Survey 2008 Italia. Scelte e percorsi dei nostri Cio

La quinta edizione del Cio Survey, lo studio tutto italiano realizzato da Netconsulting e rivolto a una sessantina di responsabili It, conferma il trend in atto che vede queste figure in evoluzione con competenze sempre più orientate alla comprensione e al supporto del business. ZeroUno analizza i dati dello studio dai quali emerge una migliorata comunicazione tra i Cio e le altre funzioni aziendali, nonché con i vertici e il top management. La spesa It continua però a essere assorbita soprattutto dalla gestione corrente rispetto a progetti di vera innovazione

Pubblicato il 06 Ott 2008

È giunto alla sua 5a edizione il Cio Survey, l’indagine condotta in Italia da NetConsulting con interviste a oltre una sessantina di Cio, anche quest’anno patrocinata da Amd, Hp e Microsoft. Un rapporto che fotografa la realtà in evoluzione dei maggiori gruppi privati italiani, presentato a giugno da Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, e esaminato in un articolo di ZeroUno a firma dallo stesso Capitani (vedi numero di Luglio/Agosto 2008), centrato sull’analisi dei progetti che emergono come più perseguiti dai Cio, a fronte degli obiettivi strategici percepiti dalla maggior parte delle aziende.
Cio in evoluzione anche in Italia: i dati dell’indagine
Il ponderoso rapporto merita una ulteriore sintetica recensione dei risultati da cui emergono o si deducono raccomandazioni utili a facilitare la trasformazione della struttura It e a focalizzare il nuovo ruolo del Cio, che per il business è cruciale agisca contemporaneamente da advisor e innovator.


Figura 1
Il campione delle aziende oggetto del Cio Survey 2008

fonte: CIO Survey 2008, NetConsulting

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Data la costante “sottorappresentazione dei Cio italiani nei survey internazionali (solo 5 intervistati su 400 nel più recente), Cio Survey 2008 colma un gap per la realtà nostrana”, nota Capitani. Il panel di aziende intervistate è senz’altro rappresentativo, sia pure con l’assenza dichiarata di Pa centrale e locale (vedi figura 1).
Discusse le priorità fra le tre famiglie di obiettivi strategici (innovazione per crescere, razionalizzazione e Governance-Risk-Compliance), e passati in rassegna i progetti It di importanza strategica crescente o decrescente (Infrastruttura, Middleware e aree applicative) – vedi ZeroUno di Luglio/Agosto 2008 – non potevano mancare riflessioni sulla composizione dei budget, sull’evoluzione della loro distribuzione per settori, sui requisiti richiesti ai fornitori It, così come riflessi negli spostamenti di investimenti fra hardware, software e servizi.
Il budget per il campione di aziende intervistate cresce rispetto al 2007del 2,8%, molto di più dell’1,8%, media di mercato dell’intero parco aziende Italiane (di cui il budget del campione è il 32%) e con un calo previsto per il 2009, per l’effetto degli importanti mega merger soprattutto nel settore bancario. C’è una sostanziale equidistribuzione del budget sulle quattro voci, hardware, software, servizi inhouse e servizi in outsourcing come si può vedere nella figura 2 riportata a lato.

Figura 2
Composizione Hw, Sw, Servizi nella spesa It
fonte: CIO Survey 2008, NetConsulting
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L’hardware tende comunque ad aumentare (anche se meno della media di mercato, che beneficia della spinta consumer) per l’effetto congiunto di migrazioni che impongono approvvigionamento suppletivo di risorse, progetti Soa che inducono un gradino di capacità computazionale, e storage richiesta dalla massa crescente di dati ed informazioni, malgrado i processi di virtualizzazione in atto. Cresce significativamente il software, con progetti e componente middleware. Preoccupante, invece, il decremento sui servizi di consulenza, professionali e system Integration, per effetto di una persistente riduzione delle tariffe e di risorse interne ridondanti a causa di acquisizioni e fusioni che determinano un minor ricorso ai servizi esterni. Quanto alla composizione del budget It, rimane ahimè attorno al 64% lo zoccolo assorbito dalle spese di gestione (vedi figura 3). In generale si spende ancora poco per l’innovazione.

