Il mercato del Cloud in Italia si conferma in forte crescita anche nel 2016: in particolare il Public Cloud è previsto crescere con una dinamica vicina al 27% per un valore di 587 Milioni di Euro. Cresce anche la Cloud Enabling Infrastructure, ossia l’insieme di investimenti necessari a creare le condizioni tecnologiche abilitanti per l’utilizzo del Cloud, che con un incremento vicino al 14% raggiunge 1,185 miliardi di Euro (In continuità con il passato la Ricerca considera il mercato del Cloud articolato in due componenti, Public Cloud e Cloud Enabling Infrastructure). Sommando le due componenti, nel complesso, le rilevazioni dell’Osservatorio permettono di stimare un mercato complessivo che va ad attestarsi a 1,77 miliardi di euro, con una crescita anno su anno pari al 18% (figura 1).
Se non per i valori assoluti, almeno per i trend in atto, il nostro Paese appare in linea con quello che gli analisti internazionali fotografano come un fenomeno sempre più pervasivo e inarrestabile a livello globale.
La crescita combinata e bilanciata delle due componenti del Cloud, rappresenta un segnale positivo in quanto mentre il Public Cloud offre da subito scalabilità di servizio e flessibilità permettendo di variabilizzare i costi e semplificare la gestione infrastrutturale e applicativa, la Cloud Enabling Infrastructure, crea le premesse per un passaggio al Cloud secondo un percorso non estemporaneo, ma integrato e connesso con le strategie di evoluzione del Sistema Informativo aziendale.
L’anno in corso mostra i segnali di un cambiamento in atto nell’approccio al Cloud, con il passaggio a una fase di maggiore maturità che si concretizza, da una parte, nel lancio di progetti importanti di Public Cloud per le infrastrutture critiche, dall’altra in una specializzazione dell’offerta di servizi applicativi sempre più verticali e “core” rispetto alle esigenze delle organizzazioni. Inoltre, la crescita dirompente di trend quali i Big Data Analytics e l’Internet of Things (nel 2015: il mercato dell’IoT vale in Italia nel 2015 circa 2 miliardi di euro, secondo i dati dell’Osservatorio Internet of Things, School of Management Politecnico di Milano, Aprile 2016; il mercato dei Big Data Analytics e della Business intelligence vale in Italia 870 milioni di euro, secondo l’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence, School of Management Politecnico di Milano, Novembre 2015), proietta il Cloud verso nuove sfide grazie alla sua capacità di rendere disponibili risorse di calcolo per raccogliere grandi moli di dati e di piattaforme collaborative per analizzare e interpretare gli stessi.
La Ricerca dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service, giunto alla sesta edizione ha analizzato in profondità l’evoluzione dell’offerta e i modelli di adozione del Cloud nelle aziende di grandi, piccole e medie dimensioni.
La Ricerca, grazie al coinvolgimento di 900 Cio e responsabili IT che hanno partecipato alla survey di indagine, ha analizzato le principali dinamiche di spesa e le scelte strategiche di adozione del Cloud.
Per rispondere all’evoluzione che sta avendo il fenomeno Cloud, con il fine di cogliere le aree di innovazione e di confine con altri trend evolutivi è stato sviluppato un piano di sei workshop tematici che ha visto anche la collaborazione attiva con altri Osservatori della School of Management.
Infine, per avvicinare le organizzazioni del territorio, per le quali diventa sempre più una priorità adottare servizi Public Cloud, l’Osservatorio quest’anno ha previsto un piano di cinque incontri territoriali con l’obiettivo di fare cultura e raccontare le peculiarità del tessuto industriale e della PA italiana.
La diffusione dei servizi public cloud nelle grandi imprese
L’analisi sulle grandi imprese ha coinvolto 110 Cio di organizzazioni con più di 250 addetti. La diffusione dei servizi Public Cloud nelle grandi imprese evidenzia diversi elementi di continuità con quanto emerso nella precedente Ricerca. Per i dati puntuali si rimanda alla figura 2. Relativamente agli ambiti applicativi (SaaS) ve ne sono di molto diffusi, quali l’office automation e la posta elettronica, ed altri che rappresentano ancora delle nicchie, come il supply chain management e l’Erp. Vi sono però alcuni ambiti in accelerazione, come i servizi di Business Intelligence e Big Data, il Crm e l’enterprise social collaboration & intranet. Con una buona diffusione relativa anche ai servizi di fatturazione elettronica e conservazione sostitutiva, alla gestione delle risorse umane e all’IT security.
