Mentre sta arrivando una nuova tecnologia quantistica che potrebbe rivoluzionare alcuni filoni della ricerca e dell’industria arrecando benefici entro pochi anni, spunta il PNRR che permette di investirci. È una congiuntura di eventi quasi perfetta che pone l’Italia davanti a una scelta: cavalcare l’onda ed entrare nella corsa del quantum computing oppure farsene travolgere. Poi dovrebbe però comprare da altri competenze, progetti e algoritmi con mesi o anni di ritardo sul ritorno positivo che possono avere sul sistema Paese.
Questa è l’istantanea sul mondo del quantum computing italiano scattata da Federico Mattei, Client Technical Leader e Quantum Ambassador di IBM Italia, a poche settimane dall’ingresso nell’IBM Quantum Network della prima istituzione italiana nella ricerca, il CNR.
Formazione, digitalizzazione e sostenibilità: il contributo dei qubit “nascosto” nel PNRR
Il piano del governo è l’occasione giusta per svoltare, appena in tempo per poter sperare di essere tra i primi a utilizzare il quantum computing per accelerare la propria crescita.
Nel documento l’unico esplicito accenno che si fa alla nuova tecnologia è nella missione 5, in merito al trasferimento di competenze tra università e impresa e all’ipotesi di creare dei centri di competenza dedicati alle tecnologie più all’avanguardia. Per coltivare una nuova generazione “più quantistica”, però, serve potenziare l’offerta formativa anche nelle scuole superiori, utilizzando strumenti grafici di più immediata comprensione. Semplificando alcune nozioni diventa possibile introdurre la meccanica quantistica a una platea più ampia di coloro che già hanno scelto Fisica per proseguire i propri studi.
Apparentemente il Quantum Computing non compare più poi all’interno del PNRR, ma chi ne conosce a fondo le potenzialità come Mattei, sa che nel futuro prossimo giocherà un ruolo importante anche in altre “mission”, tra cui la digitalizzazione delle imprese e della PA, non a breve ma con enormi effetti.
“Sarà una tecnologia protagonista anche nella cybersecurity, un tema molto presente nel piano – spiega Mattei – sappiamo già, infatti, che la nuova potenza di calcolo quantico in arrivo nei prossimi anni renderà alcuni modelli critpografici inutilizzabili, soprattutto quelli a chiave asimmetrica, e sia Cina che Stati Uniti stanno lavorando a nuovi schemi quantum safe. Parallelamente, il quantum computing ci offrirà anche l’opportunità di potenziare alcuni algoritmi di intelligenza artificiale per migliorare l’efficacia e la tempestività delle soluzioni di anomaly detection”.
Dando poi retta al fisico Richard Feynam, si può ragionare in modo quantistico per comprendere e simulare meglio la natura, basata proprio su questo tipo di modello. Ecco, quindi, che i qubit diventano fondamentali per vincere le sfide di sostenibilità ambientale generando simulazioni e scenari molto più accurati e affidabili, senza più accontentarsi di approssimazioni. Il calcolo quantistico può essere applicato nello studio delle rinnovabili, ad esempio, oppure nella meteorologia su alcuni fenomeni antropocentrici o naturali di forte impatto per il territorio e per chi ci vive.
Non si vedrà nulla di tutto ciò nei prossimi mesi e probabilmente nemmeno entro il 2026, deadline del piano, ma questi prossimi anni, come spiega Marco Conti, direttore dell’Istituto di Informatica e Telematica del CNR, devono servire per “creare delle fondamenta solide che inneschino e favoriscano uno sviluppo più a lungo termine, oltre il PNRR”.
“Non darà un boost al PIL del Paese domattina il quantum computing, ma è una tecnologia di cui dotarsi ora per poter rimanere competitivi – aggiunge Conti – oggi si deve avviare urgentemente un’azione di miglioramento tecnologico in questa direzione, compiendo una scelta strategica per la crescita del paese facendo leva sui fondi del PNRR, oppure rischiamo di perdere anche questa gara”. “Siamo di fronte ad una sfida di prospettiva – spiega il collega Giuseppe De Pietro, direttore dell’Istituto di Calcolo e Reti ad Alte Prestazioni del CNR – affrontiamola con la consapevolezza che entro il 2025-2026 ci saranno i primi computer quantistici in grado di essere messi davvero in produzione e, quindi, di portare benefici molto più immediati”.
