L’Information technology, anche nella media e piccola impresa italiana, comincia ad essere considerata una potente leva strategica in grado di contribuire al raggiungimento di migliori risultati aziendali e alla graduale trasformazione del proprio modo di fare impresa, e non più unicamente come strumento operativo per migliorare l’efficienza a livello organizzativo. L’assunto davvero importante se confermato nel tempo, ci deriva dalla seconda edizione (la terza è già in progress) dell’Osservatorio Pmi e Information Technology curato da Asam, l’Associazione per gli Studi manageriali che fa capo all’Univeristà Cattolica di Milano. Un’indagine che ha coinvolto complessivamente oltre 650 piccole e medie imprese italiane (di cui due terzi con oltre 50 dipendenti) e che ha messo in evidenza tendenze da tempo conosciute e mai concretizzatesi in profondità. Tre i messaggi chiave che riassumono l’attuale atteggiamento delle imprese verso le tecnologie informatiche e che descrivono i principali driver che guidano gli investimenti in Ict. Innanzitutto viene rilevata una maggiore attenzione all’efficacia, sottoforma di miglioramento dei risultati e migliore interpretazione dei dati, possibilità di decidere meglio e prima, riduzione scorte e abbattimento degli oneri finanziari, a scapito della sola efficienza concentrata sulla produttività abbinata ai minori costi di gestione. In secondo luogo va sottolineata la crescita delle relazioni con l’ambiente esterno e verso un sistema di relazioni intersettoriali e internazionali, crescita suffragata da numeri che vedono la totalità delle Pmi utilizzare un sistema di posta elettronica, l’80% disporre di un sito Web attivo, il 66% utilizzare una intranet e il 41% aver implementato una rete di comunicazione extranet. Il terzo fattore su cui riflettere è infine il bisogno dichiarato di integrazione da un punto di vista manageriale e organizzativo, come dimostrano l’aumento delle risorse destinate all’implementazione di sistemi gestionali integrati, a cominciare dall’Erp per arrivare agli applicativi avanzati.
Importanza del supporto dell’Ict rispetto agli obiettivi aziendali
Figura 1 – Fonte: Asam
Servono azioni più mirate
La “globalizzazione” dei processi di produzione economica renderà anche la Pmi italiana sempre meno “fabbrica” e sempre più cabina di regia di una complessa rete di relazioni internazionali? La domanda che si è posto l’Osservatorio merita tutta l’attenzione del caso per poter determinare la risposta che tutti si aspettano: per affrontare un mercato sempre più complesso da prevedere nelle sue linee evolutive, anche la piccola e media azienda deve scommettere sull’innovazione e adottare nuovi strumenti di gestione. I risultati ottenuti dall’indagine hanno mostrato un duplice volto. Relativamente al 2003, indicano che la Pmi italiana non ha destinato sufficienti risorse per l’innovazione e dimostra livelli di propensione ancora molto contenuti, confermando una tendenza che vede la spesa tecnologica maggiormente focalizzata sulla gestione dell’esistente che non rivolta all’implementazione di nuovi progetti. Il 2004 sembra invece aver portato maggiore attenzione al “nuovo” rispetto all’anno precedente, con una riduzione significativa del gap sopra evidenziato e una quota media di investimenti in nuovi progetti Ict per settore superiore al 40% della relativa spesa totale. Per le debite riflessioni aggiuntive allo studio in oggetto, ZeroUno ha incontrato Claudio Devecchi, direttore scientifico di Asam, cui ha chiesto di analizzare a fondo il “nuovo paradigma” che si può associare all’effettiva maggiore efficacia attribuita all’It dalle Pmi: le aziende investono in nuove tecnologie se ottengono risultati realmente impattanti il conto economico. “È un approccio – ci ha spiegato Devecchi – che ha varie facce e che riflette un avanzamento culturale nei confronti dell’It molto apprezzabile, anche se limitato in termini prettamente dimensionali, e che ha portato alla creazione di una base infrastrutturale e informativa più che discreta e pronta a sfruttare le previste dinamiche di ripresa del mercato”.