Figura 3
Suddivisione spese correnti It -Investimenti It
fonte: CIO Survey 2008, NetConsulting
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Relazioni con i fornitori
Anzitutto c’è una tendenza alla riduzione dei fornitori e alla partnership: il numero di fornitori si contrae e si stabilizza con legami forti in un rapporto di co-sviluppo e co-evoluzione, e con un certo volume di business su un dato arco temporale per il fornitore.
Come riportato nella pagina successiva nella figura 4, specie nel software e nei servizi, le aziende con numero di fornitori stabile si contrae; quelle che riducono i fornitori superano quelle che li aumentano.

Figura 4

Trend sul numero di fornitori
fonte: CIO Survey 2008, NetConsulting
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Nei servizi in particolare la coesistenza di aumenti (16,7%) e diminuzioni (31,7%) depone per un grande turnover in atto, in via di stabilizzazione entro il 2009. Questa concentrazione della domanda è un campanello d’allarme sul cui impatto è bene si interroghino le piccole aziende che rappresentano la frammentata offerta di servizi It in Italia. Una concentrazione dell’offerta che coglie il trend e viene prepotentemente in mente è il recente annuncio di Hp-Eds come secondo grande player assoluto nei servizi dopo la finora solitaria Ibm Gs. Una domanda obbligata è sulle tariffe professionali, posto che “il male italiano nel settore è stato in questi anni un gioco perverso di costante abbassamento tariffario, imposto specie dai grandi gruppi”, dice Capitani. La buona notizia è una stabilizzazione nel 2007 (41%) contro addirittura una lieve crescita delle tariffe nel 2008 (per il 41%) (vedi figura 5). “Si intravvede la guarigione da questo male tutto italiano che induce un abbassamento strutturale della qualità delle competenze investite dai fornitori (perché non si possono pagare poco risorse che costano tanto)”, commenta Capitani.

Figura 5
Trend delle tariffe professionali

fonte: CIO Survey 2008, NetConsulting
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Oltre allo scontato rapporto qualità prezzo, nella scelta del fornitore software, fanno premio le competenze applicative e la conoscenza delle problematiche di settore, cioè la capacità di costruire valore aggiunto sulla piattaforma middleware o verticale offerta. Nella scelta del fornitore di servizi contano flessibilità e orientamento al cliente, atteggiamenti cruciali se si concretizzano in una partnership specifica, ma pericolosi se si trasformano nella pretesa del cliente di un potere negoziale elevato che richiede qualunque risposta o supporto; esiziali nel frammentato mercato italiano di servizi, perché portano alla despecializzazione il piccolo fornitore.
Il giudizio dei Cio nei confronti dei fornitori sembra proprio non evolvere in senso positivo: in termini di competenze declina da un 4,6 punti del 2007 a 4 nel 2008; il portafoglio d’offerta si amplia, è vero, ma per credibilità (intesa come garanzia di rimanere sul mercato, solidità finanziaria, capacità di seguire i grandi gruppi che si internazionalizzano), c’è un regresso da 4,2 punti a 3,7, che Capitani legge come un “problema relazionale non banale per le aziende fornitrici, magari di dimensioni limitate, se viste dai Cio di grandi clienti”.

Il ricorso all’outsourcing
Grande l’interesse verso l’outsourcing, il cui potenziale, secondo Cio visionari intervistati in survey internazionali, produce servizi di sistemi informativi completamente esternalizzati e delocalizzati, fornendo, attraverso la tecnologia, attività che normalmente attingono ad alcune funzioni di business interne, come per esempio la gestione del personale.

