Quante volte abbiamo scritto e letto dell’evoluzione della figura professionale del Cio! Della necessità che il Cio diventi un riferimento strategico in azienda che sappia, da un lato, interpretare le esigenze di business e dall’altro erogare, attraverso un sistema informativo flessibile, economico e rapido nelle risposte, servizi e applicazioni a supporto dell’attività dell’impresa o meglio ancora in modalità proattiva, guardando all’innovazione tecnologica in rapporto allo sviluppo competitivo.
Sono questi i parametri sui quali il Cio deve costruire il proprio percorso di cambiamento attivando, attraverso scelte tecnologiche, organizzative e di processo dell’area IT, quella trasformazione dei sistemi informativi da elementi di automazione ad una maggiore simbiosi con le strategie aziendali.
I tempi, dopo tanti dibattiti e soprattutto pressioni del mercato, stanno ormai maturando, ed anche i Ceo, vanno sempre più chiedendo all’IT di abbandonare rigidità, lungaggini, autoreferenzialità, attività ripetitive di manutenzione per liberare risorse dedicate all’innovazione, per essere al loro fianco della sfida competitiva. Solo parole? Non tanto. Almeno a guardare lo studio Global Ceo Study 2006 di Ibm, dal quale ZeroUno trae spunti per partire con una disamina dell’evoluzione del ruolo del Cio, che vedrà quest’anno una serie di servizi pubblicati sulla rivista, incontri, tavole rotonde, tutti finalizzati al monitoraggio di questo grande cambiamento strategico del Cio e dell’It che dirige.
Il Global Ceo Study ha lo scopo di capire cosa pensano gli executive che si occupano di business in tema di innovazione e soprattutto quali sono i loro piani per attuarla. Da questa analisi, che ha coinvolto 765 amministratori delegati, dirigenti aziendali, leader del settore pubblico provenienti da 20 aree industriali diverse e da 11 regioni geografiche (indagine condotta per l’80% attraverso interviste individuali), viene focalizzato quale percorso, quale atteggiamento e quali cambiamenti deve affrontare il Cio per essere allineato alle aspettative dei businessmen dell’impresa.
Dallo studio emergono tre punti forti e centrali:
primo – l’innovazione del modello di business. La pressione competitiva sta portando il management delle aziende a riconsiderare pesantemente il proprio business model, cioè un innovazione sulle modalità con cui l’azienda presidia e si propone al mercato. Quelle aziende che sapranno modificare nella sostanza la capacità di creare valore per sé e per gli altri segmenti di industria acquisiranno un vantaggio competitivo. Quindi, d’accordo sulla necessità di un cambiamento in termini di efficienza e flessibilità sul piano dei processi e dell’innovazione di prodotto e servizio: ma è soprattutto il business model che dovrà evolversi, cioè il modo in cui l’azienda conduce il proprio business. In questo cambiamento strategico, l’indagine rileva una forte preoccupazione dei Ceo rispetto all’IT. Da un lato lo considerano un elemento imprescindibile e abilitatore di questa innovazione del busines model, dall’altro rilevano tutt’ora nell’It un’infrastruttura rigida, poco propensa a favorire cambiamenti rapidi, e con un accesso insufficiente alle informazioni, due dei principali ostacoli all’innovazione rilevati dallo studio (vedi figura 1).
fonte: The Global CEO Study 2006, Ibm
Qual è il ruolo del Cio rispetto a questo primo forte parametro di cambiamento? Lo studio, offre una serie di riflessioni in risposta:
– agire sul modello operativo e organizzativo dell’area IT per incoraggiare un “pensiero innovativo”, cioè più orientato alla risposta di business. E il pensiero collaborativo lo si supporta nella pratica soltanto mettendo a punto una infrastruttura It scalabile e flessibile per essere in grado di gestire una domanda, spesso molto destrutturata, di innovazione, che è però in aumento sul versante Ceo;
– rifocalizzare l’organizzazione It sul cliente attraverso servizi di business più semplici e diffusi. Un percorso da attuarsi attraverso un assessment dell’attuale It business model per capire se e come cambiare i processi, da rendere a componenti per capire dove migliorare, dove esternalizzare, per produrre valore ed efficacia (da cui derivano scelte architetturali di flessibilizzazione, prime tra le quali scelte di virtualizzazione e architettura Soa);
– considerare l’IT come un’azienda nell’azienda. Integratissima, certamente, con il resto, ma gestita secondo logiche di ottimizzazione organizzativa e di costo, di erogazione di servizi a pagamento e di conseguenza valutati nello specifico del valore che sul piano del business possono portare; misurabilità e linguaggi nuovi per essere riconosciuti dal management sempre più come elemento strategico.
