MILANO – “In molte imprese importanti ci sono bravi tecnici che hanno favorito l’affermazione dell’azienda ed erano vicini all’imprenditore al momento della sua creazione, ma che ormai non innovano più, anche per la difficoltà di trovare le risorse. La soluzione può venire allora dalla collaborazione con le startup. Queste non vanno viste come strumenti di autoimpiego per i giovani, ma come acceleratori di innovazione grazie alla giusta combinazione fra persone esperte e giovani dinamici e aperti, con esperienze internazionali”.
È questa l’idea da cui parte Stefano Venturi, Amministratore Delegato di Hpe Italia, intervistato da ZeroUno in occasione del lancio di GrowITup, progetto di cui l’azienda è partner, nato per mettere in contatto, in un’ottica di open innovation, le grandi imprese del Made in Italy con startup innovative. Questo può consentire ad aziende affermate di sperimentare tecnologie e modelli di business in modo più rapido ed economico e con rischi minori, rispetto alla sperimentazione interna, evitando anche di cannibalizzare prodotti e servizi della stessa azienda. Le nuove imprese, una volta lanciate, possono essere poi riacquisiste (spin-in) dall’impresa madre sulla base di patti che prevedono un diritto di prelazione al raggiungimento degli obiettivi concordati.
Il ricorso allo spin-off è anche un modo per attirare risorse dal venture capital ed evitare che le idee migliori emigrino. “La maggior difficoltà per le nuove imprese è lo scale-up a causa dell’assenza in Italia di una vera industria del capitale di rischio che andrebbe invece messa in moto – sostiene Venturi – Più che ulteriori interventi legislativi indirizzati alle startup, sono utili iniziative come GrowITup per sviluppare un ecosistema favorevole”. Va in questa direzione anche il progetto di Assolombarda ‘Startup Town’, che lo stesso Venturi guida, rivolto alle startup innovative a cui offre supporto gratuito per partire, ma soprattutto contaminazione con il sistema industriale esistente. “Più le startup interpretano i bisogni delle imprese dell’ecosistema più hanno possibilità di crescita e di realizzare exit di successo”, spiega.
Coinvolgere più attori per investimenti selettivi
Queste iniziative hanno l’obiettivo di aumentare la consapevolezza, creare un ecosistema importante, coinvolgere i grandi gruppi, aggregare tanti attori per far aumentare i capitali disponibili che andrebbero però impiegati in modo molto selettivo. “Gli investimenti (dal milione in su) andrebbero concentrati solo sulle startup che hanno probabilità reali di successo e che andrebbero chiuse se in un anno o due non raggiungono i risultati attesi – avverte – Andrebbero inoltre incoraggiate soprattutto le iniziative imprenditoriali B2B, capaci di guardare da un lato alla nostra tradizione manifatturiera, in settori come la meccatronica, la meccanica di precisione, l’elettronica, e dall’altra sfruttare le tante potenzialità della ricerca universitaria”.
Da parte sua un’azienda come HPE “può mettere a disposizione l’esperienza dei suoi ingegneri per indirizzare le startup e chi investe”, è l’impegno di Venturi, ricordando che la prima vera startup della Silicon Valley è stata proprio Hp nel ’39, con il suo primo prodotto, un oscillatore audio. È la prova che per avere successo non serve necessariamente qualcosa di molto sofisticato ma la capacità di utilizzare la tecnologia in modo innovativo al servizio dell’industria.
Venturi annuncia, in conclusione, il desiderio di portare anche in Italia il progetto Haven Startup Accelerator, pensato dalla corporate per consentire ai nuovi imprenditori di proporre prodotti e soluzioni big data, basati sulla piattaforma Hpe Haven.