“Il Rapporto di quest’anno – dice subito Giancarlo Capitani, Presidente di NetConsulting Cube, presentando i dati del rapporto Il Digitale in Italia 2020 di Anitec-Assinform – ci racconta due storie molto diverse tra loro: una nel segno della crescita lineare iniziata 5 anni fa e proseguita per tutto il 2019, l’altra nel segno della brusca discontinuità causata dall’emergenza Covid che comincia a rendere evidenti i suoi effetti negativi a partire dal secondo trimestre di quest’anno, con esiti imprevedibili sia sul lato della domanda sia su quello dell’offerta”.
L’impatto del Covid sul mercato ICT: -3,1%
Lasciando alla seconda parte dell’articolo l’analisi dei consuntivi 2019 che, seppur importanti, in questo momento catalizzano l’attenzione in misura minore rispetto alle previsioni 2020 e 2021, partiamo da queste ultime: “Qui viene il difficile – ha detto subito Capitani – perché non esistono previsioni macro economiche certe, le previsioni aziendali sono molto incerte perché non si sa cosa accadrà nel secondo semestre quindi per fare queste previsioni ci siamo basati sui pochi dati certi a disposizione”.
Il primo dato di riferimento è quello rilasciato da Istat in marzo che misura il peso del valore aggiunto delle attività sospese (figura 1) rispetto al valore aggiunto totale nelle varie regioni: si vede chiaramente come l’industria abbia subito i danni maggiori (-54%) mentre meno drammatico è l’impatto sui servizi (-31%). I dati indicano una decrescita del PIL in Italia del 5,3% nel primo trimestre 2020 rispetto al trimestre precedente e del 5,4% nei confronti del primo trimestre del 2019.
“Quello che interessa capire – ha proseguito Capitani – è come hanno reagito le imprese e quale ruolo ha avuto l’ICT. Abbiamo quindi effettuato una rilevazione in questo periodo che ha dato risultati interessanti (figura 2). Tre risultano i pilastri che hanno garantito alle imprese la continuità operativa. Prima di tutto lo smart working, o meglio il lavoro da remoto, e di postazioni di collaboration con una serie di acquisti imprevisti e che ha provocato quella che chiamiamo pandemia digitale, quindi un processo poco governato, molto reattivo per dotare una popolazione molto vasta di addetti non ICT di strumenti che consentissero loro di continuare a lavorare”. Questo ha generato una domanda, anche questa immediata e molto consistente, di sistemi di cybersecurity e protezione dei dati dalle minacce che, data questa diffusione poco controllata, sono aumentate esponenzialmente. Il terzo elemento è stato un aumento del ricorso al cloud pubblico che ha consentito di avere flessibilità e rapidità di risposta in una situazione imprevista e improvvisa.
“Questo ha comportato quattro conseguenze, quattro profili di comportamento nelle aziende: sicuramente un rallentamento dei progetti in corso e un mantenimento delle operation; in altri casi, più gravi, uno spostamento dei progetti innovativi al secondo semestre 2020 o, peggio ancora, al 2021; terzo, un tema grave di mancanza di liquidità e quindi una rinegoziazione dei contratti in essere con i fornitori; quarto, di segno completamente diverso, una accelerazione di progetti innovativi resi urgenti dall’emergenza in alcune aziende più illuminate e più capaci, in base a risorse capitalizzate, di finanziare questi investimenti”.
Sulla base di queste forze contrapposte, gli analisti del Rapporto Anitec Assinform prevedono un andamento che vede un -3,1% del mercato nel 2020 (figura 3), dato mediano tra la stima migliore del -2,2% e quella peggiore del -5%.
Tutto questo ci porta a una valore di mercato di 69,7 miliardi di euro, pari a quello di metà 2017.
Consapevolezza della strategicità dell’ICT per garantire la continuità operativa
“Questo calo è tutto sommato meno grave di quanto si temesse ed è dovuto sostanzialmente a due fenomeni: prima di tutto la consapevolezza maturata in tempi anche rapidi dell’utilità cruciale dell’ICT e del digitale presso il top management e soprattutto piccoli e medi imprenditori con l’attivazione seppur coatta di progetti ICT; dall’altra, un fatto contabile che le spese cassate e rinviate sono spese che incidono nei budget delle imprese per circa il 35%, quindi l’effetto di contrazione dei budget dovrebbe essere limitato incidendo su una quota non maggioritaria della spesa IT totale”.
Questo trend del -3,1%, che si confronta con un +2,2% del 2019, sarà caratterizzato da una contrazione di tutti i segmenti del mercato (figura 4) ad essere meno penalizzati saranno il software e i servizi di rete TLC.