I servizi di piattaforma (PaaS), rappresentano ancora una nicchia; tra questi i più diffusi sono i servizi di storage DB e data services (dbPaaS) e le piattaforme/framework applicativi (APaas).
In merito ai servizi infrastrutturali (IaaS), infine, le finalità con cui vengono adottati sono molteplici. Più diffuso l’uso come strato elementare per erogare applicazioni, limitatamente ad ambienti di sviluppo e test, o in ambienti in produzione e l’utilizzo a supporto di attività di backup. Meno diffuso invece l’utilizzo in logica di disaster recovery o come estensione del sistema informativo aziendale, garantendo maggior potenza computazionale e storage ai datacenter interni in logica di cloudbursting.
In termini di diffusione prospettica, sono ancora i servizi SaaS a mostrare complessivamente dinamiche più interessanti, così come alcuni ambiti dello IaaS, quali cloud bursting, disaster recovery e business continuity.
Le opportunità nell’utilizzo di servizi public cloud
L’introduzione di servizi Public Cloud nelle organizzazioni più mature rientra in una roadmap complessiva di evoluzione verso il sistema informativo ibrido. Le opportunità che possono derivare dall’utilizzo di servizi Public Cloud sono molteplici e possono portare a tipologie di benefici differenti, dall’efficienza della spesa, fino all’innovazione di prodotti e servizi. I Cio delle grandi imprese italiane si mostrano concordi sul fatto che le principali opportunità offerte dal Public Cloud siano la possibilità di rispondere velocemente alle richieste del business e dei clienti, con la creazione di nuovi servizi (89% dei rispondenti), la possibilità di rendere maggiormente flessibile la spesa IT, grazie alla scalabilità dei servizi (88%), l’opportunità di ampliare il supporto informativo (86%) e di supportare ambiti digitali innovativi (82%).
In sintesi i risultati mostrano una visione lungimirante e di lungo periodo del fenomeno, che riconosce nel Public Cloud il motore dell’innovazione di servizi, abilitato dalle leve di flessibilità e scalabilità intrinseche nel modello. In merito agli elementi da governare nell’introduzione di servizi Public Cloud, vi è concordanza sul fatto che sia richiesta prima di tutto la stesura e la governance di una roadmap di tipo infrastrutturale (90%). Vi è altresì concordanza che il Public Cloud non sia una fonte di disintermediazione della funzione Ict da parte delle linee di business (ritiene che lo sia solo il 34%).
La privacy, la sicurezza dei dati e gli aspetti contrattuali
In merito alle organizzazioni che utilizzano, o stanno valutando, servizi Public Cloud, si è indagato inoltre se gli elementi frenanti all’introduzione di servizi Public Cloud, siano maggiormente da ricercarsi nei costi o in aspetti legati a security e privacy. Emerge come, nelle organizzazioni che già adottano servizi Public Cloud, l’elemento di maggior freno sia rappresentato dagli aspetti di tutela della privacy e della riservatezza (38%), gli aspetti di sicurezza dei dati (25%) e le problematiche di indisponibilità del servizio (23%), mentre i costi sono un freno solo nel 15% dei casi. Se ci si focalizza sulle organizzazioni in fase di valutazione dei servizi Public, invece, l’aspetto dei costi risulta il freno di maggior rilievo (31%).
Come detto, gli elementi contrattuali rappresentano per le grandi imprese uno dei criteri di maggior rilevanza per l’adozione dei servizi Cloud e al tempo stesso l’elemento su cui c’è maggior gap tra aspettative delle organizzazioni e i vendor. A tal proposito la Ricerca ha analizzato quali sono gli aspetti di cui curare maggiormente il presidio nella stesura di contratti Public Cloud. Tra le organizzazioni che già adottano servizi di Public Cloud, l’elemento di maggior attenzione risulta essere la descrizione delle modalità di trattamento dei dati (dove i dati sono archiviati, chi può accedervi, se e in che misura si prevede il coinvolgimento di subfornitori, modalità di cancellazione alla cessazione del rapporto, ecc.) per il 47% dei casi, il regime di responsabilità del fornitore in caso di perdita o violazione dei dati (24%), la descrizione dettagliata delle misure e delle procedure di sicurezza (20%) e in minima parte gli aspetti relativi alla disciplina del subappalto e del trasferimento di dati all’estero (8%). Con riferimento alle organizzazioni che invece sono in fase di valutazione dei servizi Public, si conferma l’attenzione alla descrizione delle modalità di trattamento dei dati (60%) e alle misure e procedure di sicurezza (33%), mentre diminuisce in modo significativa l’aspetto legato ai regimi di responsabilità del fornitore in caso di perdita o violazione dei dati (5%).