Figura 6
Strategie in ambito outsourcing
fonte: CIO Survey 2008, NetConsulting
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Quali sono state mel 2007 le tendenze della vostra azienda relativamente alle strategie di outsourcing? (risposta multipla)Data questa tendenza, oggi in Italia l’outsourcing è maggiormente presente (vedi figura 6) per le reti Tlc, mentre fortemente crescenti sono soluzioni di application management in outsourcing (oltre il 50%).
Oltre alla saturazione del full outsourcing, confermano il forte interesse selettivo per l’outsourcing le motivazioni fornite da chi vi fa ricorso: più che una ambigua focalizzazione sul core business (40,9%), convincono il miglioramento del servizio (23,6%) che indica la ricerca di maggior qualità (tempestività, maggiori volumi, minori costi), e la mancanza di risorse e skill interni (19,1%), che denuncia la vera domanda rivolta all’outsourcer di soluzione di complessità, crescente nell’uso delle nuove tecnologie (sul tema delle strategie di outsourcing vedi l’intera Storia di Copertina del numero di settembre).
Il Cio Survey 2008 non dimentica il ricorso all’outsourcing verso le software factory: fra il 20% di Cio che ha progetti di ingegnerizzazione del software (vedi figura 7), ormai un 15% ricorre all’offshore e un 10% al nearshore, malgrado tutti i limiti “culturali” da lingua diversa.
E anche Capitani vede un bicchiere mezzo pieno nelle tariffe professionali italiane più basse del resto della Ue: “Un’opportunità per rilanciare un nearshore nazionale”.

Figura 7
Ricorso a risorse esterne per ingegnerizzazione Sw
fonte: CIO Survey 2008, NetConsulting
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Risorse interne e bilanciamento con il personale esterno
Cominciando dallo stesso Cio, “c’è da dire che il parco dei Cio italiani è vecchiotto”, dice Capitani: un 40% di Cio è fra i 50 e i 59 anni, un 45% fra i 40 e i 49 e solo un 5% tra i 30 e i 39 anni (contro il19% negli Usa).
La domanda provocatoria è “cosa porta il Cio anziano come capacità innovativa e visione di discontinuità nei sistemi informativi?”. Un basso tasso di ricambio è anche evidenziato da tempi di permanenza nella funzione: 8 anni nella Gdo, per esempio, contro una media generale di 5-6 anni (4 anni negli Usa).
Lo stesso problema anagrafico affligge le risorse It: in crescita la fascia dai 30 ai 39 anni, stabile la popolazione fra i 20 e i 29 anni con un risultato generale non molto positivo: nei team It entrano pochi giovani. Quanto al bilanciamento con le risorse esterne, i Full Time Equivalent (Fte) esterni sono maggiori che in altri Paesi, anche se lievemente decrescenti (per effetto dei grandi merge): contro valori medi cross-industry di 50,1% Fte e 49,9% interni nel 2007 (la proiezione 2009 è di 48,7% Fte e 51,3% interni).
Ci sono tuttavia settori più esternalizzati: il Telco raggiunge il 55% e l’area Servizi il 59% di Fte.
“Un paradosso negli investimenti per la formazione interna è che proprio i settori meno esternalizzati dichiarano di investire di meno in competenze”, precisa Capitani.

Il Cio regolatore di traffico: business advisor e innovator
In aumento il “flusso relazionale” percepito dal Cio col resto dell’azienda (+47,5% col senior management e coi responsabili funzionali, +41,5% col marketing, solo +32,7% col Cfo).
E l’oggetto della relazione? La risposta dei Cio è “tutto a tutti i livelli”: il Cio è un vero e proprio hub aziendale per innovazione e tecnologia innervata nel business, con una visibilità globale “da cruscotto” delle problematiche aziendali. “Emerge dunque la figura di un Cio che sta acquisendo l’importanza di “regolatore di traffico” all’interno dell’azienda (vedi i quattro profili già discussi nell’articolo di Capitani su ZeroUno di Luglio/Agosto 2008), cui corrisponde una doppia missione: di business advisor (in funzione della diversificazione dei processi di business) e di business innovator (in funzione del grado di sofisticazione del sistema informativo, che deve fare da abilitatore delle soluzioni innovative)”, conclude Capitani.

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