personale è tuttora inesistente; la Pubblica Amministrazione italiana è l’ultimo baluardo mondiale d’inamovibilità al netto dei “furbetti del cartellino”.
- Si deve contenere la logica delle Amministrazioni come città stato, monarchie assolute o signorie anzitutto dal punto di vista del digitale, ma non solo. Per portare forti economie di scala, interoperabilità, efficienza, sviluppo delle giuste competenze, va attuata una vera riforma della PA.
- Si dovrebbe investire in modo consistente in strutture centrali (o centrali-regionali) grandi, innovative e competenti in grado di fornire servizi digitali agli altri enti, prestando una particolare attenzione al settore della sanità. Per farlo andrebbero riequilibrate le risorse: ci sono enti da chiudere con migliaia di persone, mentre ad esempio Consip (e lo stesso vale per Agid), che muove miliardi, opera con un numero troppo esiguo di persone.
- Andrebbe favorita la creazione di grandi aziende IT, come accade in tutti gli altri Paesi europei; andrebbero incentivate le PMI più innovative, anche con sgravi fiscali; trovati accordi con gli over the top come hanno fatto molti Paesi europei. Andrebbe inoltre incentivato, anche economicamente, l’uso delle piattaforme abilitanti da parte degli enti pubblici, delle aziende e dei singoli cittadini.
- Servirebbe una grande opera di comunicazione della cultura digitale, che deve diventare un punto fondamentale dell’agenda politica; di conseguenza anche i media (non solo quelli specializzati) dovrebbero assumere competenze per essere all’altezza di affrontare questa sfida, mentre oggi se ne occupano poco e male.
- Va superata la logica della contrapposizione come principio fondante della politica. Giuseppe De Rita dice giustamente: “Tutta la politica italiana è mossa dal rancore”. Tutto ciò che ho elencato in precedenza o si fa tutti insieme o non si fa perché implica anche molte scelte impopolari ma necessarie per salvare un Paese alla deriva e fuori controllo.
- È urgente portare in Parlamento (e magari anche al Quirinale e a Palazzo Chigi) competenze digitali e manageriali.
Commenti all’articolo
Che una persona notoriamente non proprio conservatrice come lui debba fare riferimento alle 3i di Berlusconi la dice lunga sullo stato del digitale italiane.
Il pezzo comunque è fantastico!
Che ficata1
Indicazioni che possano risultare generali, da una più attenta lettura evidenziano la lucidità con cui sono stati tracciati. Se il 5% di questa lucidità fosse stata messa in campo dalle nostre istituzioni e dalle forze politiche tutte, i giovani non sarebbero costretti ad emigrare.
Il perno attraverso cui ruotano i punti sono la possibilità per il nostro paese di uscire fuori da questo vicolo cieco ovvero “…creare una catena del valore in grado di trasformare l’Italia in un Paese “digital by default”.
Purtroppo la vera questione, il “digital by default”, non è al centro del dibattito politico e la sua rilevanza per la nostra crescita non solo economica non desta alcun interessa.
Quello che risulta più evidente, leggendo l’articolo di Attias, è la trasversalità e al tempo stesso l’ampiezza a 360° dei temi da lui affrontati nella tematica di una rivoluzione digitale. Tutti gli argomenti elencati si dimostrano, nessuno escluso, necessari e al tempo stesso interconnessi, per un’inversione di rotta decisa e duratura del Paese. E’ interessante notare come le soluzioni proposte non siano assolutamente tecnologiche, bensì culturali, organizzative e politiche (nel senso esteso di governance nazionale).
Digitale non solo è utilizzare le tecnologie, ma più ampiamente riconvertire il proprio pensiero critico in ottica digitale, dove il processo mentale supera e aggiorna il pensiero analogico per utilizzare nuovi metodi e processi, che inevitabilmente porteranno ad una profonda rivisitazione dell’accesso al mondo del lavoro, al quale i nostri giovani sono chiamati a rispondere se guidati da un adeguato mondo scolastico ed universitario.
Ma il punto focale del ragionamento di Attias è il superamento della visione particolaristica e settoriale che affligge la nostra classe dirigente. Rimuovere per rimuovere, al solo fine di non decretare la giustezza di una decisione non presa dalla propria parte politica: è questo il rischio che si corre ad ogni rinnovo di legislatura.
Le poche soluzioni adottate dopo lunga gestazione e che timidamente lasciano intravvedere bagliori di luce in fondo al tunnel, sono oggi rovesciate completamente dalle nuove maggioranze parlamentari: così non si costruisce nulla e l’Italia rischia il definitivo declassamento nel novero dei paesi moderni.