Le sfide dell’evoluzione verso un sistema informativo ibrido
Con il Public Cloud ormai realtà tangibile nelle grandi aziende italiane, la sfida per le Direzioni Sistemi informativi è l’evoluzione verso modelli che permettano ad infrastrutture ed applicazioni di integrarsi in modo veloce e flessibile con i servizi consumati dalla nuvola. Questi aspetti risultano essere un ulteriore fattore di spinta verso la transizione da modelli basati su silos applicativi a modelli in cui meccanismi di cooperazione applicativa e scambi informativi strutturati sono il cuore del Sistema Informativo aziendale.
Il primo ambito che ha beneficiato dell’effetto catalizzante del Cloud è stato quello delle infrastrutture che nella maggioranza dei casi hanno intrapreso un processo di progressivo consolidamento delle risorse interne abilitato dalla possibilità di virtualizzare le macchine e di predisporre ambienti centralizzati. Ma come, secondo quanto emerge dai dati, le aziende utilizzano le infrastrutture in Public Cloud? Il 29% delle aziende utilizza in modo esteso ambienti di produzione, più del 50% ha sperimentato o utilizza stabilmente ambienti IaaS per sviluppo e test. Diffuse anche soluzioni di backup (43%) e disaster recovery (32%), mentre sono ancora ridotte le percentuali di chi lo utilizza per il cloudbursting (14%).
In questo modo le imprese hanno beneficiato di miglioramenti in termini di efficienza, dovuti al miglior utilizzo delle risorse hardware e ad una contemporanea riduzione dell’effort necessario per la gestione del parco macchine, e di efficacia, legati alla significativa riduzione dei tempi di provisioning di nuove risorse. In particolare, i servizi IaaS sono stati considerati migliorativi o molto migliorativi rispetto ad infrastrutture proprietarie o in outsourcing in relazione a scalabilità del servizio (94%), misurabilità e controllabilità dei costi (79%), tempestività nel reagire alle richieste delle LoB (73%) e complessità di gestione dei data center (70%). All’evoluzione e al consolidamento infrastrutturale non è seguito, però, un analogo consolidamento applicativo. Se non è più in discussione il se e quando introdurre soluzioni applicative Cloud in azienda, rimane ancora incerto il “come” e gli approfondimenti effettuati mostrano come in realtà sia raro che le aziende adottino un approccio strategico sia in termini di integrazione che in termini di Cloud Migration.
Integrazione ancora difficile
Un altro importante problema che le direzioni IT si trovano ad affrontare nel momento in cui le proprie aziende decidono di fare ricorso ad applicativi as-a-Service è quello relativo alla comunicazione ed interazione con dati ed applicazioni già presenti all’interno del perimetro aziendale. Infatti, nonostante le soluzioni SaaS siano sempre più diffuse, l’integrazione con i sistemi informativi interni avviene ancora a macchia di leopardo (26% del campione) e spesso l’approccio non risulta essere strutturato o standardizzato. Solo il 10% circa delle aziende ha infatti definito standard architetturali per l’integrazione, mentre più spesso (15%) vengono effettuati interventi tattici, caso per caso, per permettere la corretta comunicazione tra i sistemi.
È necessario invece che le aziende adottino approcci architetturali olistici per il proprio Sistema Informativo aziendale, che le aiutino a guidare le modalità di integrazione per governare al meglio i flussi dati tra le differenti applicazioni, siano esse erogate da infrastrutture proprietarie, siano fruite come servizio dal Public Cloud.
Sono molteplici gli elementi che possono aiutare le Direzioni IT a governare al meglio queste complessità, sia a livello tecnologico, mediante l’utilizzo di architetture basate su microservice e strumenti di Api Management, sia a livello organizzativo, ad esempio adottando metodologie e processi di governo tipici dell’Enterprise Architecture.
