Accenniamo al tema partendo da un ampio studio realizzato da ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) in collaborazione con la società di analisi McKinsey focalizzando inizialmente, con questo articolo, il trasporto su strada, mentre in un successivo articolo tratteremo il rapporto esistente tra sviluppo digitale e impatti su trasporto Ferroviario, Aereo e Portuale.
L’applicazione di queste tecnologie digitali smart, sia sui mezzi mobili sia sull’infrastruttura stradale, punta a una revisione radicale del modello di trasporto su strada, con nuovi criteri di governance del traffico. Tuttavia, se da un lato l’obiettivo riguarda un miglioramento economico e di efficienza, dall’altro non vanno scordati sia il raggiungimento di un minore impatto ambientale sia una prospettiva di maggiore sicurezza per le persone, un problema che, soprattutto nei centri urbani, sta diventando negli ultimi anni molto critico: si stima infatti che nel settore trasporti, quello su strada sia responsabile del maggior numero di vittime, circa 1,35 milioni di persone ogni anno a livello worldwide. E che circa il 40% di questi incidenti sia avvenuto in centri urbani dove le persone più vulnerabili, tra queste i ciclisti, i pedoni in attraversamento, bambini che giocano e altro, sono state ben il 70% delle vittime. Solo in Europa, nel 2019 il numero dei decessi dovuto a queste cause è stato di circa 23 mila persone (World Health Organization).
Strade intelligenti e strutture “adaptive”
Le strade vanno assumendo funzionalità sempre più diversificate rispetto alla loro classica funzione per rappresentare veri e propri sistemi di comunicazione, informazione e scambio di dati, persino fonti di energia. Numerose sono le tecnologie che sostanziano il concetto di “smart roads”; a cominciare, ad esempio, dai sistemi di illuminazione automatici che, adattandosi alla quantità e persino alla tipologia di mezzi di trasporto in transito, forniscono una luce mirata dove, quando, per quanto tempo necessario e persino nella quantità necessaria a una maggiore sicurezza.
Studi relativi a queste tecnologie “smart lights” hanno dimostrato inoltre una maggiore accettazione sui territori proprio perché l’illuminazione intelligente, oltre ad avere impatti significativi sul piano economico a livello di consumi, si dimostra più “rispettosa” di flora, fauna e necessità umane in termini di qualità della vita nei centri urbani, dove un’illuminazione modulata viene incontro a esigenze di minore invasività nelle ore serali e notturne.
Questi “lampioni intelligenti” sono ormai dei veri e propri hub, su cui è possibile installare sensoristica diversificata e nuove applicazioni, ad esempio video per aumentare la sicurezza in generale, rilevando attività sospette e inoltrando, in modo automatico alla polizia, l’immagine-segnalazione. O anche la capacità di rilevazione automatica delle buche stradali: attraverso immagini inviate dall’utente nell’area interessata, queste vengono catturate dall’applicazione, verificate e inviate all’autorità municipale per una potenziale ottimizzazione degli interventi. Si tratta in genere di software con una componente di machine learning che richiede scarso o nullo intervento umano per selezionare le informazioni davvero utili.
Numerosi interventi, con integrazioni di sensori e tecnologie basati su algoritmi per un funzionamento real time, sono stati effettuati negli ultimi anni anche sulla segnaletica stradale con l’obiettivo di migliorare i parametri da analizzare, quali i ritardi previsti in relazione al traffico, la quantità di emissioni, la lunghezza delle code e le relative simulazioni.
L’integrazione di tecnologie wireless, di sensoristica intelligente e di software autonomous per l’analisi e l’invio in tempo reale di dati anche su veicoli ancora a guida umana, hanno consentito di affinare negli ultimi anni questi schemi, migliorando la raccolta dati e riducendo i tempi di trasmissione. Lo sviluppo di tecnologie 5G/6G va poi nella direzione di facilitare la trasmissione e la gestione dei dati; tecnologie IoT di nuova generazione stanno migliorando l’acquisizione dei dati e la connettività tra device differenti, mentre i sistemi di diagnostica a bordo (on-board diagnostic systems OBDS) hanno incrementato la loro affidabilità.
Tuttavia si tratta di tecnologie che realizzano modelli funzionali pensati soprattutto per un’integrazione totale, ancora da venire, con tecnologie di guida totalmente autonoma. Danno cioè il meglio di sé in un continuo apprendimento degli algoritmi dai dati analizzati per ridurre, ad esempio, il rischio di incidenti dovuti a traffico congestionato, evitare improvvise occupazioni della strada da parte di pedoni, minimizzare le emissioni in funzione di un tipo di guida correlata al livello di traffico presente e di semafori in arrivo lungo la strada, controllare in modo costante la direzione del mezzo per evitare l’occupazione errata di corsia, l’improvvisa riduzione della distanza di sicurezza, ecc.