secondo – apertura e collaborazione esterna sono indispensabili – si afferma un’esigenza, nei Ceo, di un’innovazione collaborativa sia interna all’azienda (tra reparti), sia esterna attraverso fonti di idee di sviluppo rappresentate da clienti e business partner. Una vera e propria presa di coscienza che l’azienda aperta e trasparente può, attraverso la collaborazione, avere benefici non soltanto da un migliore allineamento tra prodotti offerti e aspettative della domanda, ma anche sul piano della riduzione dei costi e della migliore qualità e customer satisfaction, nonché dall’accesso a skill che da sola l’azienda non può avere (vedi figure 2 e 3).
fonte: The Global CEO Study 2006, Ibm
fonte: The Global CEO Study 2006, Ibm
Quali i contraccolpi sul Cio? Dispone soltanto di due atteggiamenti: conservativo o innovativo. Nel primo caso l’azienda, e l’It è vista come un fortino da proteggere dall’assalto di utenti, interni ed esterni, che attraverso l’utilizzo di tecnologie nuove (riferibili a concetti di web 2.0) puntano a rendere più vulnerabile e meno governata. L’atteggiamento innovativo prevede invece di favorire, sempre naturalmente secondo ben definite regole di security e di management, l’utilizzo di tecnologie collaborative (team work, instant messaging, communications dashboard, blog, ecc.) per aumentare la vicinanza al mercato, la flessibilità di risposta, l’innovazione che deve provenire da una comprensione della domanda e non definita, come avveniva spesso in passato, a tavolino.
terzo – l’integrazione business tecnologia centrale per l’innovazione – È uno degli elementi più confortanti emersi dallo studio. Per capitalizzare veramente il potenziale della tecnologia e metterlo al servizio delle strategie di business, è necessaria un’integrazione reale, non soltanto architetturale e sistemistica, con le modalità operative, i processi e l’organizzazione aziendale. L’It deve avvicinarsi alla comprensione del business e del mercato in cui l’azienda opera, mettendo a punto anche nuove figure professionali preposte a favorire l’avvicinamento business-It. Vere e proprie “sentinelle” che da un lato raccolgono le esigenze applicative e operative del management e degli utenti business e le declinano in richieste adatte ad essere gestite dall’It; per contro serve che sappiano anche trasferire agli interlocutori business il valore strategico di un supporto It al loro lavoro. Quasi l’80% dei Ceo intervistati ha ritenuto di grande rilevanza l’integrazione business It. Tuttavia la situazione attuale espressa dai Ceo, mostra insoddisfazione rispetto ad una integrazione estesa tra business e It. I confronti finanziari riportati nello studio, rilevano che in un periodo di cinque anni le aziende che sono riuscite ad integrare in modo esteso (quindi non solo un’integrazione architetturale e sistemistica di base ma integrazione It e business con evoluzioni sul lato dei processi e delle modalità operative) hanno visto crescere più velocemente del 5% il loro fatturato rispetto alla concorrenza (vedi figure 4 e 5).
fonte: The Global CEO Study 2006, Ibm
fonte: The Global CEO Study 2006, Ibm
C’è quindi da uscire da quella che un tempo era la torre d’avorio dell’It e che oggi assomiglia sempre più ad una prigione, per “sporcarsi le mani” apprendendo modelli, linguaggi e atteggiamenti nuovi che portino l’It quasi a scomparire come elemento riconoscibile, tanto è integrato con le operazioni e il business delle diverse componenti dell’azienda.