Schisano: uniformarsi alle regole

Il Paese e le imprese devono uniformarsi alle regole che i mercati internazionali condividono, se si vuole che gli sforzi per innovare si traducano in reale competitività. E’ questa, secondo Roberto Schisano, presidente e amministratore delegato di Getronics Italia, la priorità per l’Italia che dovrebbe, soprattutto sul versante della sfera politica, muoversi secondo una strategia di lungo periodo

Pubblicato il 16 Feb 2006

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Secondo Roberto Schisano, presidente e amministratore delegato di Getronics Italia, il primo problema del Paese è uniformarsi alle regole che i mercati internazionali condividono; inoltre sarebbe necessaria una visione di lungo periodo, soprattutto da parte della sfera politica, che dovrebbe agire in primis per creare un contesto favorevole all’innovazione

Schisano: Il primo problema è quello di rendersi conto che non siamo un’isola, ma che il Paese è immerso in un contesto internazionale, dove la competizione è basata su regole che vanno condivise, accettate e rispettate. Altrimenti gli sforzi di innovazione, che pure vengono fatti, sono rivolti esclusivamente al mercato interno, ma non risultano competitivi per il mercato internazionale. Questo chiamarci fuori dal contesto internazionale è all’origine del tono di divertita osservazione con il quale la stampa internazionale, anche la più benevola, commenta qualunque fatto riguardi il sistema Italia.
Le regole a cui invece dovremmo uniformarci sono, ad esempio, la logica del libero mercato, la meritocrazia, il continuo miglioramento fra contenuto e costo dei prodotti/servizi offerti, indispensabile se si comprende che il successo deriva dalla capacità di competizione sul libero mercato e non dalla protezione sul proprio mercato. Ma le nostre aziende, abituate in genere a muoversi in un mercato protetto e in una situazione assistita, quando vanno sul mercato internazionale non sono competitive.

Zerouno: Quali sono gli elementi frenanti? Il mercato del lavoro, il credito?
Schisano: Il mercato del lavoro è uno snodo importante, ma incompreso. A mio parere sono state le imprese, che hanno delegato la gestione ai sindacati o alle organizzazioni sociali, a renderlo così ingessato. Per le aziende multinazionali, che non hanno storia pregressa, il mercato italiano è uno dei più liberi. Nella mia precedente esperienza, in Texas Instruments, ho ad esempio fatto investimenti basati sulla flessibilità, realizzando un accordo a livello locale, reso possibile grazie alla negoziazione a due livelli, che non si sarebbe potuto realizzare in Germania o in altri paesi europei.
Più serio è invece il problema del mercato del credito, che, senza scomodare i più recenti esempi di mal costume, è quanto meno inadeguato. L’unico momento il cui il sistema finanziario ha sostenuto il rischio è stato quello della bolla Internet, quando si è però mosso, a partire da parametri inesistenti e in una logica puramente speculativa.
Per stimolare l’innovazione a mio parere non si deve però pensare, come invece accade, a incentivi diretti alle imprese, ma si dovrebbero ricercare strumenti di finanziamento in una prospettiva di modifica del sistema per la quale è indispensabile una logica di medio-lungo periodo, difficile da perseguire per la singola azienda.
Sarebbe invece necessaria una visione di lungo periodo da parte della sfera politica, che dovrebbe agire sul contesto, lasciando poi alle imprese le modalità operative.

Zerouno: Dato questo contesto, quale può essere l’approccio all’innovazione da parte delle imprese italiane? Che ruolo possono svolgere le soluzioni It per migliorare la loro competitività?
Schisano: A mio parere, sono poche le aziende al mondo che hanno davvero capito come usare l’It, con il risultato di avere investito tanto senza capire che l’informatica è uno strumento, ma che, anche in aree tradizionali, come ad esempio l’amministrazione, per perseguire obiettivi di innovazione è indispensabile agire sui processi.
Da questa mancanza di comprensione deriva la scarsità degli investimenti delle imprese italiane che spendono in media meno di 1.500 euro l’anno. Per modificare questa situazione i fornitori dovrebbero capire il business del cliente, ma è difficile raggiungere la vasta platea delle Pmi che non possono permettersi la struttura dei costi che un intervento dedicato comporterebbe.
Getronics ha cercato di affrontare questo problema mettendo a punto una struttura di offerta ritagliata sulle esigenze delle aziende medio-piccole. E ha creato al tempo stesso una rete specializzata di Var che la rende disponibile. Per farlo ha realizzato un accordo con la Compagnia delle Opere, che conta su 35mila soci, un terzo dei quali costituiti da imprese con circa 50 dipendenti e circa mille aziende nel settore It. Alcune di queste ultime sono state qualificate come partner Getronics. Questa scelta risponde all’evoluzione dell’assistenza: mentre quella software è restata immutata quella hardware è cambiata profondamente. Non richiede infatti più competenze tecniche, ma soprattutto di tipo logistico: i pezzi non si riparano, ma si sostituiscono. In questo modo riusciamo a fornire soluzioni alle Pmi in modo capillare e a costi per loro sostenibili.

Zerouno: C’è qualcosa che l’industria It e Getronics in particolare può fare per creare un contesto più favorevole all’innovazione ?
Schisano: Getronics non è un’impresa italiana e dunque non le si può chiedere di operare a favore del Paese, per il quale sarebbe invece necessario un sostegno pubblico.
Qualcosa è stato fatto, come ad esempio il fondo rotativo promosso da Stanca, che ha però il limite di richiedere l’aggregazione di 20 soggetti, difficile da realizzare o realizzabile in modo artificioso.
A mio parere sarebbero invece più efficaci incentivi messi a disposizione attraverso grandi progetti infrastrutturali: ad esempio protezione del territorio, scuola e formazione.

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