Il dato negativo sottolineato da Capitani è il forte divario nella spesa tra i principali settori economici: si mantiene la crescita nella Pubblica Amministrazione centrale (+3%) che ha una spesa più anelastica rispetto agli andamenti congiunturali, nelle utility (+0,9%) con qualche problema di liquidità, nella PAL (0,8%), nelle banche (0,7%) e nella sanità (0,4%) che sarà la grande protagonista nel 2021. Diminuiscono gli investimenti in tutti gli altri settori, soprattutto quelli che stanno subendo dei guasti non solo di naturale congiunturale ma soprattutto di natura strutturale (come quello Travel & Trasportation ) con un’emergenza che sta cambiando i comportamenti delle persone e delle imprese.
Da contraltare a questo segnale negativo e in prospettiva 2021 vi è la constatazione che l’emergenza ha indotto alcuni fenomeni di segno positivo:
- il primo ci viene confermato dalla rilevazione Istat riportata in figura 5 che dice una cosa molto importante: strumento importante utilizzato dalle imprese per rispondere all’emergenza è stata una transizione diffusa alla digitalizzazione che però riguarda prevalentemente le medie e grandi imprese “ricreando un nuovo gap nei tempi di digitalizzazione”, sottolinea Capitani;
- il secondo punto, “poco sottolineato – evidenzia il presidente di NetConsulting Cube – è un cambiamento nei comportamenti d’uso di questa digitalizzazione diffusa: è aumentato l’upload di questi documenti, informazioni, video, abituando una popolazione passiva, più usa al download, ad essere attiva”;
- il terzo la consapevolezza, già citata, della funzione del digitale per garantire la continuità aziendale; nei momenti di punta dell’emergenza c’è stato un plauso all’ICT nelle aziende, come dice McKinsey, il CIO è diventato il leader della resilienza aziendale
“Tutto questo – spiega Capitani – ci fa dire che nel 2021 l’effetto rimbalzo, con una curva di crescita a V, porti a una crescita del mercato digitale del 3,7% a fronte di un rimbalzo dell’economia generale (dati MEF) del 4,7% (figura 6)”. Le assunzioni che stanno alla base di questa previsione sono, da un lato il massiccio finanziamento alla digitalizzazione delle imprese e delle pubbliche amministrazioni che dovrebbe essere uno dei pilastri del Recovery plan, che è stato ribadito in questi giorni durante gli Stati Generali promossi dal Governo, accanto al rifinanziamento già deliberato del Piano Industria 4.0 denominato Piano di transizione Impresa 4.0 plus.
Dall’altro lato, si prefigura una forte accelerazione della virtualizzazione dei processi trainata dallo smart working, ma estesa ad altri come, per esempio, e-commerce e supply chain, anche tra imprese, derivante dall’aumento delle interconnessioni digitali di tutti i soggetti del tessuto economico e dalla transazioni conseguenti.
“Non dobbiamo dimenticare poi nel 2021 l’entrata a tutto campo del 5G – ha detto Capitani avviandosi alle conclusioni – con due effetti di aumento dei servizi digitali disponibili e una sperabile diffusione su tutto il territorio della banda larga che consenta a tutti di accedere ai servi digitali. Non ultimo la digitalizzazione della PA. Se tutto questo avverrà, l’emergenza Covid ci avrà lasciato tra le tante cose negative un paese avviato più rapidamente in una prospettiva digitale. La condizione essenziale è maturi nel paese a tutti i livelli è che una digitalizzazione accelerata sia l’unica operazione non solo per un rilancio dell’economia ma per la sopravvivenza del nostro sistema socio economico”.
Una politica di ricostruzione per creare valore
“Sino a tre mesi fa contavamo di presentare un andamento complessivo del mercato digitale italiano sostanzialmente in linea con le previsioni. In crescita del 2,1% per il 2019, e atteso crescere anche di un punto in più nel 2020, a conferma di un moderato progresso nella digitalizzazione di imprese, amministrazioni pubbliche e famiglie. Poi è arrivata l’emergenza sanitaria a stravolgere tutto”, ha detto Marco Gay, presidente di Anitec Assinform, e ha proseguito sottolineando che: “Il mercato dell’ICT nel 2020 limiterà il calo al 3,1% per recuperare nel 2021, per la capacità del digitale di dare ossigeno all’economia nelle fasi più difficili, la sua anticiclicità e la sua vocazione a sostenere una ripartenza che sarò lunga. Sono aspetti che invocano visioni e politiche adeguate per il digitale, e soprattutto concretezza, anche in vista del sostegno dell’Europa.Il 2019 non va dimenticato. Ci ha consegnato un Paese ancora in ritardo nell’innovazione digitale, ma pur sempre in progresso e con una dotazione di sistemi, reti e servizi che ha permesso di attenuare gli effetti del lockdown”, ha continuato Gay.