Competenze e processori premium IBM a disposizione del CNR, a beneficio del Paese
Conti e De Pietro guidano i due istituti che per primi saranno parte attiva della collaborazione tra CNR e IBM sancita dall’ingresso del primo nell’IBM Quantum Network. Con i suoi oltre 170 membri, tra università e istituti di ricerca, imprese e startup, questa rete è stata costruita attorno alla sempre più performante tecnologia quantistica con tre principali obiettivi: formazione, accelerazione della ricerca a sviluppo delle prima applicazioni.
“Il passaggio dal calcolo tradizionale al quantum computing è come quello dal treno all’aereo, è necessario formare da capo delle professionalità in grado di ‘pilotarlo’ – spiega Mattei – e, favorendo una stretta collaborazione tra i membri dell’IBM Quantum Network, vogliamo velocizzare la ricerca che, dopo alcuni decenni, sta finalmente dando dei frutti interessanti. Serve anche pensare a stretto giro a delle applicazioni quantistiche per sfruttarne i risultati, appena sarà possibile, ed è ciò che stiamo facendo parallelamente allo sviluppare la parte tecnologica”.
Il CNR, con le sue competenze e i suoi “cervelli”, potrà contribuire in modo significativo a tutti e tre gli obiettivi del network, secondo Mattei che illustra poi come, facendone parte, il Centro italiano potrà accelerare e potenziare la sua attività in campo quantistico. Oltre ai processori da tempo a disposizione di tutti, in un’ottica open access e open source, potrà utilizzare quelli premium, tra cui Eagle, l’ultimo arrivato a novembre 2021, con i suoi 127 qubit, consultando anche tutto il materiale formativo messo a disposizione, ma non solo. Quello creato da IBM è un Quantum Network vero e proprio, per cui sarà possibile, anzi, calorosamente consigliato, fare rete con gli altri soggetti interessati perché solo così è possibile fare passi avanti concreti in questo campo.
Nuovi strumenti, nuove conoscenze, nuove collaborazioni: questo triplo colpo permetterà al CNR di coltivare nuove competenze al proprio interno, “innestando la cultura della programmazione quantistica nelle nuove generazioni e poter poi sfruttare i primi computer quando arriveranno” spiega De Pietro. C’è quindi uno shift da effettuare, focalizzando l’impegno formativo su ingegneri ed informatici.
“Finora, soprattutto in Italia, le tecnologie quantistiche sono state dominio solo dei fisici, impegnati sullo sviluppo di nuovi dispositivi quantistici, ma ora serve chi sappia programmarli per utilizzarli in applicazioni reali -spiegano Conti e De Pietro – con il nostro ingresso nel Quantum Network di IBM contiamo di preparare nuovi dottorandi e ricercatori al nostro interno ma per il futuro saranno fondamentali anche delle collaborazioni con le università”. Ad oggi, infatti, la quantistica è presente in tracce all’interno dei corsi di studi anche più affini ma servono corsi, laboratori e iniziative ad hoc per creare una “massa critica di ricercatori preparati”, come la definisce De Pietro.
“È necessario poter contare su nuove generazioni di informatici e ingegneri che sappiano sfruttare computer ‘speciali’ che avranno a disposizione al momento della loro laurea o poco dopo. E non si improvvisa la preparazione su questi temi – spiega Conti – poter utilizzare in modo proficuo il paradigma del calcolo quantistico richiede un addestramento di anni: serve un investimento economico ma anche temporale ben pianificato”.
Giovani e startup le più attente al quantum computing
Se il boost al PIL del quantum computing e dell’ingresso del CNR nel Quantum Network di IBM non sarà immediato, lo potrà essere molto di più quello alle competenze ma non va trascurato nemmeno l’effetto mediatico, come osserva De Pietro. Questa notizia, infatti, “ha acceso l’attenzione sul tema diventando uno stimolo per le istituzioni ma anche spingendo aziende e giovani studenti a considerare il quantum computing una tecnologia in arrivo e dall’impatto clamoroso e inevitabile”.
Secondo Mattei si avvertirà prima di tutto a livello di capitale umano, con la forte richiesta di persone formate per costruire e utilizzare i nuovi strumenti, ma anche a livello di ricerca perché “in alcuni ambiti il quantum computing potrà aiutare gli studiosi a superare delle barriere finora invalicabili”. Il Quantum Ambassador di IBM pensa soprattutto alla fisica delle alte energie e alle simulazioni sia di fisica che di chimica, ma anche all’ambito produttivo partendo dalla scoperta di nuovi materiali e farmaci. C’è poi l’ottimizzazione quantistica che potrà migliorare logistica e supply chain, mentre nella finanza spuntano embrioni di interessanti applicazioni per la gestione del rischio e del portafoglio, ma grazie al passaggio ad una intelligenza artificiale quantistica i benefici possono raggiungere trasversalmente davvero ogni settore.