La gestione dei progetti cloud
Lo scorso anno la Ricerca dell’Osservatorio aveva posto l’attenzione su come i progetti di Public Cloud fossero “semplici, ma non banali” e che per introdurre tali servizi occorresse progettare e pianificare un percorso di introduzione che spesso scardinava i modi tradizionali di operare delle aziende. In particolare emergeva come le fasi classiche della gestione dei progetti, dall’analisi e la pianificazione alla misurazione e controllo, passando per l’attivazione e la fase di run, venissero riviste, con la presenza di numerosi ricicli, richiesti da una più fitta interazione tra IT e business. A distanza di un anno, si è assistita ad una specializzazione dell’offerta di servizi Public Cloud, che ha portato alla diffusione di servizi più verticali e semplici da implementare per le imprese che li hanno adottati. Le evidenze della Ricerca confermano che sia più semplice portare a termine un progetto Public Cloud rispetto ad uno tradizionale (l’80% delle organizzazioni che adotta o sta valutando l’introduzione si trova concorde). Tuttavia il successo del singolo progetto richiede un programma più ampio di revisione del proprio sistema informativo (89%) e una strategia Cloud di lungo periodo (80%) e nonostante ciò la metà del campione (50%) dichiara che i progetti Cloud hanno impatti organizzativi rilevanti sui processi aziendali. La maturazione della tipologia di progetti presi in carico, ha cambiato però alcune considerazioni sulla gestione delle diverse fasi progettuali rispetto quanto emerso nella scorsa edizione della Ricerca. Le attività di valutazione dei rischi, dei tempi e dei costi nella pianificazione dei progetti Public Cloud e nel monitoraggio ex-post vengono ora considerate meno critiche rispetto ai progetti IT tradizionali (rispettivamente 53% e 67%), a significare una crescente capacità di costruire (e monitorare) il business case da un punto di vista del project management.
Si confermano invece più complesse le attività di scouting dei fornitori e la definizione delle specifiche (60%) così come la stesura dei contratti e la definizione degli Sla (82%). La verticalità maggiore dell’offerta Public Cloud, sempre più capace di coprire ambiti core, rende però necessario fasi di test e realizzazione più onerose rispetto al passato (53%) e, sebbene un progetto Public Cloud richieda spesso meno tempo rispetto ad un progetto IT tradizionale (56%), non sempre l’output rispetta maggiormente le specifiche definite nelle fasi iniziali (44%).
In sintesi, accanto ad una maggiore abilità di project management, emerge quindi un gap crescente tra le nuove opportunità che il Public Cloud è in grado di offrire, e la capacità di lavorare dell’IT, che sempre di più è chiamato ad interagire in modo continuativo ed agile, non solo con le linee di business, ma anche con gli utenti finali.
La filiera dell’offerta
Il mercato dell’offerta sta mostrando, in continuità con gli anni precedenti, una “doppia velocità”, dovuta ad una maturità disomogenea delle soluzioni e dei player presenti sui vari livelli dello stack (Infrastrutture, Piattaforme, Servizi applicativi).
Se si guarda alle strategie dei grandi attori del mercato si può notare un progressivo consolidamento del mercato per quanto riguarda i servizi più maturi e che offrono margini sempre più ridotti. In questo contesto i grandi pure player si spartiscono una grande fetta del mercato dei servizi di Public Cloud infrastrutturale facendo leva su servizi affidabili, performanti ed in continua evoluzione offerti a prezzi sempre più ridotti. Tanto che alcuni storici mega vendor di componenti e soluzioni alla base dei servizi Cloud hanno abbandonato il terreno competitivo del Public Cloud infrastrutturale rifocalizzandosi sul supporto alle aziende clienti per la realizzazione di Private Cloud e, talvolta, rafforzando le proprie competenze interne rivolte all’integrazione tra interno ed esterno in ottica di Hybrid Cloud.
Si conferma inoltre come il PaaS si stia sempre più configurando come il nuovo spazio competitivo in cui i big player cercano di costituire un proprio ecosistema ed una propria base di utenza, offrendo servizi sempre più evoluti per gli sviluppatori, sia a livello di mattoncini “base” (dbPaaS, streaming, big data analytics) sia di strumenti per lo sviluppo e a supporto di esso (aPaaS, framework, Ide, versioning).
Infine, è un approccio che nasce dal concetto di ecosistema anche quello adottato da player storicamente più legati alle infrastrutture, come gli operatori Tlc, che vedono nei marketplace una strategia coerente con la loro possibilità di contatto con i clienti finali. Un’arena competitiva complessivamente variegata, in cui ad aree ormai consolidate si alternano grandi spazi con dinamiche interessanti e nicchie legate ad applicativi SaaS che si aprono (e chiudono) con elevata velocità.
* Mariano Corso, Responsabile Scientifico Osservatorio Cloud & ICT as a Service | |
* Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico Osservatorio Cloud & ICT as a Service | |
* Alessandro Piva, Direttore Osservatorio Cloud & ICT as a Service |