“La ripartenza sarà solo un fuoco di paglia fondato sul debito se l’aiuto emergenziale non lascerà progressivamente spazio a una politica di ricostruzione fondata sull’investimento in eccellenze produttive e di servizio, capaci di creare valore. Queste sono le stesse condizioni poste dalla UE per accedere a fondi straordinari che, se approvati in toto, renderanno disponibili al nostro Paese 172 miliardi di euro, tra prestiti e contributi a fondo perduto, per investimenti. E il digitale è essenziale per questo cambio di passo. Passo che è comunque alla base del recupero della fiducia a investire nelle imprese di tutti i settori e nello stesso comparto ICT; e che è essenziale per dare impulso alla digitalizzazione della PA e della Sanità, accelerare lo sviluppo delle infrastrutture a banda ultralarga fisse e mobili, sostenere le startup innovative e ammodernare l’istruzione, anche per colmare il gap di competenze digitali. Mai come oggi appare strategico e urgente dotarsi di una politica digitale all’altezza dei tempi, e attuarla”, ha concluso Gay.
Consuntivi 2019 mercato ICT: è proseguita la crescita
E ora veniamo ai dati 2019. Come ha evidenziato il presidente Gay, i dati consuntivi 2019 mostrano come vi sia una continuità nella crescita, con un tasso dell’intero mercato digitale che segna +2,1%, che conferma quanto già evidenziato in altre occasioni ossia una forbice sempre più ampia tra crescita dell’economia in forte riduzione e mercato ICT e digitale con andamento anticiclico (figura 7).
Questa crescita è fortemente sostenuta dal segmento Contenuti e Pubblicità digitale dovuta soprattutto al consumo digitale innovativo: video streaming, mobile entertainment ecc. Anche i servizi ICT registrano una crescita interessante (+5,8%), trainati dalla progressiva adozione del cloud e dal proliferare di progetti di modernizzazione infrastrutturale e applicativa di cui hanno beneficiato anche i servizi di system integration e consulenza. Frizzante il dato del software (+7,8%), soprattutto nelle aree della sicurezza e della governance e all’introduzione delle nuove metodologie Agile e DevOps finalizzate alla modernizzazione applicativa e allo sviluppo di soluzioni applicative di nuova generazione. Nel segmento dispositivi e sistemi hanno avuto un andamento importante i portatili, i tablet, meno positivo il dato degli smartphone, soprattutto di fascia alta, dovuta a una saturazione del mercato e alla mancanza di annunci di nuove feature tecnologiche. Un andamento in apparente controtendenza è l’andamento dei Servizi di rete TLC dove permane il paradosso di una decrescita in valore a fronte di una crescita esponenziale dei volumi di traffico, causa la fortissima competizione sul prezzo (per la telefonia mobile abbiamo un calo delle tariffe del 6% a fronte di un aumento del traffico dati del 56%, dati Agicom). (figura 8)
A trainare il mercato sono le componenti più innovative, che il Rapporto definisce Digital Enabler con una evidenza particolare per il cloud (23%), IoT (18,3%) e tra quelli emergenti intelligenza artificiale/cognitive computing che, pur partendo da numeri molto bassi, cresce del 59,3%. Il dato interessante da sottolineare è che l’insieme di queste soluzioni incide sul mercato digitale per una quota del 19,5% mentre nel 2016 il dato era di 13,4% (figura 9): “È il segno ancora una volta della presenza diffusa dei progetti di digitalizzazione nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni che sono andati aumentando negli ultimi 3 anni. Un percorso di digitalizzazione che è stato accelerato anche se insufficiente, come ci dimostra l’ultimo rapporto DESI [su 28 Paesi l’Italia è al 25° posto ndr], a recuperare lo svantaggio accumulato nei confronti dell’Europa”, dice Capitani che sottolinea un’altra notizia positiva, in controtendenza rispetto alla percezione corrente, è il ritorno al segno significativamente positivo alla spesa in ICT nella PA centrale che è un dato molto significativo e che fa sperare si sia veramente avviato un processo di digitalizzazione della PA centrale. Tutti i big spender crescono sopra la media. (figura 10)
“Ma c’è anche quest’anno una cattiva notizia – prosegue Capitani – ed è che la crescita è stata ancora una volta trainata dalle aziende di grandi e medie dimensioni (tra il 3,5 e il 4%) mentre è meno della metà (1,8%) quella nelle piccole imprese che non riescono a colmare lo storico ritardo, nonostante alcuni obblighi di legge come la fatturazione elettronica ne abbiano indotto una spinta alla digitalizzazione” (figura 11). L’Istat ha appena rilasciato i dati di una rilevazione che indica che l’82% di aziende da 10 a 42 addetti ha un livello di digitalizzazione basso o molto basso contro il 46% delle aziende sopra i 250 addetti.