Sardinia Ict: valorizzare le competenze esistenti, attirarne di nuove

Un esempio di creazione di un polo regionale Ict, dove convergono competenze  sviluppate nel tempo, la concentrazione di imprese, la capacità di attrazione di investimenti e nuovi insediamenti, grazie ad una visione internazionale della sfida competitiva a partire però da un forte radicamento locale

Pubblicato il 03 Set 2006

La nascita recente di un distretto tecnologico Ict in Sardegna, "Sardinia Ict", va a consolidare la presenza di un insieme di centri di ricerca da tempo operativi sull’isola e imprese innovative che già operano nel settore Ict, ai quali si uniscono le competenze delle due Università di Cagliari e di Sassari, del parco tecnologico Polaris (creato con sede centrale a Pula, circa trenta chilometri da Cagliari, dall’agenzia regionale Consorzio 21), del centro di sviluppo e studi superiori CRS4. Quest’ultimo, fondato nel ‘90 per favorire l’industria hi-tech in Sardegna, è oggi centro di riferimento per le attività di ricerca e sviluppo di Polaris basate su tecnologie informatiche, reti e calcolo ad alte prestazioni.

Un’immagine del Parco Tecnologico Polaris

Questo insieme va a coprire tutte le componenti della filiera tecnologica dalla ricerca strategica e industriale, allo sviluppo e produzione di servizi.
“L’obiettivo è promuovere la capacità di attrazione della Sardegna, analizzare la conoscenza che già è presente, attrarre nuova conoscenza”, ha dichiarato Renato Soru, presidente della Regione Sardegna, aprendo il convegno “Sardegna Terra ICT”, organizzato prima dell’estate dalla Regione in collaborazione con l’agenzia regionale Consorzio 21 per presentare il distretto tecnologico “Sardinia Ict” (Scarica il pdf Progetto per la creazione del Distretto Sardinia Ict). Il nuovo polo ha lo scopo di favorire la nascita di imprese innovative, oltre che attrarre sull’isola imprese italiane e internazionali del settore Ict. Non a caso sono stati invitati come relatori al convegno molti rappresentanti di aziende fra cui Ibm, Telit, Engineering, Sun Microsystems, Oracle, Tiscali.
Soru ha elencato le molte competenze e attività di ricerca presenti sull’isola pronte per essere sfruttate a livello industriale. Si va da competenze sui motori di ricerca, a quelle sulla visualizzazione tridimensionale di grandi quantità di dati, fino alla progettazione di reti che usano tecnologia ottica per tutti i componenti.

Prodotti e servizi innovativi grazie all’Ict
Per quanto riguarda i motori di ricerca, le competenze presenti in Sardegna hanno alimentato il progetto europeo Quaero, che può rappresentare una sfida per i motori che oggi detengono i monopolio. A riprova dell’attivismo su questi temi, a fine giugno si è tenuto presso Polaris un convegno nel corso del quale si sono confrontati i maggiori rappresentanti nel panorama dei motori di ricerca a livello internazionale sul campo delle più avanzate tecnologie con l’obiettivo di tracciare la strada verso i motori di ricerca del futuro.
Un altro campo in cui la ricerca è a uno stadio avanzato riguarda le reti fotoniche per le quali tutti i componenti sono di tipo ottico, importanti ad esempio per le attività di disaster recovery. Infine, fra le molte ricerche in cantiere del gruppo Crs4 la più avanzata riguarda la visualizzazione tridimensionale di grandi quantità di dati già applicata dalla Boeing nella visualizzazione dei progetti dei velivoli. La stessa tecnologia, utilizzata per visualizzare i dati regionali i cui risultati sono stati presentati al Forum Pa e a breve disponibile online, offre la possibilità di arricchire il dato puramente geografico con informazioni di tipo culturale, turistico, economico… Si possono trovare interessanti applicazioni sia per altre regioni italiane, sia per l‘Europa, che ha indicato il 31 dicembre 2006 come scadenza entro la quale digitalizzare due milioni di oggetti di tipo “culturale”, mentre la Sardegna ne ha già digitalizzato quarantamila (www. sardegnacultura.it).
“Il patrimonio culturale può diventare occasione per sviluppare tecnologie anche molto innovative – ha ricordato nel suo intervento Andrea Granelli, Presidente del Distretto Tecnologico dell’Audiovisivo e dell’ICT di Roma (Scarica il pdf Esperienze del Distretto Tecnologico italiano dell’Audiovisivo e dell’ICT di Roma)- Il nostro distretto tecnologico non si limita a lavorare sulla componente turistica, ma riunisce oltre ad aziende Ict, anche quelle del settore audiovisivo (RaiMediaset, Cinecittà…)”. L’idea è pensare al viaggio, come a una storia (che inizia prima della partenza e prosegue dopo il ritorno) utilizzando dunque anche l’esperienza dei grandi produttori di storie quali i registi.
Invece di scegliere fra un paese che cresce solo grazie a turismo e accoglienza e un paese basato soprattutto su industrie hi-tech, si presenta dunque anche la possibilità di creare, grazie alla tecnologia, una nuova industria culturale e turistica, diventando leader mondiali in quest’area, operando dunque su un terreno locale, dove il territorio ha grande importanza, ma pensando in un’ottica mondiale.