Autostrade: sicurezza, flussi di traffico e sostenibilità
Attualmente, nel Regno Unito ci sono circa 500 miglia (e altre 300 sono previste entro il 2025) di “Smart Motorways”, autostrade intelligenti con capacità automatiche e semi-automatiche di controllo velocità, segnaletica automatica in funzione della quantità e qualità di traffico, avvisi automatici in caso di incidenti e di manutenzione.
Su queste autostrade si sono registrate evidenti riduzioni di incidenti e di emissioni con minori impatti ambientali in rapporto proprio all’aumento del traffico autostradale, dove l’ottimizzazione dei flussi evidenzia l’effetto di migliore sostenibilità. Interessante notare che la Commissione Europea ha di recente lanciato un progetto per dotare tutte le autostrade d’Europa di un’infrastruttura comune orientata alla sicurezza all’interno del cosiddetto C-ITS project (Cooperative Intelligent Transport System) che riguarda gran parte dei paesi europei, Italia inclusa.
Di più: dal 2017 il nostro Paese ha in corso una serie di test tecnici e funzionalità attive sulla A22, l’Autostrada del Brennero, così importante per il nostro export su strada. L’obiettivo è favorire lo scorrimento di mezzi pesanti self-driving in connessione real time con i sensori su strada per ottimizzare velocità, direzione dei mezzi, consumi in rapporto a condizioni esterne di traffico e meteorologiche.
Stessa cosa sta avvenendo sulla Salerno-Reggio Calabria (mentre una serie di sperimentazioni sono in corso anche sulla A1, nel tratto italiano della E45 e un po’ in tutta Italia attraverso l’Anas): il progetto punta all’installazione di alcune infrastrutture smart per fornire informazioni a veicoli autonomi e stazioni di ricarica per veicoli elettrici attraverso energia ricavata da pannelli fotovoltaici. Inoltre, lo scorso giugno sulla A35, la Brebemi (Brescia-Bergamo-Milano), il Gruppo Stellantis ha inaugurato il circuito “Arena del Futuro”, per testare sul campo la “ricarica a induzione dinamica” per veicoli elettrici.
Coinvolta la nuova Fiat 500, il progetto ha dimostrato come il DWPT (Dynamic Wireless Power Transfer) consenta a un veicolo elettrico di viaggiare ad alta velocità senza consumare l’energia accumulata nella batteria. Questo grazie a corsie autostradali attrezzate: il DWPT è un sistema costituito da bobine sistemate sotto l’asfalto che trasferiscono energia direttamente ad auto, camion e autobus senza la necessità di fermarsi alle apposite stazioni per ricaricare la batteria. Si tratta di una tecnologia che può essere implementata in tutti i veicoli, che vengono così dotati di uno speciale “ricevitore” in grado di trasferire l’energia proveniente dall’infrastruttura stradale direttamente al motore elettrico bypassando la batteria di bordo.
Problemi aperti, non di poco conto
Esistono tuttavia numerosi aspetti ancora da superare affinché queste strade digitalizzate possano diventare infrastrutture diffuse. Molto ruota attorno alla possibilità di un utilizzo condiviso dei dati su cui questi sistemi basano le loro principali funzionalità. La limitazione di un flusso costante di open data, dovuto ai più svariati motivi quali, ad esempio, privacy e correlate responsabilità legali, proprietà intellettuali, vincoli competitivi, criteri stringenti di cybersecurity, possono minare radicalmente lo sviluppo, l’affidabilità e le prestazioni di queste infrastrutture.
Non è un tema da poco, considerando la quantità di fonti di dati presenti per questo tipo di attività e i soggetti coinvolti: dati da cellulari e da sensori, dalle diverse reti di comunicazione, informazioni di bordo sui veicoli, dati visuali da telecamere sia interne sia esterne ai veicoli, dati da servizi condivisi, da social media, dalle diverse autorità del traffico, dati meteorologici, da mobilità condivisa, da mappe e informazioni di traffico.
Solo da questo breve elenco è evidente come i sistemi e gli schemi interpretativi derivati da soluzioni di AI, software di machine/deep learning unitamente a un’integrazione reale tra le diverse piattaforme tecnologiche coinvolte possano generare mappe stradali multidimensionali, sia statiche sia dinamiche, utili per affrontare i vari aspetti legati a sicurezza, fluidità del traffico, riduzione degli impatti, ambientali e non, previsioni e simulazioni.
Va detto che tutti gli attori coinvolti hanno interesse (anche per gli investimenti sostenuti) al rapido passaggio dalle fasi sperimentali a sistemi consolidati e funzionanti. Inoltre, essendo anche già definiti alcuni indirizzi tecnologici e normativi indicati da soggetti terzi, quali ad esempio l’Unione Europea, dovrebbe accelerarsi nel prossimo periodo un processo di standardizzazione, governance e security efficace.
È chiaro, infine, che in questo processo di armonizzazione entra in gioco anche una visione politica comune tra i Paesi coinvolti, per agevolare un percorso di integrazione che non può essere solo di tipo tecnologico, ma riguarda il miglioramento dei flussi di spostamento e, in ultima analisi, una crescita economica e di migliore qualità della vita di tutti.