Polimi: il Piano Industria 4.0, ciò di cui l’Italia aveva bisogno

In attesa di ricevere la lista di tecnologie e soluzioni che godranno degli incentivi previsti dal Piano Industria 4.0 presentato di recente da Matteo Renzi, Marco Taisch, Professore di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, commenta l’iniziativa dandone una valutazione tecnica positiva. “Ora la sfida è per il sistema imprenditoriale che deve recepirlo”.

Pubblicato il 25 Ott 2016

È in arrivo la lista di ‘oggetti’ il cui acquisto beneficerà delle agevolazioni previste dal Piano Nazionale Industria 4.0, presentato a fine settembre dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
“Abbiamo lavorato alla Bozza di questo elenco – ha dichiarato Marco Taisch, Professore Ordinario del Dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, che siede al tavolo di lavoro della Cabina di Regia (composta da rappresentanti del Governo, parti sociali, Università e, più in generale, da attori economici e del mondo dell’impresa e si occupa dell’attuazione e della verifica del piano stesso) – e ora attendiamo l’approvazione definitiva del Consiglio dei Ministri che arriverà entro fine mese.

Di questo servizio fa parte anche il seguente articolo:

IL PIANO – Il Piano Industria 4.0 presentato da Renzi e Calenda

Marco Taisch, Professore Ordinario del Dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano

Si tratta di un lavoro che offrirà linee guida molto chiare perchè gli imprenditori, il primo gennaio 2017, abbiano i riferimenti per capire a priori se ciò che si sta per acquistare godrà dei benefici fiscali stabiliti in questo Piano che, a mio parere, è ciò di cui l’Italia aveva bisogno. Il Politecnico ha collaborato alla sua stesura, valutando anche le soluzioni attuate in altri Paesi e adattando alcuni spunti alla nostra realtà italiana, e sono convinto che sia un lavoro ben articolato”.

Il rischio ora, secondo il docente, è l’implementazione, ossia che il sistema imprenditoriale non lo recepisca, cosa che per altro è già accaduta in passato. Lo scorso anno è emerso dall’analisi dell’Osservatorio sullo smart manufacturing che il 38% delle aziende intervistate non ha mai sentito parlare di Industria 4.0; d’altra parte, gli imprenditori non sempre sanno capire quali tecnologie siano da adottare affinché le proprie aziende siano più competitive.

“In tal senso – prosegue Taisch – è fondamentale il ruolo dei competence center e dei digital innovation hub, che, previsti nel Piano, rappresentano i punti di ingresso e la guida di quanti vogliono realizzare progetti di innovazione. Credo questi siano utili soprattutto per le Pmi, che godono di un’azione ben precisa nel Piano, ma rischiano comunque di rimanere indietro”.

I Cio e la rivoluzione digitale, una questione di collaborazione

Le tecnologie abilitanti presenti nel Piano nazionale Industria 4.0

La rivoluzione 4.0 è prettamente informatica, digitale, riguarda macchine, risorse, dati che interagiscono tra di loro, il Cio è dunque una figura fondamentale. È la convinzione di Taisch che aggiunge: “La digitalizzazione non riguarda i processi laterali dell’impresa ma tutta la catena di produzione del valore. Quindi i Cio devono collaborare con quanti hanno know how di ingegneria industriale e gestionale per guidare l’innovazione. Inoltre, a differenza di quello che è successo qualche anno fa con l’implementazione dei grandi sistemi gestionali, l’approccio 4.0 non è monolitico: è possibile automatizzare alcune aree e lasciarne altre impostate in maniera più tradizionale, per occuparsene in un secondo momento. Le tecnologie sono a disposizione e vanno utilizzate secondo la disponibilità di budget e in questo senso anche il ruolo dei consulenti diventerà importante per i Cio”. La questione culturale è però molto più ampia, arriva a riguardare tutte le famiglie.
“Forse questo aspetto, nel presentare il Piano, non è stato abbastanza sottolineato. Una volta implementate le tecnologie, se mancano le persone non si riesce a sfruttare l’innovazione. Il suggerimento è iscrivere i giovani a percorsi di studio su questi temi per non fare una rivoluzione a metà. Non solo, la formazione deve riguardare tutti, anche chi è già nel mondo del lavoro, perché alcune professioni diventeranno inevitabilmente obsolete”.

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