“Gli ecosistemi territoriali vincenti (uno per tutti Silicon Valley) sono caratterizzati dal fatto che tutti gli attori dell’innovazione (formazione, istituzioni e imprese) giocano sullo stesso progetto, sono concordi nella stessa direzione”, ha ricordato nel suo intervento Andrea Pontremoli, Presidente e amministratore delegato di Ibm Italia, (Scarica il pdf Ict e innovazione globale).

Le Pmi fanno ecosistema
Chi di ecosistemi se ne intende è Francesco Nachira, Capo Settore DG INFSO della Commissione Europea, che ha presentato il programma europeo Digital Business Ecosystems che cerca di rispondere alla questione se le Pmi siano una debolezza per l’Europa o possano invece rappresentare un potenziale e se per loro esista una prospettiva diversa da quella di diventare grandi. Il programma affronta innanzi tutto le difficoltà tipiche delle Pmi come l’accesso alle catene globali del valore, alla conoscenza, all’adozione di nuove tecnologie, a nuovi modelli distribuiti per il business e l’organizzazione del lavoro. E infine, come creare un ambiente attraente per i business e le persone? La risposta è in un ecosistema socio-economico, più simile a un essere vivente che a una macchina, dove la conoscenza è una componente fondamentale accanto a un’infrastruttura Ict che l’abilita.
Fra le regioni pilota in Italia vi sono Piemonte, Lazio e la provincia di Trento, in Europa Aragona, WMidand, Tampere, Baden-Wutterberg. La Sardegna è una delle prossime candidate.

Dove andranno i cento milioni di nuovi posti di lavoro?
Pontremoli, sottolineando quanto sia necessario per il paese capire quali treni (in ambito tecnologico) stiano partendo e dunque quali prendere (invece di lamentarsi dei treni persi) anche con la consapevolezza che non tutti arriveranno, ha ricordato i risultati di uno studio Ibm, che da quest’anno si chiama “Global Innovation Outook”, anzichè “Global Technology Outlook”, come in precedenza. Nei prossimi cinque anni, secondo l’analisi, saranno creati nel mondo cento milioni di posti di lavoro. Che i posti siano in India, in Cina o in Sardegna, in Italia, in Europa dipende dalle strategie adottate dai diversi paesi. Le aree che genereranno occupazione sono, secondo l’analisi Ibm, le biotecnologie, le nanotecnologie, la banda larga, le celle a idrogeno. Su quali di queste aree accettare la sfida?
“Come presidente e amministratore delegato di Ibm, la maggiore impresa It che opera in Italia, mi sono posto il problema di come aiutare il paese – ricorda Pontremoli – Il punto principale è ricordare che non si gioca da soli ma specializzandosi in alcuni ambiti e collaborando con gli altri in una logica di rete”.

E mentre Elserino Piol, Presidente Pino Partecipazioni, ha illustrato il ruolo del venture capital non solo in termini di finanziamento (Scarica il pdf Venture capital per lo sviluppo d’impresa), ma soprattutto come motore per l’innovazione (che comunque deve contare sulla terna tecnologia, risorse umane e finanziarie), Massimo Dadea, Assessore Regionale degli Affari Generali, ha presentato in dettaglio le politiche regionali per l’innovazione.
In conclusione, nonostante i molti nodi ancora aperti, è indubbio che il modello sardo possa rappresentare un riferimento per molte altre aree italiane.

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