Fatta tale debita premessa, Devecchi ha quindi inquadrato il ruolo occupato nel contesto dai vendor It e dagli imprenditori: “I primi sono necessariamente chiamati a proporsi alle aziende con un linguaggio d’offerta più orientato a rispondere alle esigenze del business e meno focalizzato sull’aspetto tecnologico della soluzione a catalogo; i secondi detengono la centralità delle decisioni quando i budget di spesa superano i 20mila euro e sono sensibilmente più aperti rispetto al recente passato al richiamo dell’It perché positivamente condizionati da due fattori ben precisi: il voler recepire precisi imput inviati dalla propria clientela e l’emulare la spinta all’innovazione dei propri concorrenti. Ed è proprio questa predisposizione dell’azienda all’investire in nuove soluzioni a supporto dei processi che i fornitori devono saper cavalcare e supportare con proposte adeguate”. Gli ultimi due spunti sui quali abbiamo attirato l’attenzione di Devecchi riguardano l’internazionalizzazione delle attività e l’aspetto delle competenze. “L’utilizzo della Rete a supporto di iniziative volte alla creazione di nuove opportunità di mercato è ancora una prassi poco diffusa: troppo spesso gli strumenti legati a Internet vengono utilizzati in tal senso per valorizzare il prodotto e non per sviluppare innovativi progetti di marketing e di vendita, denotando in questo caso una reticenza di tipo culturale”. Sintomatica, quindi, la riflessione di Devecchi quanto al lavoro ancora da farsi per formare figure adeguate a gestire sistemi informativi sempre più strategici per le sorti dell’impresa: “Solo nelle organizzazioni di una certa dimensione di fatturato sono previsti responsabili It definibili come tali; nelle piccole realtà prevalgono figure ‘tuttologhe’ che necessiterebbero, in primo luogo da parte dei vendor It, di assistenza adeguata per sviluppare le competenze necessarie a gestire il passaggio a piattaforme informative evolute. Se oggi l’Ict – ha infine concluso Devecchi – è visto sostanzialmente come strumento per valorizzare il proprio business, il passo successivo che si chiede alle Pmi è quello di vedere nell’Information Technology lo strumento di riferimento per creare nuovo business; è una sfida che le aziende sono chiamate a vincere superando il timore del confronto su scala globale e che istituzioni e mondo del credito dovrebbero supportare con politiche di sviluppo e di finanziamento più incisive e mirate”.
La rilevanza della presenza di servizi tecnologici
Figura2 – Fonte: Asam
Claudio Devecchi
direttore scientifico di Asam
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L’adozione dell’Ict aiuta a raggiungere gli obiettivi aziendali
Misurare le reali esigenze informatiche della Pmi e lo sviluppo di strumenti in grado di interpretarne i reali fabbisogni tecnologici (Asam ha perfezionato in tal senso un modello di valutazione con diversi gradi di analiticità che contempla quattro principali voci di spesa Ict: infrastruttura digitale, servizi informatici, soluzioni applicative e consulenza) ha sciolto almeno in parte il dubbio che da tempo si pongono analisti e vendor di settore: hardware e software, attività di progetto e soluzioni applicative sono (e a quale livello) considerati leve abilitanti per il raggiungimento degli obiettivi generali dell’impresa? I risultati ottenuti dall’indagine, dicono in Asam, sono il termometro più affidabile per verificare “il pensiero dell’imprenditore”. Ecco quindi che l’82% del campione riconosce alle tecnologie Ict il ruolo di valido supporto per concretizzare le strategie d’impresa e l’86% riscontrare un effettivo supporto per il miglioramento dei risultati aziendali; ridurre i costi tramite l’It è il fine cui ambisce il 77% delle Pmi censite mentre, agli antitesi, solo il 23% delle aziende ritiene le tecnologie un mezzo molto importante per valutare i collaboratori, finalità del resto non prioritaria per la maggior parte delle aziende. Passando dalle finalità ai benefici ottenuti nel raggiungimento dei propri obiettivi aziendali con il supporto dell’Ict, fra i dati aggregati raccolti ne spiccano in particolare tre: solo una Pmi su cinque (il 21%) non ha riscontrato alcun beneficio nella possibilità di ridurre i costi attraverso l’impiego delle tecnologie; l’Ict si è dimostrata fattore meno rilevante del previsto quanto a miglioramento del time-to-market mentre ha offerto un contributo superiore alle attese per quanto riguarda l’evoluzione del rapporto con i fornitori. Analizzando, infine, i livelli di soddisfazione maturati dalle aziende, si parte da un dato di sintesi molto confortante: il 94% delle Pmi monitorate è soddisfatto della dotazione tecnologica presente in azienda. Quanto alle possibili e future iniziative tese ad aumentare ulteriormente tale soddisfazione, l’indagine sembra ribadire quanto esperti e addetti ai lavori ripetono ormai da tre anni: massima apertura all’estensione dell’It nei processi aziendali, ma pochi concreti esempi di attuazione di nuovi progetti. Il 75% e il 61% del campione ha infatti rispettivamente dichiarato di voler investire in formazione relativa alle tecnologie informatiche e in formazione manageriale finalizzata a migliorare l’utilizzo dell’Ict a supporto del business. Meno “sensibilità” e maggiore conservatorismo è invece emersa nel rapporto con i vendor: solo poco meno della metà del campione (il 48,72%) sta considerando nuove forme di collaborazione con i fornitori e solo il 25,64% è disposto a rivolgersi a nuovi interlocutori per aumentare la propria soddisfazione, mentre scende al 20% la percentuale di chi ritiene percorribile l’esternalizzazione della gestione It.
