PA, quanto è vicina la Data Driven Administration?

Come può la Pubblica Amministrazione fare del dato la base su cui impostare le proprie scelte, secondo il modello della Data Driven Administration? Un contributo importante arriva dall’Agenzia per l’Italia Digitale, che ha fissato standard e architetture di riferimento che permetteranno agli enti di cooperare e consentiranno alla PA di entrare a far parte di un ecosistema più ampio dove, accanto alle istituzioni, imprese e cittadini sviluppano e fruiscono di servizi nati sfruttando la conoscenza generata dai dati.

Pubblicato il 28 Set 2016

TRENTO – La “Trento Smart City Week”, svoltasi a metà settembre – evento per amministratori pubblici, accademici, aziende e cittadini dedicato al tema Città Intelligenti – è stata l’occasione per parlare di Data Driven Administration: a che punto siamo del percorso per raggiungere un modello amministrativo che faccia davvero del dato la base su cui impostare le scelte e i percorsi evolutivi della Pa.

Di questo servizio fanno parte anche i seguenti articoli:
LE SOLUZIONI – Data Driven Administration: la ricetta Dedagroup
IL PROGETTO – “Co­-Innovation Lab”: tecnologie e competenze per l’interoperabilità dei dati
Luigi Zanella, Consulting and Business Development Director – Public sector & Utilities di Dedagroup

Ne abbiamo discusso con Dedagroup, presente all’evento, che sta vivendo in prima linea la trasformazione supportando comuni ed enti pubblici in questa delicata fase evolutiva: “Siamo in un momento di cambiamento senza precedenti – racconta a ZeroUno Luigi Zanella, Consulting and Business Development director – Public sector & Utilities di Dedagroup – Soprattutto a livello centrale, la Pa si è resa conto che per sfruttare le opportunità del digitale l’obiettivo non può più essere digitalizzare i vecchi processi cartacei, ma deve essere ridisegnarli completamente, diversamente”; il manager chiarisce con un esempio: se per chiedere l’autorizzazione alla costruzione di un edificio oggi avvengono svariati passaggi documentali tra Asl, Vigili del Fuoco e altri enti per compiere tutte le verifiche necessarie, la vera sfida è far sì che questi controlli siano svolti dai sistemi direttamente già mentre viene compilata la pratica, rielaborando i dati quando vengono inseriti nelle applicazioni.

Il ruolo chiave dell’Agenzia per l’Italia Digitale

Come spiega Zanella, questo salto non può compiersi se a livello centrale non vengono definite delle architetture di riferimento; tutti gli enti devono parlare lo stesso linguaggio perché i sistemi possano cooperare. Per la prima volta la Pa ha a disposizione gli standard necessari: “Mentre prima l’informatizzazione degli enti avveniva solo sulla base delle scelte e delle competenze dei fornitori di tecnologia e servizi, adesso l’Agenzia per l’Italia Digitale ha fissato un disegno unitario a cui tutti – la Pa e le imprese che scrivono software per la Pa – devono fare riferimento: per questo oggi la pubblica amministrazione è davvero giunta a una svolta importante”.

C’è anche un’ottica più ampia a cui si deve pensare: la definizione degli standard in atto è il primo passo perché la Pa entri finalmente a far parte di un ecosistema allargato, a cui partecipano anche imprese e cittadini che sviluppano e fruiscono di servizi nati sfruttando la conoscenza generata dai dati; è il crescere di questi circoli virtuosi – che non possono prescindere dall’interoperabilità dei dati prodotti da tutti gli attori citati – alla base dello sviluppo delle smart city.

Tante fonti, interne ed esterne alla Pa

Gianni Dominici, Direttore Generale di Forum Pa

Esistono tuttavia diverse criticità che la Pa deve considerare, tra queste la quantità e l’eterogeneità delle fonti: “La disponibilità di dati sta crescendo in maniera esponenziale – dice Zanella – Se prima gli enti avevano a disposizione solo quelli che riuscivano a generare, adesso provengono all’Inps, dall’Inail, dal Ministero dell’Istruzione o dei Trasporti ecc.”: una nuova complessità che ogni comune deve gestire. Non solo; come sottolinea Gianni Dominici, Direttore Generale di Forum Pa, per essere davvero data driven si deve attingere e rielaborare anche dati e informazioni prodotti da fonti esterne al sistema Pa, come da analisi svolte da realtà private o da iniziative di crowdsourcing: “Bisogna coinvolgere le persone, per esempio attraverso applicazioni che consentano loro di effettuare segnalazioni legate al territorio: la sfida è andare oltre la logica bipolare che vede la Pa da una parte e gli amministrati, cittadini e imprese, come meri destinatari di intervento pubblico dall’altra; gli open data diventano uno strumento formidabile al servizio del territorio quando esiste una partecipazione civica al valore quando cittadini e imprese non sono visti solo come portatori di bisogni ma anche di competenze e soluzioni”.

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