“Le ricadute saranno moltissime, soprattutto laddove abbiamo abbozzato delle soluzioni di compromesso, consapevoli dei limiti dei computer classici ma senza avere alternative – spiega De Pietro – oltre all’impatto su settori come la finanza, la chimica, la farmaceutica e l’automotive, nel breve tempo c’è da considerare anche l’indotto”. Quando, e se, infatti l’Italia diventerà un Paese “quantum friendly” grazie al PNRR, ci sarà un nuovo mercato composto da programmatori e produttori di software adatti. “Potremmo giocare un ruolo molto importante se dedichiamo alla quantistica parte dei fondi in arrivo: è un settore in crescita e che darebbe anche grosse possibilità di impiego”.
Ad intercettare questa nuova opportunità e portarsi avanti, non sono state solo le big tech ma anche numerose startup innovative. Hanno steso piani di sviluppo immaginando già di poter fare leva sulle tecnologie quantistiche e sfruttando già ora i sistemi messi a disposizione per simularle e individuare possibili future soluzioni in questa nuova chiave.
Un processore quantistico IBM nazionale? L’Italia guarda al modello Germania
Dicendosi favorevolmente sorpresi da questo mondo di PMI innovative lungimiranti, Conti e De Pietro sono convinti che “i giovani abbiano capito la strategicità di questo settore e parte del mondo delle imprese cominci ad avere paura di essere spazzate via fra qualche anno se il Paese non vi investe adesso. Temono l’Effetto Kodak di chi, non sapendo cogliere l’evoluzione, sparisce dal mercato”.
IBM negli indirizzi dei finanziamenti del PNRR verso una tecnologia non di immediata resa, legge “una volontà di riguadagnare una leadership digitale da parte dell’Italia e dell’Europa, entrambe sempre più consapevoli che le competenze sul quantum computing faranno la differenza in futuro; infatti, sia la Cina che gli Stati Uniti vi stanno investendo molto”.
Ci sono diversi Paesi che si sono portati avanti singolarmente, stringendo accordi ad hoc proprio con IBM per offrire capacità di calcolo ma anche il valore del network e strumenti di formazione avanzati al proprio tessuto universitario e imprenditoriale. L’ultimo è il Quebec, in Canada, ma il più interessante per l’Italia è la Germania, non solo per la vicinanza geografica ma anche per il modello messo in atto.
Ancora guidato dalla fisica Angela Merkel, questo Paese ha investito alcuni miliardi di euro in tecnologie quantistiche e, grazie ad una partnership tra il Fraunhofer Institute e IBM, dal 2021 ospita il suo Quantum System One, il primo situato al di fuori del centro di calcolo IBM a nord di New York. Per realizzarlo, in pieno lockdown da Covid-19, sono state messe in campo le tecniche di assemblaggio a distanza usate dalla NASA addestrando squadre locali e guidandole da remoto. A parte questo aspetto curioso e mediaticamente potente, la vera impresa tedesca con IBM è stata quella di riuscire a mettere a disposizione di tutto il Paese potenti strumenti di calcolo in anteprima rispetto ad altri. Le PMI tedesche hanno così potuto conquistare terreno costruendo algoritmi e anche business plan già attorno al modello ibrido che si andrà affermando, con computer classici e quantistici che si divideranno i compiti svolgendo ciascuno i calcoli in cui meglio performa.
In attesa di vedere come si propagheranno le “perturbazioni positive” create dal proprio ingresso nell’IBM Quantum Network, il CNR, in veste di membro ufficiale, ha già in mano la promessa di poter usufruire del processore promesso dall’azienda entro il 2023 con 1121 qubit. “Riteniamo questo numero abbastanza grande per permettere una correzione dell’errore seria e, per alcuni algoritmi, esplorare applicazioni volte a raggiungere il Quantum Advantage – precisa Mattei – all’interno di un modello ibrido, quindi, ce ne saranno alcuni per cui questa nuova tecnologia sarà profondamente vantaggiosa e industrie e università potranno quindi finalmente usare questo strumento in produzione”.
Il traguardo in vista sarà un vero e proprio spartiacque, il 2023 diventa quindi una reale e severa deadline. L’Italia, grazie anche al PNRR, ha ancora la possibilità di arrivare a questo appuntamento pronta. È una sfida che riguarda tutti – università, istituzioni, imprese, centri di ricerca, startup e giovani – e sarà più semplice da vincere se affrontata assieme.