“Cui prodest?”. Certo, non al cittadino, ma neanche all’imprenditore, al manager o a chiunque abbia a cuore il proprio futuro; senza includere in questo perverso gioco di società nostri eredi, coloro, cioè, a cui verrà lasciata in sorte una società ormai arretrata dove raggiungere i livelli dei paesi più avanzati costerà enormemente di più di quanto non lo sia ora.
I punti sottolineati dal CIO della Corte dei conti mi sembrano decisamente inoppugnabili in termini di coerenza e logicità. Purtroppo però, sperare nella concretezza di un programma politico davvero innovativo e sperare, oltretutto, che questo venga portato a conclusione nei tempi ridotti di una legislatura, che raramente giunge alla naturale scadenza, mi sembra davvero inutile. Comunque, questo è il nostro paese e i cittadini devono confrontarsi con le sue dinamiche perverse ogni singolo giorno…
Luca Attias, il cui impegno è noto sin dal 2008, ha coniato la locuzione “emergenza digitale” perchè pochi cittadini italiani si rendono conto che, se non si affronta in modo serio l’unica emergenza trasversale a tutte le altre – quella “digitale” – nessuno dei problemi del nostro Paese potrà essere risolto neanche parzialmente, e tutte le emergenze resteranno irrimediabilmente tali, come attestato dalle classifiche internazionali
Dallo scorso ottobre Luca Attias è stato raggiunto all’interno della Pubblica Amministrazione da un altro “alieno”, Diego Piacentini, Commissario Straordinario per l’Attuazione dell’Agenda Digitale. In comune, i due, vogliono concretamente dare un contributo alla trasformazione digitale della P.A., che sia in grado di esportare competenze tecnologiche, che lavori in modo integrato, aperto, interoperabile, dallo Stato centrale fino al più piccolo dei comuni, riuscendo a ridurre sprechi e inefficienze e che ponga come interesse primario e centrale il benessere del cittadino.
All’interno della Corte dei conti l’Ing. Attias è impegnato dal 1997 in un efficiente lavoro di squadra per l’innovazione digitale, sia dal punto di vista applicativo che infrastrutturale, teso al miglioramento dei servizi al cittadino nonché all’abbattimento dei costi, con l’obiettivo di cercare di proporre soluzioni concrete. La sua performance al Forum PA del 2015 non è passata inosservata grazie al lancio dell’ appello per l’uso di trasparenza, etica e responsabilità, imprescindibili per l’evoluzione del Paese Italia.
Una spanna sopra a tutti, magari averlo ministro.
La passione per il suo lavoro si rese evidente al FORUM PA 2014 nel quale presentò una analisi lucida dei problemi tipici della P.A., suggerendo consigli pratici basati sul senso comune. L’impegno per l’introduzione e lo sviluppo a tutti i livelli di una diffusa “cultura della società dell’informazione” ha ottenuto in questi anni un elevato numero di riconoscimenti importanti soprattutto per la capacità di conciliare l’information technology con la managerialità. Le sue interviste e i suoi keynotes, riguardanti soprattutto la managerialità, la meritocrazia, la gestione delle risorse umane, la lotta alla corruzione e i rapporti di questi temi con l’informatica, sono diventati una specie di evento sia per i contenuti altamente innovativi che per il numero di accessi e di commenti. E restiamo in attesa di ulteriori suggerimenti e best practice.
Come al solito lascia senza parole, spero sempre che ci sia più di una persona così
Una grande persona, schietta e che non fa giri di parole inutili
Se non l’avete ancora fatto guardati l’intervista di Luca Attias a Diego Piacentini del maggio scorso è un pezzo da cineteca https://www.youtube.com/watch?v=8j9U54m5Shk
Questi 11 punti meriterebbero una diffusione ben più ampia. Siamo tutti stufi delle stupidaggini di Salvini, Di Maio, Meloni, Berlusconi, Renzi e Grasso. In Italia esistono anche persone serie come l’ing. Attias che da anni cercanoi di scardinare il nostro malcostume culturale attraverso il digitale e attraverso gli esempi virtuosi.
Ogni cosa che fa diventa oro, è un vero mito!
Luca Attias è uno che non fa niente per caso e mettere all’inizio proprio la scuola e l’università non è un caso. Consivido pienemante tutto ciò che scritto e rilevo che non ho mai trovato scritto da nessuna parte un programma così completo.
Ma allora esistono anche dei dirigenti in gamba nella PA ?
Certo che il numero di condivisioni del pezzo di Attias fa riflettere. Ma se entrasse proprio lui in politica essendo l’unico che ha i numeri?
Dalla foto sembrerebbe anche un gran fico
…solo condivisibile…speriamo davvero che più di qualcuno capisca la necessità dell’attuazione di quanto suggerito!!!