Andamento della spesa media per settore in Italia
Fonte: Asam
Crescono le applicazioni, scendono i servizi di consulenza
Come è cambiata la dinamica della spesa in Information Technology nell’ultimo biennio? Stando ai dati raccolti da Asam, che stima nel 5% l’incremento del mercato Ict italiano nel 2004 (mentre i dati Assinform relativi al 1° semestre 2004 registrano un incremento dell’1,8%), la variazione più significativa ha riguardato la consulenza, in discesa del 3% rispetto all’anno precedente per un’incidenza sulla spesa totale pari al 15%. La parte del leone continuano a farla le soluzioni applicative, che assorbirebbero (i dati sono previsionali) circa la metà degli investimenti profusi dalle Pmi nel 2004, con una crescita rispetto al 2003 del 5%; ma anche le soluzioni volte a realizzare l’infrastruttura digitale dell’azienda (reti, software e apparati hardware) sono papabili di un aumento del 7,5%, coprendo circa un terzo della spesa totale. Più che buoni, infine, i riscontri relativi ai cosiddetti servizi tecnologici, che riguardano le attività finalizzate alla progettazione e all’implementazione di soluzioni a supporto del business d’impresa e che vengono stimati in salita del 9%. L’analisi per settori merceologici ha invece messo in evidenza come agli estremi negativi e positivi siano commercio al dettaglio e industria tessile. Il primo, nel 2004, avrebbe sì cresciuto i propri investimenti in Ict del 21%, ma segnato il valore più basso fra tutti i comparti oggetto di indagine; il secondo, per contro, si confermerebbe il settore con la più alta propensione di spesa in tecnologie informatiche nonostante la brusca frenata del 2003: con poco meno di 790mila euro di investimento medio è saldamente in testa alla speciale classifica per settori. Degna di nota anche l’escalation in corso nel settore metallurgico.Tornando alle singole voci di spesa, la fotografia scattata da Asam per evidenziarne il grado di reale percezione all’interno delle organizzazioni ha quindi detto essenzialmente una cosa: il livello di soddisfazione generato dai sistemi per l’elaborazione dei dati è molto elevato e supera mediamente, per ognuna delle singole componenti dell’infrastruttura Ict, l’80%. Il dettaglio relativo ai servizi tecnologici, scindibili in servizi di base e servizi finalizzati al recupero di efficienza ne conferma un buon livello di diffusione nelle Pmi monitorate, con una netta prevalenza dell’insourcing per quanto riguarda le attività di base e un rapporto più bilanciato fra insourcing e outsourcing quanto a modalità di gestione per ciò che concerne servizi meno diffusi quali la sicurezza It e servizi di maintenance e di business continuity.Assai interessante anche il quadro che riassume la tendenza di spesa in atto per le soluzioni applicative, che assorbono circa il 40% della spesa globale Ict spaziando dai circa 100.000 euro (fra gestione dell’esistente e nuovi progetti) destinati a soluzioni gestionali integrate (vedi i sistemi Erp, che da soli coprono circa il 66% dell’intera spesa applicativa) ai circa 5.000 orientati a piattaforme di commercio elettronico e knowledge management. Il messaggio chiave che scaturisce dall’indagine conferma quindi come in questo scenario le soluzioni gestionali rappresentino i veri driver per gli investimenti, sia per quanto concerne i nuovi progetti (valore in crescita e nell’ordine del 60% del totale) sia per l’ottimizzazione dell’esistente, catalizzando complessivamente l’80% delle risorse investite in soluzioni applicative.